Ce lo ricorderemo a lungo, questo maledetto coronavirus covid 19! Non solo perché incombe, ancora minaccioso, su tutti gli abitanti di questo pianeta, e non si sa quando si placherà. Ma perché, nel nostro Paese, ci ha già portato via molti dei pochi militari reduci dal solleone dell’Africa, ove erano stati inviati a combattere con mezzi inadeguati, dei pochi reduci scampati al freddo e alla fame sopportate nelle steppe della Russia. Ci ha già portato via molti dei pochi partigiani ancora in vita, sempre orgogliosi della loro giusta scelta. Se ne è andata anche una parte di quelli che la guerra non l’hanno fatta, perché più giovani, ma l’hanno subita sopportando le bombe nei rifugi antiaeri e nell’affannosa ricerca di qualcosa da mangiare o da vestire. Se ne è andata anche una parte della generazione che, una volta abbattuto la dittatura fascista, ne ha raccolto le macerie, materiali e morali lasciateci in eredità e col sudore, col sacrificio, con l’impegno hanno ricostruito il Paese e l’hanno migliorato, fino a fargli conoscere prima la ripresa e, poi il “miracolo economico italiano”. Se ne sono andati male, in un modo orribile, senza una carezza, un bacio, una stretta di mano, avvolti in un lenzuolo. Senza benedizioni, funerali, familiari ed amici ad accompagnarli nell’ultimo viaggio.
Purtroppo se ne sono andati anche tanti, troppi, di coloro che hanno cercato di salvarli, o quanto meno di alleviare il loro dolore. Intendo riferirmi a quei medici, a quegli infermieri, a quel volontariato diffuso che, inizialmente senza alcuna protezione, o comunque con protezioni inadeguate, hanno offerto la loro vita nel tentativo, spesso vano, di salvare quella degli altri. Ha messo a nudo la presunta, tanto sbandierata “eccellenza” della sanità lombarda.
Ma un merito va riconosciuto, a questo maledetto virus. Quello di averci dimostrato che il nostro popolo non è solo succube del consumismo o dell’edonismo, come spesso si dice, ma è invece capace di assoluta dedizione al proprio dovere, di profonda solidarietà verso i più fragili, di abnegazione e di amore verso il prossimo.
Sergio Caivano