Il 2 giugno 1946 gli italiani, da 25 anni privati di un loro preciso diritto dal regime fascista, si misero disciplinatamente in fila davanti ai seggi elettorali per esercitare il diritto di voto, attendendo il loro turno. C’erano, per la prima volta, anche le donne. La partecipazione fu altissima, pari a circa il 90% del corpo elettorale, perché compresero l’importanza di aver ritrovata la libertà di scegliere ed avvertirono l’importanza di sentirsi padroni del proprio futuro. Votarono per il referendum costituzionale nel quale il dilemma: Monarchia o Repubblica poteva essere sciolto solo dagli elettori. Qualche giorno dopo, la Corte di cassazione comunicò ufficialmente i risultati, assegnando alla Repubblica 12.717.923 voti, pari al 54,3% del totale, ed alla Monarchia 10.719.284 voti, pari al 45,7%%. La Valtellina si espresse in sintonia con tutto il centro-nord. Andò a votare l’84% degli aventi diritto: 40.851 votarono per la Repubblica; 28.969 per la Monarchia.
Il risultato nazionale non era allora affatto scontato. Fino a quel momento, l’Italia era sempre stata monarchica, pur con qualche riserva nei confronti della casa regnante. Ma il lungo appoggio assicurato dai Savoia al fascismo, il successivo abbandono di Roma nelle mani degli occupanti tedeschi, infine l’interessato ritardo nella comunicazione dell’armistizio dell’8 settembre, in realtà siglato a Cassibile già dal giorno 3 dello stesso mese; ebbene, tutti questi eventi avevano logorato i sentimenti dei cittadini nei confronti dei Savoia. Solo nel Sud prevalse la monarchia, perché, avendo sostenuto i primi Governi dell’Italia libera di Badoglio e di Bonomi e dichiarato guerra, il 13 ottobre 1943, alla Germania, era stata percepita come l’unica guida istituzionale. Il risultato del referendum istituzionale costrinse il Luogotenente Umberto ed i Savoia a prender la via dell’esilio.
Lo stesso 2 giugno ‘46, gli italiani elessero i membri dell’Assemblea costituente, incaricati di redigere la Carta Costituzionale. Emersero, su tutti, tre partiti: La DC, col 35,2% dei voti, ottenne 207 seggi; il PSIUP, col 20,7% dei voti conquistò 115 seggi; il PCI, col 18,9% ebbe 104 seggi. Gli altri seggi furono così distribuiti: 41 ai liberali, 30 ai qualunquisti, 23 ai repubblicani, 16 ai monarchici, 7 al partito d’azione, 12 ad altre liste minori. I lavori della “Costituente” si protrassero sino al 22 dicembre 1947. La Costituzione democratica, repubblicana ed antifascista entrò in vigore il 1° gennaio 1948.
È evidente lo stretto nesso esistente tra tre data: 25 aprile 1945, 2 giugno 1946, 1° gennaio 1948. La Liberazione rese possibile il referendum istituzionale con la scelta della Repubblica del 2 giugno ’46, l’Assemblea Costituente rese possibile l’approvazione della Carta Costituzionale. Questo spiega perché 25 aprile e 2 giugno siano state dichiarate Feste nazionali. Il 1° gennaio non ebbe bisogno di una dichiarazione ufficiale in quanto, per ovvi motivi, già Festa nazionale.
In estrema sintesi, si può affermare: senza la Resistenza, non avremmo avuto né la Repubblica né la Costituzione. E allora, ricordando gli immani sacrifici, le sofferenze patite, il sangue versato, le privazioni subite per ottenerla, esponiamo il tricolore sui nostri balconi e celebriamo tutti la grande Festa della Repubblica.
Sergio Caivano