Il testo sottostante è frutto del lavoro dei ragazzi del biennio ITIS “Meucci”, anno 2000, all’interno del progetto “Interazioni”
Il Fantastico ha lontane origini in celebri opere letterarie: dall’epopea babilonese di Gilgamesh, alle Mille e una notte; dall’Odissea alle Metamorfosi di Ovidio e di Apuleio; dal ciclo della Tavola Rotonda alla leggenda del Santo Graal. È fantastico tutto ciò che è popolato da personaggi irreali, come unicorni o centauri, che è frutto della nostra immaginazione o che scaturisce dal nostro inconscio. Il Fantastico è nei miti, nelle leggende, nell’epica. Spesso i protagonisti sono dei o creature mostruose.
I racconti più conosciuti sono l’Odissea e l’Iliade di Omero e l’Eneide di Virgilio. L’Epica è ricca di elementi fantastici e mostruosi: Scilla e Cariddi, Polifemo, Briareo, Caco, Cerbero, Chimera, Gerione e Humbaba. È magico, tutto ciò che rende la narrazione più emozionante e coinvolgente: specchi delle brame, bacchette magiche, scope volanti, cappelli parlanti; mappe misteriose, elfi e folletti, quadri che si animano, pietre miracolose. Esempi di romanzi magico-fantastici sono: Harry Potter di Bowling; Il signore degli anelli di Tolkien e Il cavaliere inesistente di Calvino. Fantastico è un qualcosa che ci incute timore e paura, ma che ci attrae e ci spinge a conoscerlo; un mondo popolato da mostri, spettri, demoni, fantasmi, vampiri, dragoni, alieni, cavalieri, foreste tetre, luoghi sperduti e castelli abbandonati; la risposta data dall’uomo ai fenomeni che non riesce a spiegarsi razionalmente. L’uomo ha inventato storie di maghi e di folletti per potersi divertire evadendo dalla realtà e si è immaginato mostri e fantasmi per potersi spiegare il terrore, ma anche il piacere verso il buio, l’oscurità e tutto ciò che è incubo.
Il Fantastico è caratterizzato da scenari pittoreschi, evocativi e inquietanti e da una concezione della vita dominata da forze superiori e oscure; è un mondo dove succedono cose che non si realizzeranno mai nella realtà. I nostri sogni fanno parte del Fantastico. Ci creano inquietudine e disagio, perché rappresentano una realtà diversa dalla nostra. Il sogno e la fantasia intesi come forme di percezione di una realtà invisibile, rappresentano la trasgressione a tutto ciò che è razionale e una propensione all’angoscia, al terrore, all’indefinito e all’ignoto. La nostra mente a volte non può capire i pensieri inconsci e nascosti che ciascuno di noi ha ed ha paura, perché non sa spiegarseli ma chiudendo gli occhi possiamo entrare nel regno del fantastico, dove tutto è concesso; se restiamo in silenzio possiamo percepire un’insolita sensazione che dà vita ad un meraviglioso giardino pieno di orchidee e di gelsomini, al centro del quale galoppa un cavallo bianco alato che repentino spicca un volo con un abile balzo. Quando riapriamo gli occhi non resta altro che un ricordo vano ed incompreso che potremmo rivivere solo richiudendo nuovamente le palpebre.
Il fantastico dunque è qualcosa di meraviglioso che ci incanta, ci travolge e ci spaventa. Fantastico è il regno di Ossian, l’Omero del Nord, il leggendario guerriero e bardo gaelico, figlio di Fingal. Daura e Arindal tratto dai poemi di Ossian parla dell’amore di Armiro e Daura e dell’odio fra lo stesso Armiro, promesso sposo alla bella Daura dal padre di lei Armino, e il suo nemico Erath. L’inganno che Erath provocherà alla povera Daura porterà alla morte sia Arindal che la giovane sposa. Ambientazioni epiche ed oniriche e descrizioni fantastiche e sublimi caratterizzano l’opera: Oh sorgete, soffiate impetuosi,/ venti d’autunno, su la negra vetta;/ nembi, o nembi, affollatevi, crollate/ l’annose querce; tu torrente, muggi/ per la montagna, e tu passeggia, o Luna,/ per torbid’aere, e fuor tra nube e nube/ mostra pallido raggio…
L’uomo nel suo piccolo invoca la natura e le chiede aiuto: O Daura, o figlia, eri tu bella, bella/ come la luna sul colle di Fura,/ bianca di neve e più che auretta dolce./ Forte, Arindallo, era il tuo arco, e l’asta/ veloce in campo; era a vapor sull’onda/ simil l’irato sguardo, e negra nube/ parea lo scudo in procelloso nembo. Il rapporto uomo-natura è strettissimo. La bellezza della donna è rapportata alla bianca luna e la forza dell’uomo è quasi superiore ad una nube tempestosa.
