«La scrittura si svolge per linee logiche, drammatiche o figurative seguendo lo schema e gli spazi della pittura vascolare. Quando è “verso” è già una forma conclusa. Ogni verso è il rincalzo del verso successivo. Autonomo, super alterum eminens nel flettersi del discorso. Ricorda il mare agitato che si può scorgere da una casa sugli scogli. Un’onda si risolve nell’altra che la sopravanzava da una sbavatura di schiuma, e così via di seguito fino a sorprendersi schianto».
(Giannino di Lieto, AutoIntervista - Bozza di una Poetica)
Una poesia di Giannino di Lieto:
Punto di inquieto arancione
Dove fu che il fiore genera di sé un’esistenza colma
isole di corallo come una menzogna su meridioni azzurri
magnifici scarabei poi una voragine bisogna uscire dalla casa
salga un gran chiasso dopo una festa ogni lasciarsi indietro
la sorte in luce diviene forma passeggera e quanto è dato
controdanza in borse di seta almeno piume avanzeranno
con alti e bassi da salde radici è stato cespuglio
un gioco per fulmini si beve i guadagni di un giorno
a quel grumolo si tengono appoggiati masticando foglie
finché da una brocca il vento discorre ghirlande
sul capo i fanciulli spargono semi vestiti di bianco
svolazzassero di notte il sogno doveva essere completamente arso
sarà scacciato con fumo di spina alba.
(da Punto di inquieto arancione, Nuovedizioni Enrico Vallecchi, Firenze 1972)
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«C’è un punto di riferimento concreto, preciso ed esemplare che è dato dall’intera opera di Giannino di Lieto. Sono qui particolarmente grato anche perché posso rendergli omaggio per tutta quanta quella lezione che la sua scrittura ha offerto a me come a tanti altri in trent’anni di attività poetica» (Giorgio Bárberi Squarotti, dalla Relazione al convegno sulla poesia di Giannino di Lieto, maggio 2007). […] Punto di inquieto arancione rimane «uno dei libri fondamentali in tutto il Novecento italiano, arriva a un risultato poetico che non ha nulla di uguale in Italia» (così Bárberi Squarotti nel saggio contenuto in Giannino di Lieto “Opere”, Interlinea 2010).
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«Di Lieto è stato una figura esemplare della poesia italiana del secondo Novecento, sempre incline allo smarcamento rispetto alle mode o alle tendenze imperanti: il suo distanziarsi dalla neovanguardia e dal Gruppo 63 […] è un esempio che illumina bene quella sua propensione a non accodarsi al pifferaio di turno, quella sua talvolta scontrosa volontà di mantenersi in una zona di salvaguardia, almeno per quanto attiene alle letture, che sottolineasse l’originalità dei percorsi e degli esiti. Gli esiti gli hanno dato ragione: sempre carichi di echi e implicazioni multiple, non sono immediati alla comprensione, non sono mai banali, sempre denotano una ponderatezza che potrebbe sembrare posa, ma non lo è. Semmai è ricerca, raffinata ed estrema, tesa fino ai limiti delle possibilità del segno, fino ai limiti della significazione condivisa». (Massimo Migliorati in Poesia, novembre 2011)
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«Di Lieto si rivela un artista del nuovo millennio che attraverso la combinazione inedita di parole, segni grafici e colori vuole creare un nuovo linguaggio dell’anima, per comunicare con gli strumenti dell’arte la propria avventura esistenziale e le proprie meditazioni filosofiche. […] Giannino di Lieto è una delle voci più significative del Secondo Novecento italiano». (Elena Salibra)
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“Giannino di Lieto da non dimenticare: rivoluzione e utopia nel culto dei classici”
«La poesia di Giannino di Lieto è un’anomalia nel panorama letterario del Novecento. Rientra a buon diritto nel filone sperimentale della Neoavanguardia, ma non allineata a correnti o gruppi […].
