Fausto Filidei
La via francigena in Toscana
Luoghi, storie e sapori
Illustrazioni di Paolo Grigò
Sarnus, 2020, pp. 208, € 15,00
Si parte dal passo della Cisa e si va verso Pontremoli nella prima tappa della via Francigena in Toscana, si attraversa tutta la regione in un percorso di 380 chilometri, fino alla sedicesima tappa, da San Quirico ad Abbadia San Salvatore, in Val d’Orcia.
La Toscana non può prescindere dalla via Francigena, come afferma Filidei nella introduzione, una strada che ha visto passare, fin dai primi secoli del Medioevo, “eserciti di crociati e pellegrini che facevano tappa a Roma, proseguivano verso Brindisi e le coste pugliesi, per salpare alla volta della Terra Santa”. Il passaggio di tanta gente attraverso montagne, vallate, pianure, ha comportato, nel tempo, lo sviluppo di insediamenti umani, di luoghi di ristoro, di ospedali, di monasteri.
La gente che proveniva dai luoghi più diversi dell’Europa e che ha condiviso percorsi ed esperienze, ha portato ad un incontro di culture, tradizioni, storie, che si sono arricchite reciprocamente e sono rimaste ad connotare il percorso.
Se il viaggio è scoperta di sé ed insieme degli altri e di altro, tuttavia quello della via Francigena, come tutte le altre strade dei pellegrini al di fuori della Toscana, non era scevro da pericoli di ogni genere, non solo per l’asperità del percorso, ma per chi si poteva incontrare: proprio per questo in genere chi si metteva in viaggio faceva testamento e, se poteva, saldava i debiti contratti. I banditi assalivano chi viaggiava per commercio con le merci al seguito, e molti ci lasciavano la pelle.
I pellegrini parlavano lingue diverse, pochi sapevano leggere e scrivere, quindi le abitudini alimentari divennero, nella loro differenza, un mezzo di conoscenza e di scambio, fino ad avvicinarsi tra loro per la necessità di usare gli stessi ingredienti che si potevano reperire.
Comunque da questa varietà di tradizioni sbocciò anche una cucina differenziata di cui si poteva godere nelle taverne che si incontravano sul cammino, dove “si poteva bere, mangiare e passare il tempo giocando”, taverne situate vicino ai ponti, ai traghetti, sempre in luoghi dove c’era grande passaggio. Intorno si sviluppava un microcosmo fatto di venditori ambulanti, di facchini, di servitori, artigiani, soldati, ma anche di ladri, imbroglioni, bari, prostitute, una promiscuità che non garantiva sicurezza e purtroppo faceva delle taverne un posto pericoloso.
Di ogni tappa Filidei dà tutte le informazioni possibili, con una ricerca linguistica, storica, una descrizione delle parti più interessanti, dei monumenti da vedere, poi lascia grande spazio ai piatti della tradizione locale. Se oggi chi si mette in cammino può scegliere il tratto da percorrere di una via dei pellegrini, in queste pagine si può sostare dove si preferisce, lasciandoci guidare dal profumo della cucina sempre abbinata ad un buon vino.
Marisa Cecchetti