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Valtellina, terra di streghe 
La nobiltà della politica e l'inosservato ingresso delle donne nel mondo militare
03 Febbraio 2007
 

Ha ragione ancora una volta Gianfranco Ravasi, un maestro a me molto caro per l’amicizia, per ambedue feconda, che lo ha legato per molti anni e fino alla sua morte a David Maria Turoldo, che in uno dei suoi quotidiani Mattutini su l’Avvenire denuncia lo squallore della vita e del costume politico italiano. Uno spettacolo reso più grave dal confronto col grande retaggio culturale che ci portiamo dietro e di cui siamo responsabili.

Nel dir questo vorrei però evitare – e il discorso vale anche per l’amico Gianfranco – qualsiasi confusione o collusione con il volgare antipoliticismo imperante in tanta parte dell’opinione pubblica. La politica rimane, nonostante tutto, uno degli interessi e degli impegni più nobili di una persona minimamente consapevole dei propri doveri verso la società di cui fa parte. Che all’impegno politico vada inevitabilmente connesso un certo tasso di ambizione o tornaconto o interesse personale, è più che normale e deve essere dato per scontato, pur giustamente criticandolo. Certo lo spettacolo politico riserba delle sorprese inspiegabili senza un qualche rimando a fattori patologici. Non è normale, tanto per fare un esempio, il più clamoroso, lo spettacolo offertoci in questi giorni da uno che è stato per due volte Presidente del Consiglio, e la seconda volta per lunghissimi cinque anni, e quindi nella posizione migliore per conoscere da vicino e, per così dire dall’interno, la complessità dell’agenda politica, rivolgersi ora alla piazza.

* * *

Riprendo il discorso di una puntata precedente, che ha riscosso un certo interesse, sul tema del maschio e della femmina. Questi sono proprio i termini usati dalla Bibbia: maschio e femmina li creò, la loro vicendevole primordialità. Occorrono però delle precisazioni: questa paritarietà è originaria, ma originaria è anche la distinzione. Si fa spesso confusione su questo. La distinzione passa, consapevolmente o meno – nel più frequente dei casi meno – per disuguaglianza. Ma senza questa consapevolezza si rischia di mettersi una strada senza sbocco. Le femministe hanno posto, credo rettamente, l’accento sul corpo femminile. In nome dell’uguaglianza le donne hanno fatto il loro ingresso nel mondo militare. Si è passati sopra a una differenza resa significativa dal corpo stesso e a ciò che esso simboleggia. Tutto questo per indicare un esempio, il più clamoroso, ma passato quasi inosservato, fra i tanti.

* * *

La Valtellina è considerata una delle regioni dove la caccia alle streghe, con i relativi roghi, ha avuto più seguito e più consenso popolare, mescolata come era alle guerre di religione. Basti pensare a quello passato alla storia come, horribile dictu, Sacro Macello. Tutto questo ha depositato nei fondali del subconscio collettivo, degli impulsi o riflessi condizionati, pronti a riaffiorare sotto i più vari pretesti. Il capro espiatorio, il dalli all’untore, può cambiare di volta in volta. La volta più recente, a cui alludo con questa nota, è rappresentata dai tossicodipendenti della Comunità Il Gabbiano. Mi sono sentito, essendo stato tra i promotori della loro accoglienza, direttamente e dolorosamente messo in causa. A parte l’episodio che ha dato origine alla raccolta di firme contro la presenza del Gabbiano, che forse meriterebbe di essere indagato nei suoi dettagli, valgono almeno due ragionamenti. Uno riguarda l’Ordine di cui faccio parte: le sue Costituzioni, rinnovate dopo il Concilio, ci vedono «ai piedi delle infinite croci» (cito alla lettera) che travagliano l’umanità, e la tossicodipendenza è una di queste.

L’altro riguarda il luogo: la vicinanza alla piazza e al suo Santuario. Ma proprio il Santuario, nelle sue origini stesse, è legato alle epidemie, a cominciare dalla peste, che hanno imperversato sulla nostra popolazione. Occorre poi una migliore conoscenza del lavoro degli operatori del Gabbiano che, avendolo sotto gli occhi quotidianamente, non esiterei, se la voce non fosse inflazionata, a chiamare eroico. Verso di loro dovrebbe indirizzarsi la solidarietà di cittadini consapevoli dei valori in gioco.

Non so, ma lo immagino, come la storia prossima ventura, intendo la storia locale, giudicherà, nel merito, questa infelice grida.

 

Camillo de Piaz

(da Tirano & dintorni, gennaio 2007)


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