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Gianfranco Cercone. “Racconto di primavera” di Eric Rohmer
30 Marzo 2020
 

Una ricorrenza, passata in questi giorni piuttosto inosservata, è quella del decennale dalla morte di uno dei maggiori autori del cinema francese, ma anche della storia del cinema tout court, e cioè: Eric Rohmer, uno dei principali esponenti della Nouvelle Vague, quella corrente artistica che negli anni Sessanta rinnovò il cinema francese e, in effetti, mondiale.

Si tratta in effetti di una doppia ricorrenza, perché Rohmer nacque nel marzo del 1920, e dunque cent’anni fa.

Chi volesse recuperare o scoprire qualcuno dei suoi film, può approfittare di un’offerta della piattaforma digitale CHILI TV, che presenta nel suo catalogo un ciclo di film di Rohmer che si possono noleggiare in streaming soltanto a 1 euro l’uno. Fra gli altri ci sono i quattro film che Rohmer dedicò ognuno a una stagione dell’anno, per esempio il film di cui voglio oggi parlarvi: Racconto di primavera, del 1990.

Come avviene in quasi tutti i film di Rohmer, anche in questo film il campo di osservazione del racconto è ristretto a un piccolo gruppo di personaggi, protagonisti di poche vicende in apparenza del tutto ordinarie. Ma tanto più si restringe il campo di osservazione, tanto più si acuisce lo spirito di osservazione, che Rohmer presta allo spettatore, e che si appunta sul comportamento dei personaggi, sui loro gesti, sui loro vestiti, sui loro discorsi, e sugli ambienti che abitano, che sembrano spesso emanazioni della loro personalità.

Quasi all’inizio di Racconto di primavera, si incontrano casualmente a una festa due donne: una giovane insegnante di filosofia, e una ragazza, studentessa al Conservatorio. Sono due personaggi che si riveleranno tutt’altro che semplici: ognuno dei due ospita almeno due aspetti contraddittori. L’insegnante di filosofia può apparire fredda, riservata, perfino scostante, ma nei confronti della ragazza si dimostrerà teneramente protettiva, e in genere nelle relazioni sociali, dotata di attenzione e di sensibilità ai sentimenti degli altri.

La ragazza appare più spontanea, più fresca, naturalmente estroversa, eppure nasconde un pensiero ossessivo, che a volte la inasprisce, la rende crudele.

La sua ossessione riguarda il padre, un padre ancora giovane, di cui lei è come innamorata, e certo per questo combatte, perseguita, la giovane amante che il padre si è da poco trovata.

Ora, l'amicizia che rapidamente si stabilisce tra l'insegnante e la ragazza, tale che la ragazza decide di ospitare l’insegnante per qualche tempo a casa sua, è un sentimento che appare in entrambe sincero, disinteressato.

Eppure nell’insegnante, e nello spettatore, si fa strada gradualmente un sospetto: che cioè la ragazza voglia manipolare l’insegnante, strumentalizzarla per una vendetta contro la sua “rivale”: indurre il padre a lasciarla, per unirsi alla sua nuova amica.

E certo in un autore appena più grossolano, più schematico, di Rohmer, prevarrebbe senz’altro questa seconda interpretazione, sarebbe esaltato il carattere perverso, segreto, della ragazza.

E invece il racconto di Rohmer, con finezza, si mantiene sul filo dell’ambiguità. La ragazza infittisce gli incontri con l’insegnante, la conduce a casa sua in campagna, evidentemente perché si sente del tutto a suo agio con lei e le vuol bene. Ma allo stesso tempo attraverso quegli incontri la mette in contatto con suo padre, fino a lasciarla a lungo da sola con lui.

Così, quando l’insegnante la rimprovererà di essersi approfittata di lei, di averla coinvolta in un suo piano, e la ragazza scoppierà a piangere, come sentendosi ingiustamente accusata, intuiamo che la reazione della ragazza è sincera, che lei davvero si sente innocente, anche se il suo comportamento è, almeno in parte, colpevole.

Rohmer è autore di un ciclo di film intitolato “Racconti morali”. Eppure se un insegnamento si può trarre da questo bel film, è proprio una critica del moralismo, perché, suggerisce il film, si può essere moralistici solo per mancanza di sottigliezza.

Ma la primavera dov’è, in questo Racconto di primavera?

Ecco: non è soltanto evocata dai giardini, dai vasi di fiori, dalle camicie scollate, che costellano il film. È una primavera più intima. Quella che si verifica quando le accuse si stemperano, i puntigli ossessivi cedono, e i personaggi interiormente si aprono all’amicizia o all’amore.

 

Gianfranco Cercone

(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 28 marzo 2020
»»
QUI la scheda audio)


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