Tracciare un bilancio musicale di questo anno sventurato non è impresa facile. Concerti annullati, festival ridotti o posticipati, perfino album rinviati a tempi migliori. Una pandemia che ha colpito duro soprattutto il mondo della musica in un anno che non c’è mai stato. Di mio aggiungo che le vicende personali mi hanno tolto molto tempo, e anche stimoli, all’ascolto, per cui il mio riepilogo è del tutto parziale. Ho ascoltato molto meno e quasi mai con la giusta attenzione. Speriamo in tempi migliori per tutti.
Tra gli album internazionali, senza un ordine di merito ma considerando tutti alla pari, ecco i miei cinque nomi:
● Asher Gamedze, Dialectic Soul
Da questo giovane batterista residente a Città del Capo un album che sembra avere quasi tutto ciò che si può chiedere ad un esordio discografico: improvvisazione paziente, evocativa; generazioni di storia che lo attraversano come un flusso sanguigno
● Charles Lloyd, 8: Kindred Spirits
Il flusso proteiforme del sassofono di Charles Lloyd penetra nel resto della sua band in questo album dal vivo, registrato a Santa Barbara, in California, in occasione del suo ottantesimo compleanno. Un mix di collaboratori di lunga data e new entry, un gruppo stellare che rielabora quattro momenti salienti del booklet di Lloyd , trattandoli come domande aperte.
● Exploding Star Orchestra, Dimensional Stardust
Per l’ultima registrazione di questo gruppo configurato all’insegna di all-star avant-garde di Chicago, il cornettista Rob Mazurek ha scritto musica dettagliata con particolare attenzione alle coppie (due violoncelli, due flauti, due tamburi), quindi ha lasciato che l’energia di gruppo prendesse il sopravvento. Dopo che la registrazione è stata fatta, ha tagliato, unito e aggiunto suoni elettronici.
● Keith Jarrett, Budapest Concert
Questo album per pianoforte solo è stato registrato alla fine del 2016, pochi mesi prima di quella che probabilmente sarebbe stata la sua esibizione finale in pubblico; le nuances del suo album più famoso, The Köln Concert (1975), sono evidenti, anche se si è allontanato dalle lunghe e ininterrotte improvvisazioni di quell’epoca e suona qui con un senso di limpidezza e serenità, unito al magistero indiscutibile sullo strumento. Magnifici i due brani che chiudono l’LP.
● Maria Schneider Orchestra, Data Lords
Molto semplicemente, questo è un classico, musica che verrà suonata, studiata e apprezzata per i decenni a venire.
Per gli album pubblicati in Italia l’anno è stato prolifico di buone uscite, soprattutto per merito delle conferme di grandi nomi. Anche qui nessuna classifica ma un elenco a pari merito.
a) Roberto Ottaviano Eternal Love, Resonance and Rhapsodies
Doppio album dal vivo, conferma di un grande gruppo di statura internazionale.
b) Aldo Bagnoni, The connection
La vera sorpresa dell’anno, una proposta fresca e intrigante.
c) Gianni Lenoci trio, Wild geese
Il canto finale di un grande e misconosciuto musicista.
d) Franco D’Andrea, New things
L’ennesima conferma e l’ennesima mutazione di un maestro.
e) Enzo Carpentieri, Pasquale Mirra, Rob Mazurek, Theory of dreams
Si tratta di un concerto del 2014 liberamente improvvisato dove classe e idee sprizzano ogni dove.
» Segnalo il libro più interessante uscito nel corso dell’anno, il Quintetto Perduto di Bob Gluk per Quodliber Chorus.
Il 2020 con la pandemia diffusa fin dai primi mesi dell’anno ha generato un fenomeno nuovo: i concerti in streaming, generalmente tramite il profilo Facebook dei musicisti stessi. Dopo l’interesse ed il richiamo iniziale però il fenomeno pian piano si è ridimensionato. Molti i motivi e alcuni ovvi: la qualità musicale spesso deficitaria, la gratuità degli eventi che a lungo andare diventa insostenibile, l’impossibilità per tutti i musicisti coinvolti di essere anche degli showman e saper intrattenere il potenziale pubblico senza poterlo vedere e sentire. All’inizio cercavo di non perdere nessuno dei piccoli concerti programmati. Ricordo qui tra gli italiani la bravura e la simpatia di Max De Aloe e Tito Mangalajo e Francesca Ajmar. Dopo qualche tempo però ho rinunciato per i troppi limiti che il web impone all’ascolto streaming. Ho seguito Fred Hersch in quasi tutti gli appuntamenti per due buoni motivi: un solo strumento ha una resa passabile (tutt’altro che ottima, si badi bene), e il pianista americano proponeva mini concerti di 10-15 minuti, sufficienti a fare sì che le pesanti limitazioni di acustica non diventassero insostenibili.
Ultima segnalazione: per quanto festival e rassegne siano state duramente tagliate, qualche concerto nel corso dell’estate sono comunque riuscito ad ascoltarlo. In particolare ho assistito a diverse serate della rassegna valtellinese Ambria Jazz e almeno tre eventi meritano la citazione quali miei migliori concerti dell’anno. Su Tracce di Jazz trovate le recensioni di ogni serata.
Pasquale Mirra e Gianluca Petrella, Tirano 11 luglio
Phase Duo, Eloisa Manera e Stefano Greco, Castione Andevenno 19 luglio
Pasquale Mirra e Danilo Mineo, Ardenno 31 luglio
Roberto Dell’Ava