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Giuseppina Rando. Razzismo e Disobbedienza civile 
Nota a margine dell’assassinio di George Floyd
George Floyd
George Floyd 
07 Giugno 2020
 

La morte di George Floyd, l’afroamericano di 46 anni, ucciso a Minneapolis il 25 maggio scorso da un poliziotto bianco che lo aveva gettato a terra e lo stava arrestando, dimostra come tanti altri episodi simili che il razzismo non sia stato per nulla superato, anzi è presente ovunque, vivo e contagioso.

Un virus più pericoloso del Covid 19.

Benjamin Crump, uno degli avvocati della famiglia, ricordando la figura della vittima nella commemorazione a Minneapolis, ha detto: “Non è stato il coronavirus ad uccidere George Floyd ma la pandemia di razzismo e discriminazione”. Per tale virus pare che sia molto difficile trovare vaccino se non nella mente e nella coscienza degli uomini.

Di fronte all’esplosione di proteste da parte del popolo nero, degenerate – come prevedibile – in violenze, saccheggi, feriti, tre morti e decine di arresti, riflessioni personali mi riconducono alla Disobbedienza civile ampiamente analizzata da Henry David Thoreau, filosofo, scrittore e poeta.

Nasce a Concord, nel Massachusetts, nel 1817 e lì muore nel 1862. Studia ad Harvard dove matura il suo interesse per la poesia greca e romana, per la filosofia orientale e per la botanica. Amava la natura e trascorreva intere giornate ad esplorare i boschi vicino a Concord e a raccogliere dettagliate informazioni sulle piante e sugli animali. Dal 1845 al 1847 vive in completa solitudine in una capanna da lui costruita presso il laghetto Walden. Convinto antischiavista, per tutta la vita scrive contro la schiavitù tanto da comporre un saggio dato alle stampe per la prima volta nel 1849 con un altro titolo. Soltanto dopo la sua morte il libro è ristampato col titolo Disobbedienza civile, un libro che ha reso Thoreau famoso in tutto il mondo. La fama di questo saggio è cresciuta soprattutto nel corso del ventesimo secolo, influenzando personaggi del calibro di Gandhi e Martin Luther King.

Nell’opera si condanna il governo statunitense per l’istituto della schiavitù e per la sua politica imperialistica di espansione. Per dissociarsi completamente da questi indirizzi politici egli si rifiuta di pagare le tasse, sostenendo che il pagarle era sinonimo di assenso per la condotta del governo. Per questo motivo viene arrestato.

Si riportano alcuni passi significativi:

Deve il cittadino – anche se solo per un momento od in minima parte – affidare sempre la propria coscienza al legislatore? Perché allora ogni uomo ha una coscienza? Io penso che dovremmo essere prima uomini, e poi cittadini. Non è desiderabile coltivare il rispetto della legge nella stessa misura nella quale si coltiva il giusto. Il solo obbligo che ho diritto di assumermi è quello di fare sempre ciò che ritengo giusto…

La legge non ha mai reso gli uomini neppure poco più giusti; ed anzi, a causa del rispetto della legge, perfino gli onesti sono quotidianamente trasformati in agenti d’ingiustizia…

La massa degli uomini serve lo stato non come uomini, bensì come macchine, con i propri corpi.

() Nella maggior parte dei casi non v’è alcun libero esercizio della facoltà di giudizio o del senso morale; invece si mettono allo stesso livello del legno e della terra e delle pietre, e forse si possono fabbricare uomini di legno che serviranno altrettanto bene allo scopo. Uomini del genere non incutono maggior rispetto che se fossero di paglia o di sterco. Hanno lo stesso tipo di valore dei cavalli e dei cani. Tuttavia persino esseri simili sono comunemente stimati dei buoni cittadini.

Come deve comportarsi un uomo, oggi, nei confronti di questo governo americano? Io rispondo che non può esservi associato senza che ciò sia un disonore. Non mi è possibile neppure per un momento riconoscere come il mio governo quell’organizzazione politica che sia anche un governo schiavista.

Tutti gli uomini riconoscono il diritto alla rivoluzione, quindi il diritto di rifiutare l’obbedienza, e d’opporre resistenza al governo, quando la sua tirannia o la sua inefficienza siano grandi ed intollerabili.

Le leggi ingiuste esistono: dobbiamo essere contenti di obbedirle, o dobbiamo tentare di emendarle, e di obbedirle fino a quando non avremo avuto successo, oppure dobbiamo trasgredirle da subito? Generalmente gli uomini, con un governo come questo, pensano che dovrebbero aspettare finché avranno persuaso la maggioranza a modificarle. Ritengono che, se opponessero resistenza, il rimedio sarebbe peggiore del male.

Ma è proprio colpa del governo se il rimedio è peggiore del male. Lui lo rende peggiore. Perché non è più propenso a prevenire ed a provvedere alle riforme? Perché non ha a cuore la sua saggia minoranza? Perché piange ed oppone resistenza prima d’essere ferito? Perché non incoraggia i suoi cittadini a stare all’erta al fine di evidenziare i suoi errori, ed a fare meglio di quanto lui li indurrebbe a fare?

A più di 150 anni dalla morte di Henry David Thoreau mi sembra importante, alla luce delle guerriglie avvenimenti di questi giorni, ritornare a riflettere sul senso e sul contenuto della disobbedienza civile, concetto a cui lo scrittore per primo diede nome e contenuto.

In tal fine può aiutare anche la recente pubblicazione del giornalista Goffredo Fofi, Elogio della disobbedienza civile, dove l’autore analizza la società attuale, preda di una sorta di “narcisismo di massa” e quasi totalmente asservita al consumismo, e individua nella disobbedienza civile la sola arma a disposizione di chi non accetta lo stato presente delle cose, per cambiarle. Non è utopia, sostiene Fofi, pensare a una sorta di nuova resistenza che non si esprima solo nelle rituali marce della pace, una disobbedienza che sia davvero civile poiché

È il nodo, in definitiva, del rapporto dell’individuo con lo Stato, che, oltre alla presenza di Stati particolarmente oppressivi, contempla la contemporanea importanza delle ragioni di Antigone e di quelle di Creonte: della irrinunciabilità, contro lo Stato che non li rispettasse, dei diritti-doveri che appartengono alla sfera della morale e dell’umanità e di cui ogni individuo dovrebbe essere partecipe e difensore; e dell’adesione dell’individuo a quelle leggi che, riguardando tutti, permettono nei fatti un’armonica convivenza, nel rispetto di regole comuni stabilite con il concorso delle maggioranze pensanti e non manipolate, per il rispetto e la difesa degli interessi comuni. Anche se una “minoranza di uno” può e deve, se così ritiene, ribellarsi a una legge particolare.

Una soluzione definitiva a questo dilemma non esiste. In uno Stato che si rispetti, il conflitto tra Antigone e Creonte non può che ripetersi all’infinito, ma un modo di avvicinarsi a una soluzione dovrebbe poter stare proprio nel rigore morale con cui Antigone e Creonte assumono i propri ruoli, si assumono le proprie diverse responsabilità.

 

Giuseppina Rando


Foto allegate

Henry David Thoreau
Goffredo Fofi
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