Poi l’atmosfera cambia totalmente, non più la bellezza e la magnificenza della natura, ma l’uomo perfido e cattivo che non perde tempo a trarre in inganno un suo simile: Cangiò sembianze e ci comparve innanzi/ come un figlio dell’onda…/ O più vezzosa tra le donne-, ei disse/ bella figlia d’ Armin, di qua non lunge/ sporge rupe nel mar, che sopra il dorso/ porta arbuscel di rosseggianti frutta./ Ivi t’attende Armiro; ed io men venni/ per condurgli il suo amor sul mare ondoso…
Paesaggi nordici, cupi e tempestosi e apparizioni di spettri caratterizzano il brano “La guerra contro Swaran e la morte di Morna” tratto da I canti di Ossian dove le espressioni di amore e morte rivelano una situazione tragica: come i venti tempestosi della landa, come un raggio di sole prima della tempesta, fulmine di guerra, oscurità della battaglia, onde cupe esprimono in sinergia le emozioni dei protagonisti. La natura si trasforma, assume aspetti cupi, e le parole rendono efficacemente l’idea del paesaggio desolato, arido e nebbioso. I canti di Ossian sono dunque un tipico esempio di letteratura fantastica e ad essi s’ispirò Ingres per Il sogno di Ossian. Nel dipinto si trovano tutti gli elementi caratteristici dell’epica classica: la cetra, gli scudi, le armature e le spade dei guerrieri: in primo piano Ossian addormentato sulla sua cetra, sullo sfondo le figure dei guerrieri e di altri personaggi invocati dal bardo con il suono della sua cetra. Gli spiriti sono immersi in un paesaggio nordico, fantastico e nebbioso. In sogno Ossian vede il figlio Oscar (a destra con l’elmo e lo scudo), la vedova di questi, Malediva, (la figura statuaria a sinistra), l’immagine del padre Fingal, re di Morev, Starno re delle nevi (la grottesca figura al centro), le figlie che suonano l’arpa e una lunga fila di guerrieri della mitologia ossianica. Ingres rappresenta con i colori la differenza tra il sogno e la realtà: il mondo reale è esaltato da colori accesi, quali il rosso, il verde e il blu notte, mentre gli spiriti sono collocati in un ambiente indistinto, in una luce abbagliante e irreale. Alla leggendaria immagine di Fingal, protagonista dei Canti di Ossian di J. Macpherson, s’ispirò il compositore tedesco J. L. F. Mendelssohn, per comporre l’ouverture “La grotta di Fingal”. In un mondo fantastico il poeta tedesco W. Goethe ambientò la lirica “Il re degli elfi”. Gli Elfi sono creature notturne che danzano con grazia al chiaro di luna. In questa lirica rappresentano una forza misteriosa che esercita un influsso negativo sul bambino: Chi cavalca a quest’ora per la notte e il vento?/ È il padre con il suo figlioletto;/ se l’è stretto forte in braccio,/ lo regge sicuro, lo tiene al canto./ “Figlio, perché hai paura e il volto ti celi?”/ “Non vedi, padre, il re degli Elfi?”/ Il re degli Elfi con la corona e lo strascico?/ “Figlio, è una lingua di nebbia, nient’altro…”/ “Caro bambino, su, vieni, con me!/ Vedrai i bei giochi che farò con te;/ tanti fiori diversi sulla riva ci sono”;/ “Padre mio, padre mio, la promessa non senti,/ che mi sussurra il re degli Elfi?”/ “Stai buono, stai buono, è il vento, bambino mio,/ tra le foglie secche, con il suo fruscio”. Il re degli Elfi minaccia di portarsi via il bimbo con la forza. Preso da orrore il padre veloce cavalca,/ il bimbo che geme, stringe fra le sue braccia,/ raggiunge il palazzo con stento e con sforzo,/ nelle sue braccia il bambino era morto.
Questo tema richiama il dipinto di W. Blake Gli angeli del bene e del male in cui il fantastico coincide con l’irrazionale, ma ci dà anche una percezione del reale; nel dipinto, come nei versi, prevalgono gli elementi maligni che vogliono portarsi via il bambino dalle braccia del padre che galoppa su un cavallo; a capo degli elfi c’è il re che può essere paragonato all’angelo del male che appare nel quadro di Blake mentre il padre, che nell’opera di Goethe non ha nessun riscontro fantastico, si può identificare con l’angelo del bene che anche nel quadro ha in braccio un bambino.
Fantastica è anche l’atmosfera con cui il pittore H. Vernet ha rappresentato La leggenda di Mazeppa: giovane polacco, punito per una storia d’amore con la regina, ad essere legato nudo a un cavallo selvaggio in corsa verso la foresta. L’artista esprime molto bene l’idea di un destino tragico, che coinvolge sia l’uomo che l’animale. Il paesaggio di questo quadro è spaventoso e irreale: una foresta scura, un selvaggio cavallo bianco illuminato dalla luce del sole che tramonta, Mazeppa nudo legato al cavallo con un drappo rosso, i lupi feroci che lo rincorrono affamati. Il paesaggio incute timore: in lontananza il sole che tramonta illumina l’ambiente e in particolare Mazeppa e il cavallo; nella cupa e tetra foresta giace a terra il tronco di un albero sradicato sul quale salta il cavallo con un balzo. I lupi inferociti in agguato della preda e il cavallo imbizzarrito dimostrano che l’uomo di fronte alla natura non può fare niente tranne che sperare che questa non si scateni.
Anna Lanzetta
6 – Continua