Giannino di Lieto non appartiene alla tradizione lirica o civile o filosofica del Novecento, tuttavia opera una singolare eversione linguistica senza abbandonare la costruzione di una forma poetica strettamente collegata alla sua interiorità, ripescando significati provenienti dai classici e dalla tradizione italiana. […]
Alfonso Gatto è stato suo amico e ha stimato il suo lavoro. Lo ha definito: il poeta “che ha dentro di sé la speranza”. La speranza di trovare una nuova lingua per la poesia, con la contemporanea rigenerazione del significato». (Ottavio Rossani, dal saggio contenuto in Giannino di Lieto “Opere”, Interlinea 2010)
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«Poeta, è poeta di Lieto, per autoinvestitura, per specializzazione e per riconoscimento degli addetti ai lavori. Ma è un poeta singolare, alla maniera di Alfonso Gatto e di Leonardo Sinisgalli, tanto per riferirci a un paesaggio a noi familiare, quello meridionale. La loro è una poesia di isole, per servirci di una metafora cara a Gatto, dal terreno fertile e rigoglioso e pertanto pronto a ospitare molte e varie popolazioni floreali e faunistiche. Su queste isole, intellettualità e creatività si sollecitano per contattazioni e sinergie, ma si sfidano anche, inducendo effetti di ricaduta di “sobbalzi”, come dice Ramat di Gatto, di riaggiustamenti e di ridefinizioni, costruendo così avventure dinamiche e situazioni complesse in divenire». (Ugo Piscopo, dal saggio contenuto in Giannino di Lieto – Atti del Convegno, Anterem Edizioni, 2008)
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«È un’evidenza poetica: arcaico e contemporaneo, archetipo e copia, semplice e complesso, lineare e strutturato, oralità e scrittura: tutti questi opposti sono così impressi e confusi nella poetica di Giannino di Lieto da sfondare ogni linea d’avanguardia: quello che di Lieto raggiunge è un luogo deserto, è un luogo del passato o del futuro insieme. È un luogo da riempire, che sta prima dell’inizio, “o dopo un’Apocalissi”, come scrive Bàrberi Squarotti. Bisogna urgentemente farne un deposito. Sì, il linguaggio della comunicazione s’è rotto e i suoi frammenti sono sotto i nostri occhi in forma imprevista, con cocci di esseri e cose incuneati dentro, sono reperti aguzzi, antichi e post. Ricomponendoli nel suo misterioso codice, di Lieto li sguscia, li fa uscire, non senza dolore, dal caos del Discorso. Rifonda in sé e agli occhi altrui una seconda inconcludibile e disarticolata storia della lingua d’un popolo. Lo fa, e non si nasconde. […] Abbandona ripetutamente “la poesia di sala”, se ne esce, e tiene per sé i brandelli della lingua comune. Coi suoi brandelli di lingua comune gira le spalle alla “poesia senza orizzonti” e va, per conto suo. Va a comporre un eccentrico e mutevole poema ciclico, come farebbe un grande bambino, in uno stato di “angelica verginità della mente”, come se stesse ogni volta rinascendo». (Ida Travi, dal saggio contenuto in Giannino di Lieto – Atti del Convegno, Anterem Edizioni, 2008)
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«Il 1970 segna una svolta decisiva nell’evoluzione poetica di Giannino di Lieto. Un anno prima aveva messo insieme e pubblicato il suo primo libro, Poesie “scritte – avverte lui stesso – fra Pistoia, Verona e Minori nel periodo 1957-1968”. Che sia, agli occhi dell’autore, un’opera ormai ampiamente datata lo conferma la pubblicazione, appunto nel 1970, di Indecifrabile perché, la raccolta che conclude la fase, diciamo così, ungarettiana della sua produzione. Quindi la poesia di di Lieto diventa filosofica, ricevendo l’impronta perentoria del pensiero heideggeriano, come testimoniano tutte le successive raccolte fino a Le cose che sono (2000), dove più esplicita si fa la dimensione pitturale; e insieme a Heidegger subentra la presenza massiccia dei poeti da questi commentati, Hölderlin Trakl Georgeccccc175. (Maurizio Perugi, nel saggio contenuto in Giannino di Lieto “Opere”, Interlinea 2010).
