Il 30 settembre 2015 la Russia annunciava l’inizio dei bombardamenti contro le postazioni dell’Isis in Siria. Il 14 maggio dell’anno successivo Putin annunciava il ritiro del suo esercito, ma a quell’annuncio non seguì un’azione concreta sul campo. Secondo le dichiarazioni del ministro della Difesa della Federazione russa Sergej Kužugetovič Šojgu le operazioni hanno portato all’uccisione di 133mila uomini armati, di cui 4,5mila originari di Paesi della Federazione. Secondo fonti dell’opposizione siriana l’esercito russo avrebbe condotto ben 5,476 attacchi prevalentemente aerei, che avrebbero provocato la morte di circa 4mila persone.
Ripropongo qui un mio articolo di approfondimento pubblicato sul settimanale Panorama il 22 aprile del 2016, con una ricostruzione dei fatti e un’analisi degli eventi politici che hanno portato la Russia a diventare l’alleato e il riferimento principale del governo di Bashar al Assad.
Asmae Dachan
(da Diario di Siria, 30 settembre 2020)