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Roberto Dell'Ava. Quando a Milano c'era il jazz
17 Agosto 2020
 

Lo storico locale milanese ha chiuso i battenti nel 1999, dopo di allora a Milano sono nati altri club, uno in particolare, il “Blue Note”, per location e mezzi a disposizione sulla carta avrebbe dovuto surclassare il ricordo del “Capolinea”. Ma così non è stato, perchè il “Capolinea” era non solo un locale ma uno stile di vita, una istituzione, una famiglia.

Conservo ancora come cimelio storico la tessera del club, e, per quanto la distanza in termini di chilometri da casa mia e le ore d'auto necessarie per raggiungere il locale hanno fatto sì che le mie incursioni fossero rade e mirate, mi rimane vivo il ricordo di numerosi e bellissimi concerti vissuti al “Capolinea”: 29th Street Saxophone Quartet, Sun Ra Arkestra, Geri Allen Charlie Haden Paul Motian trio, Andrew Cyrille quartet, ecc. ecc.

Nel 2011 grazie ad una giovane regista comasca, Marianna Cattaneo, è uscito un film documentario che racconta la storia del locale e di tutte le persone che hanno contribuito a crearne il mito, raccogliendo interviste tra i musicisti e proponendo spezzoni di concerto. Un'ora e mezza di nostalgia e splendidi ricordi.

Nello stesso anno, il 2011, Franco Fayenz, critico e frequentatore delle notti al club, ha scritto un bell'articolo di presentazione dell'opera cinematografica. Ne ripropongo buona parte, rimandandovi al link per la lettura completa, oltre naturalmente al film documentario. (Roberto Dell'Ava)

 


 

 

Marianna è molto giovane: nel santuario milanese del jazz mondiale, come venne chiamato il celebre club attivo dal 1969 al 1999, non c'è mai stata.

Ha costruito il documentario interpellando soprattutto Laura Vanni, una delle tre figlie del fondatore Giorgio Vanni che volle assumersi la responsabilità della conduzione del locale dopo la scomparsa del padre avvenuta nel maggio 1995. E poi ha fatto parlare i musicisti italiani, protagonisti al Capolinea di tanti concerti improvvisati fino all'alba con i maestri americani che arrivavano puntuali dopo i concerti nei teatri del centro; e infine ha raccolto spezzoni significativi della vita del club.

Marianna è riuscita a commuovere chi è stato amico di Giorgio Vanni, ma anche chi abbia vissuto la vita del Capolinea da appassionato, da semplice spettatore, e addirittura chi, come lei, non abbia mai varcato la mitica soglia di via Ludovico il Moro 119. E' il migliore elogio che le si possa fare.

In più di un'ora e mezza si ascoltano (e si vedono) le testimonianze dei musicisti. 

C'erano sempre Giorgio, la moglie Maria, le figlie Angelica, Laura e Alessandra – e da ultimo il nipote Francesco, figlio di Angelica – ad accogliere chiunque come un vecchio amico. I prezzi erano modici, famosa era la bruschetta, notevole il fumo delle sigarette (allora si poteva). Ma si stava bene, ognuno si sentiva a casa propria e sapeva che avrebbe ascoltato buona musica, se non altro dal trio di base (pianoforte, contrabbasso, batteria) che non mancava mai.

Negli spezzoni del film evocati dai musicisti compaiono fra gli altri Joe Venuti, Art Blakey che arriva con i suoi Jazz Messengers ivi compreso il diciottenne Wynton Marsalis appena scoperto, e l'altro batterista Buddy Rich con l'orchestra, i quattro trombonisti della big band di Stan Kenton, Enrico Rava, Elvin Jones, Bud Freeman, Bill Coleman, Lionel Hampton, Archie Shepp, Charlie Haden, Betty Carter, Gerry Mulligan che al Capolinea incontra quella che sarebbe diventata la sua moglie definitiva, e si ricordano indirettamente due momenti drammatici: Bill Evans che dopo un bellissimo concerto in trio al Castello Sforzesco (fine luglio 1980), viene al Capolinea a prendere congedo dagli amici, gelandoli con l'annuncio di avere al massimo altri due mesi di vita; e Chet Baker che si ferma nel locale pochi giorni prima del viaggio verso Amsterdam dove precipiterà da una finestra il 13 maggio 1988.

 

Fonte: Franco Fayenz, “Quando a Milano c'era il Jazz. Il mitico Capolinea in un docu-film” (Il Sole 24 Ore, 05/08/2011)


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