Come premessa a questa seconda puntata sulle opere cinematografiche riguardanti Milano in guerra bisogna ammettere che – purtroppo – manca una… Milano città aperta. Dei lungometraggi girati sulla città di quel periodo, infatti, nessuno è paragonabile al capolavoro di Roberto Rossellini.
Il quale, comunque, è il regista del film più conosciuto a riguardo, Il generale Della Rovere (1959), premiato con il Leone d’oro alla XXI edizione della Mostra di Venezia e tratto da un racconto di Indro Montanelli. Il lungometraggio, in realtà, è stato girato interamente a Cinecittà e le inquadrature milanesi sono state ottenute da uno schermo particolare su cui vennero retroproiettate le immagini di una città devastata dai bombardamenti tra piazza del Duomo, la Galleria e piazza della Scala.
La trama si svolge soprattutto nel carcere di San Vittore, anch’esso ricostruito perfettamente in studio. È lì, infatti, che il protagonista, Vittorio De Sica, vive la sua trasformazione morale: catturato dalle SS, gli viene chiesto di simulare un ruolo nella Resistenza per smascherare i partigiani rinchiusi in carcere, ma così forte diventa la sua identificazione con loro che preferisce essere fucilato dai tedeschi.
La Resistenza in città è raccontata anche dalla trasposizione cinematografica di un libro di Elio Vittorini, Uomini e no (1980). Il regista è Valentino Orsini, mentre Flavio Bucci recita la parte principale, il partigiano Enne 2, che agisce contro Cane Nero (Renato Scarpa), il capo dei repubblichini.
Il lungometraggio, che vede come protagoniste femminili Monica Guerritore e Ivana Monti, propone la cupa atmosfera che si respirava a Milano in quel periodo così come il film televisivo in due puntate Notti e nebbie (1984) di Marco Tullio Giordana. Ispirato a un libro di Carlo Castellaneta, ha come interprete principale Umberto Orsini, che veste i panni del commissario della polizia politica Bruno Spada. Freddo funzionario che assolve il suo compito di servitore del regime fascista, costui vede i suoi doveri professionali scontrarsi sempre più con i valori morali che ritiene di dover difendere.
Una città coperta di macerie è rappresentata in un’altra opera di Giordana, Sanguepazzo (2008). Il lungometraggio ha come soggetto la parabola dei divi di regime Osvaldo Valenti e Luisa Ferida (Luca Zingaretti e Monica Bellucci) e alterna le vicende intorno al 25 Aprile, quando i due si consegnano ai partigiani, con quelle degli anni precedenti, mostrando anche immagini storiche (come l’annuncio della dichiarazione di guerra o l’esposizione dei cadaveri di Mussolini e degli altri gerarchi in piazzale Loreto). Tra i personaggi appare il famigerato torturatore Pietro Koch, citato anche nella puntata riguardante i documentari.
La fine del fascismo viene raffigurata da Carlo Lizzani in Mussolini ultimo atto (1974), dove si mostra il cardinale Schuster (Henry Fonda, mentre il capo del fascismo è interpretato da Rod Steiger) tentare una mediazione per evitare combattimenti in città. Palcoscenico, brevemente e a inizio film, è una Milano inquadrata tra l’Arcivescovado e gli spettrali dintorni di un Duomo dove passa un tram che si ferma per lo sciopero generale.
Di sfuggita, la città appare anche in Il sole sorge ancora (1946) di Aldo Vergano, considerato il film neorealista sulla Resistenza. Dopo le sequenze iniziali del Naviglio, il protagonista Cesare (Vittorio Duse), rientrato a casa dopo l’8 settembre 1943, prende la via della campagna lombarda. Dapprima dibattuto tra l’amore per due donne, quando giungono i partigiani si unisce a loro e contribuisce a sventare il proposito tedesco di distruggere il paese.
Infine, si può segnalare Gli sbandati (1955) di Francesco Maselli, che come l’opera di Vergano è incentrato sulla necessità della lotta di Liberazione dopo l’armistizio dell’8 settembre. Nel lungometraggio si narra di una contessa, Luisa (Isa Miranda), che per sfuggire ai bombardamenti lascia Milano assieme al figlio Andrea (Jean-Pierre Mocky) rifugiandosi nella proprietà in campagna, dove vengono ospitati un gruppo di sfollati. Quando i soldati tedeschi uccidono l’operaia amata da Andrea (una giovanissima Lucia Bosé), il dramma delle singole persone amplifica il senso di tragedia degli eventi storici.