Jan Brokken
I giusti
Traduzione dal nederlandese di Claudia Cozzi
Iperborea, 2020, pp.640, € 19,50
A settantacinque anni di distanza Edith, la figlia dell’olandese Jan Zwartendijk, che nel 1938 era direttore della Philips a Kaunas in Lituania, racconta fatti drammatici aiutando a ricostruire giorni lontani che non ha mai dimenticato. Sono serviti ben tre anni a Brokken per le ricerche, e I giusti ne sono il risultato: una testimonianza di valore storico e documentario insuperabile.
Chi sono i Giusti? Sono quelle persone, consoli, ambasciatori, che misero a rischio la vita propria e dei propri cari, per salvare migliaia di Ebrei rifugiatisi prima a Vilnius poi a Kaunas dietro l’avanzata tedesca in Polonia. I Lituani subirono le atroci violenze della russificazione nel 1940, a cui segui l’invasione tedesca l’anno successivo e di conseguenza il pericolo anche per gli ebrei lituani.
Fu il 13 giugno 1940, a ora insolita di sera, che il direttore della sede lituana della Philips ricevette una telefonata dall’inviato dei Paesi Bassi a Riga, De Decker, che gli conferì il titolo di Console in pectore del regno dei Paesi Bassi in Lituania, stabilendo come sede del Consolato gli stessi uffici della Philips.
Un ruolo insolito che lo mise subito alla prova e lo costrinse a confrontarsi con la sua coscienza. Davanti a migliaia di ebrei che rischiavano i campi di concentramento e la morte, lui cominciò a timbrare e firmare permessi perché raggiungessero le colonie olandesi: il consolato dei Paesi Bassi a Kaunas dichiarava che non era necessario un visto per l’accesso al Suriname, a Curacao e agli altri territori olandesi in America. Prima di essere costretto a lasciare la sede della Philips nazionalizzata dai russi, Zwartendijk diede alle fiamme la lista di 2.139 ebrei a cui aveva rilasciato il visto. Il testo per quelli “pseudo visti” glielo aveva fornito De Decker in persona.
Ma non era un viaggio facile e c’era un solo percorso praticabile: “attraversare tutta la Russia sulla Transiberiana, arrivare a Vladivostock, da lì prendere il traghetto per il Giappone, sperando di riuscire poi ad arrivare in Australia, in Nuova Zelanda o negli Stati Uniti”. Il giro del mondo, ma valeva la pena di provarci. Era una immensità di chilometri che venivano coperti in tempi lunghi, anche tre settimane, tra ansie e pericoli di ogni tipo; comunque i Russi allora avevano bisogno di valuta straniera, si dimostrarono accomodanti e chiusero un occhio.
Era necessario tuttavia un permesso di transito per il Giappone e per fortuna il consolato giapponese a Kaunas era ancora aperto: il console giapponese Chiune Sugihara scrisse su quei documenti di viaggio sei brevi colonne di caratteri giapponesi con pennino e inchiostro nero; vista la laboriosità dell’operazione non ce la faceva a stare dietro a Zwartendijk che lavorava senza interruzioni fino a notte fonda. Continuò a rilasciare firme su fogli bianchi a gente che lo supplicava dal finestrino del treno, addirittura quando dovette lasciare Kaunas con la famiglia.
A fine guerra, quando Sugihra pensava di aver comunque tenuto alta la reputazione del Giappone, ricevette solo disprezzo, e dovettero passare molti anni prima di essere nominato Giusto tra i Giusti. “Se avessi obbedito al mio governo, avrei disobbedito a Dio” ammise Sugihara 23 anni dopo.
Non fu facile per i profughi cavarsela in Giappone, dove i centri di raccolta furono Kobe e Shangai occupata da Giappone nel 1937.
Non era neppure facile che gli Ebrei trovassero accoglienza a quei tempi, prova ne fu la St Louis che aveva lasciato Amburgo nel maggio 1939 con 907 passeggeri a bordo, e fu respinta sia da Cuba che dagli USA e costretta a tornare in Europa: pur distribuiti tra Francia, Inghilterra, Belgio e Olanda, 254 ebrei morirono nei campi di concentramento.
La ricerca di Brokken arriva alla convinzione che il numero degli ebrei salvati fu senza dubbio molto più elevato -probabilmente 10.000- ma non è stato facile ricostruire le liste che tuttavia sono incomplete. Tanto tempo dovette passare prima che i profughi potessero lasciare il Giappone, sconosciuti in genere i luoghi di arrivo e di salvezza.
Quello che ha sempre turbato Zwartendijk è stata la mancanza di riscontri, il non sapere se ce l’avevano fatta. Inoltre a distanza di anni dovette subire anche un rimprovero per aver agito “in violazione delle regole consolari”, per cui non esistevano i presupposti per una onorificenza. I figli hanno potuto riscattare l’alto valore umano del suo operato: lui ha meritato il nome di Angelo di Curacao e di essere iscritto tra i Giusti.
Altre persone, e non solo quelle nominate, hanno contribuito a salvare gli Ebrei: esistono in ogni momento storico creature che rischiano la loro vita per il bene degli altri e il momento che stiamo vivendo ne è la prova.
Brokken segue le vicende di tante persone, sia di chi aveva autorità, sia di chi era in cerca di salvezza, racconta tribolazioni di ogni genere; ci fa conoscere tutto il possibile della vita dei Giusti, e intanto ci guida attraverso le drammatiche vicende della seconda guerra mondiale.
Marisa Cecchetti