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«Giannino di Lieto, nato a Minori nel 1930 e lì deceduto nel 2006, è uno dei maggiori poeti italiani del secondo Novecento. Questa apodittica affermazione sentiamo di poterla pronunciare per due motivi principalmente. Primo, perché siamo testimoni diretti dei valori espressi dal poeta nei propri testi. Secondo, perché confronti e paragoni con altri tantissimi nomi di nostri autori, ci permettono di confermare con il passare del tempo il nostro assunto. […]
Un siffatto valore poetico (che potremmo avvicinare agli esempi di Emilio Villa, di Edoardo Cacciatore, di Amelia Rosselli, di Luciano Roncalli, di Patrizia Vicinelli e del più recente Zanzotto) mette la poesia di Giannino di Lieto dentro una “contemplazione di concetti” che si muovono provocando una serie infinita di suggestioni e un implacabile diarismo di cose, persone, luoghi, riflessioni e ipotesi che creano ogni volta il principio della scrittura e la sua negazione: il prima e il dopo l’incanto del segno e del giudizio». (Giuseppe Marchetti, nella recensione a Giannino di Lieto “Opere”, Interlinea 2010, pubblicata sul blog Poesia del Corriere della Sera)
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«Nelle sue realizzazioni Giannino di Lieto non si disperde mai in inutili abbellimenti o addobbi. Ogni oggetto, ogni soggetto, ogni segno coglie sempre e soltanto l’essenzialità di un’idea, di una inconsueta ispirazione o colpo di fulmine, con il tocco speciale di una raffinata eleganza, grazie a una particolare luminosità che soltanto la sua mano di pittore, di incisore e di puro cesellatore sa donare a ogni segno. Sono tratti vigorosi e decisi come se ogni gesto volesse impossessarsi della realtà sanguigna che il poeta vive intensamente dentro il proprio sogno esistenziale. Ma il poeta lo fa dispiegando, cioè scomponendo, cancellando, raschiando, liberando il segno da ogni orpello codificato della tradizione. Nasce così l’appartenenza a un linguaggio nuovo, non sofisticato, con lo sfarzo della luce in un mondo perenne nel quale la poesia è sempre presente. Senza illusioni. Diventa “un parlare comune separato da tutti” come sembra confessare lui stesso in questo verso tratto da Le cose che sono. Ecco, con questo voglio dire che il lavoro di Giannino di Lieto, così policromo, venato dalla passione costante per una ricerca nuova e diversa della scrittura, della poesia, dall’ideogramma fino a ciò che possiamo definire pittogramma, assume la valenza dinamica di una autentica azione con la quale si cerca qualcosa di assoluto». (Davide Argnani, dal saggio contenuto in Giannino di Lieto – Atti del Convegno, Anterem Edizioni, 2008)
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«Di Lieto è un artista con una poetica speciale, tutta sua, resa unica da un lessico eloquente, libero e privo di retorica. […] La sua poetica, i suoi versi sono puri, raffinati, introspettivi, moderni, originali, non sono sottoposti a condizionamenti sociali e stilistici, che impongono schemi e argomenti precostituiti. […] La cultura classica di cui si nutre di Lieto è coscientemente e perfettamente integrata in un discorso evoluto, attuale, a volte non immediatamente compreso, che quando si rivela al lettore, ha la capacità intrinseca di appassionarlo, toccandogli l’anima». (Maria Romana Del Mese, La Città, agosto 2019)
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Notizia sull’autore. Giannino di Lieto (Minori, 16 luglio 1930 – 8 luglio 2006) è stato uno dei grandi autori del secondo Novecento. È stato un poeta che, attraverso un accanito principio di ricerca e di riflessione sulla scrittura e i suoi intimi segni, ha svolto un raffinato discorso in modo tutto proprio, fuori e oltre i comuni moduli della poesia italiana, le mode: «alla ricerca della Poesia Nuova, di una propria visione della poesia, della parola, della storia». Di lui, nel tempo, si sono occupati critici e studiosi di fama nazionale e internazionale, concordando sulla qualità non ordinaria del verso, sugli esiti di grande purezza stilistica del linguaggio poetico.
