| Edmond Jabès (Il Cairo, 1912 – Parigi, 1991) |
28 Aprile 2020
Nei boschi ci sono alberi:
è una cosa naturale.
Sugli alberi ci sono foglie:
è una cosa evidente.
Ma se le foglie sono ali,
ecco, questa è una cosa
per lo meno sorprendente.
Volate volate, verdi alberi belli.
Per voi si apre il cielo.
Ma attenti all’autunno,
stagione fatale, quando a migliaia
le vostre ali
tornate ad esser foglie
cadranno.
*
(da Edmond Jabés, Poesie per i giorni di pioggia e
di sole e altri scritti, trad. it. C. Agostini, Manni, 2002)
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Edmond Jabès (Il Cairo, 1912 – Parigi, 1991) si definì egli stesso: “ebreo e scrittore, non scrittore ebreo”. Un poeta da non dimenticare. Attualissimo il suo Il libro dell’ospitalità che, dopo 25 anni, è stato riproposto da Raffaello Cortina Editore (a cura di Antonio Prete, 2017, pp. 120, euro 11,00). Sono pagine di sofferenza e dolore, ospitalità appunto e estraneità, nomadismo e una certa angoscia dell’abitare hic et nunc. Un invito alla lettura di pagine che tornano a interrogarci sui molti misteri dell’ospitalità e dell’universo. (g.r.) |