C’è una virtù che lega indissolubilmente tra loro Benetton e Thyssen ed è la frugalità o se volete la temperanza, la sobrietà. Essendo stati costretti a scegliere tra i poveri azionisti e i poveri dipendenti o utenti, hanno dovuto, non ne dubito, a malincuore, con infinite sofferenze, scegliere i primi. Come formichine, risparmia su quelle manutenzioni, risparmia sulle protezioni, risparmia sull’aggiornamento e alla fine il gruzzoletto da dividere con gli azionisti si faceva interessante.
Malgrado il guadagno i poveri azionisti sono diventati, quelli piccoli intendo, una preoccupazione di molti politici e di molti giornalisti i quali lamentano che un deprezzamento del valore delle azioni sia per loro un grave danno. Ovvio che sì.
Ma mi si permetta due considerazioni. La prima è che l’acquisto di un’azione è sempre un investimento a rischio, se non si vuole il rischio non bisogna comprare azioni ma mettere i soldi sotto il materasso, cosa che riduce di molto i rischi anche se, onestamente non li azzera.
La seconda osservazione è più grave: ma i dividendi incassati anche in virtù delle pratiche frugali messe in atto dalle due società non fanno un poco schifo? Qualcuno vorrebbe per caso renderli? O volendocela dire tutta stiamo percorrendo la stessa strada dei fondi pensione americani che garantiscono alte pensioni se gli investimenti rendono bene ovvero se li profitti aziendali sono alti a discapito dei salari?
Siamo una bella società nella quale è peggio commettere il reato di insider trading e danneggiare gli azionisti che sfruttare e ammazzare i dipendenti. (Claudio Mellana)