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Maria Paola Forlani. Raffaello “la deposizione” restaurata
25 Novembre 2020
 

Il michelangiolismo di Raffaello è visibile soprattutto nella Deposizione della Galleria Borghese (si confronti, fra l’altro, la posizione del corpo di Cristo con quella analoga della Pietà di San Pietro); ma qui Raffaello non riesce a liberarsi del tutto da una certa retorica nelle contrapposizioni dei corpi, nella teatralità delle impostazioni e nell’esteriorità delle singole espressioni, pur dovendosi riconoscere la sapiente disposizione delle figure e la bellezza del paesaggio.

La tavola venne commissionata, per una cappella della chiesa di San Francesco al Prato di Perugia, da Atalanta Baglioni per commemorare il figlio, Griffonetto, assassinato da altri membri della famiglia durante le sorde lotte interne per assicurarsi il potere sulla città. Anche in quest’opera, come in altre di Raffaello, sono individuabili rapporti con l’antichità classica, come dimostra un frammento di sarcofago romano con il trasporto del cadavere di Meleagro.

Dopo più di un anno di restauro e di indagini consumatesi a beneficio dei visitatori – dentro un box realizzato per l’occasione – il dipinto torna sulla parete che gli spetta. Sul retro della tavola di pioppo cinquecentesca, sono stati applicati a traverse di carbonio sensori di fibra ottica che d’ora in poi rileveranno in tempo reale i movimenti del legno. I dati viaggeranno attraverso cavi nascosti sotto la tappezzeria per raggiungere il pc nascosto da una porta. L’ingegneria aereospaziale si addice anche alla storia dell’arte: il risultato è un monitoraggio costante dell’opera. L’obiettivo è la conservazione preventiva, infatti la tavola stava subendo un progressivo processo di imbarcamento: un nuovo contenimento elastico permetterà di rallentare l’inevitabile e progressiva deformazione.

In 514 anni di esistenza, la Deposizione, firmata e datata, è stata inevitabilmente un oggetto mobile del desiderio. L’opera rimane a Perugia nella cappella di famiglia della chiesa di San Francesco a Prato per un secolo, a partire dall’anno di esecuzione: il 1507. Sparisce nella notte tra l’8 e il 19 marzo 1608 quando, con la complicità dei frati, il papa Paolo V riesce a farla trasferire a Roma per regalarla al nipote, il cardinale collezionista Scipione Borghese. Da allora il dipinto viene spostato, a seconda del capriccio dei proprietari, tra il Palazzo di Borgo, in Vaticano, la residenza di Fontanella Borghese. Nel 1809 Camillo, marito di Paolina Bonaparte, viaggia con la tavola alla volta di Parigi: è il momento in cui il cognato Napoleone vagheggia la costruzione del museo universale che porta il suo nome. Dopo che i sogni di gloria dell’imperatore si infrangono a Waterloo, il Raffaello torna definitivamente nella città dei papi. Dalla seconda metà dell’Ottocento è appeso nella stanza numero 9 del museo Borghese, sopra un caminetto.

La revisione della superficie pittorica è stata curata da Carla Bertorello; Roberto Saccuman è il responsabile dell’intervento sul supporto: entrambi si aggirano nella sala controllando che tutto vada a buon fine. Terminato il “tagliando”, il dipinto posto ad altezza d’uomo, ha svelato qualche segreto in più. Guardando il quadro adesso, si riscontrano molti più segni grafici che ci restituiscono meglio l’idea della versatilità del disegno di Raffaello. L’artista utilizza molteplici tecniche contemporaneamente, in totale libertà: il carboncino per le linee essenziali, poi il metallo gallico; alcuni profili delle figure, invece risultano incisi. L’artista lavora a risparmio, usa il colore solo dove necessario. Adopera il disegno per tracciare le ombreggiature.

E infatti la tavola mostra tracce di disegno evidenti a occhio nudo sul perizoma del Cristo, ma anche sul volto della Vergine. Non sono state cancellate dal colore. Al centro della scena, tra Grifonetto, che è il giovane che porta Cristo, e la Maddalena, ancora si intravede il segno di un ripensamento: una figura cancellata per aumentare la profondità di campo per non sacrificare il paesaggio sullo sfondo. Si tratta di particolari che, una volta riportata l’opera, definitivamente, al suo posto, saranno difficilmente apprezzabili o riconoscibili. Nella stanza numero 9, Intorno all’opera tutto è silenzio e attesa. I musei riapriranno prima o poi e noi ritorneremo ad ammirare la splendida ‘deposizione’ di Raffaello.

 

M.P.F.


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