Approda alla letteratura con Poesie (presentazione di Salvatore Valitutti, Rebellato, Padova 1969). Seguono Indecifrabile perché (prefazione di Gaetano Salveti, Crisi e Letteratura, Roma 1970); Punto di inquieto arancione (introduzione di Giorgio Bárberi Squarotti, note di Giuseppe Marchetti, Nuovedizioni Enrico Vallecchi, Firenze 1972); Nascita della serra (Geiger, Torino 1975); Racconto delle figurine & Croce di Cambio (prefazione di Maurizio Perugi, Pietro Laveglia Editore, Salerno 1980); L’abbonato impassibile – Le facce limitrofe (Masuccio & Ugieri, Minori 1983); Le cose che sono (ivi, 2000); Breviario inutile (supplemento al n. 89 [2003] di L’Ortica). Come ha scritto lo stesso autore, sono «titoli per una storia della Poesia italiana, altera». Numerose anche le opere di poesia visiva inserite in mostre nazionali e internazionali.
Un convegno internazionale di studi tenutosi nel 2007 nel paese di nascita (Minori), intitolato “Il segno forte del Secondo Novecento: Giannino di Lieto. La ricerca di forme nuove del linguaggio poetico”, ne ha esaminato l’intera opera letteraria. Le poesie, lette da Alessandro Quasimodo. Al convegno ha fatto seguito il volume degli atti (Giannino di Lieto. La ricerca di forme nuove del linguaggio poetico, Anterem edizioni, Verona 2008). Opere, Interlinea 2010 (saggi di Giorgio Bàrberi Squarotti, Maurizio Perugi, Luigi Fontanella, Ottavio Rossani), raccoglie in un solo volume l’intera produzione letteraria di Giannino di Lieto. Il saggio di Giorgio Bàrberi Squarotti sulla poesia di Giannino di Lieto è contenuto anche all’interno dell’Antologia di G. Bàrberi Squarotti La parola e l’eco Saggi sulla poesia del ‘900 (Roma, 2016).
(a cura di Giovanni Maria di Lieto)
* La “scienza mentale” di Giannino di Lieto
“Al centro d’un comporre sontuoso”
«Ora, pur con questi attraversamenti più o meno “obbligati”, o magari anche ben all’interno di essi […], Giannino di Lieto innestava poi, quasi subito, una sua lezione cólta e sofisticata, linguisticamente sontuosa; uno scandaglio appassionato e appassionante delle ragioni di una persistente cultura classica nella quale innervare una propria ricerca, tra segno e parola, assolutamente moderna, aperta, tagliente e fascinosamente spericolata nella messa in azione d’un vasto spettro espressivo e plurale, nel quale fecondamente attivare la propria poesia. […]
Ecco, avviandomi alla conclusione, credo che, in ultima analisi, di Lieto sia stato uno di quei poeti solitari che hanno veramente saputo coniugare, in modo originale e sofisticato, rivoluzione e utopia, senza però mai rinnegare l’importanza e (perché no?) la fascinazione della propria cultura classica, unitamente alle “riverberazioni” emotive che il suo stesso entroterra amalfitano gli suggeriva, una cultura magari prima da scompaginare radicalmente, per farla poi rinascere con esiti liberatori e assolutamente nuovi» (Luigi Fontanella, nel saggio contenuto in Giannino di Lieto “Opere”, Interlinea 2010).