Grazie a tutti i titolari dei negozi di generi alimentari di essere ancora presenti sul nostro territorio, grazie per avere prontamente organizzato o intensificato il servizio di consegne a domicilio in collaborazione con la Protezione Civile.
Grazie anche per aver dimostrato l’importanza strategica dei vostri negozi (purtroppo da molti cittadini riconosciuta solo ora) in un territorio di montagna dove avere ancora nel proprio paese un negozio di alimentari, una farmacia, un’edicola diventa una ricchezza sociale. Siete gli ultimi esercizi rimasti di quella rete commerciale di paese che un tempo comprendeva anche il settore dell’abbigliamento, delle calzature, dei casalinghi, dei giocattoli, degli articoli di cancelleria ecc., ecc. Siete i cosiddetti “negozi di vicinato” definiti così per meglio sottolineare l’importante aspetto sociale che svolgete: vicino ai cittadini... vicino alle persone anziane.
Negli anni cinquanta/sessanta i negozi di vicinato erano presenti quasi capillarmente su tutto il territorio provinciale, ogni paese aveva la propria rete commerciale composta da diverse attività, ma poi negli anni settanta i nuovi modelli commerciali delle grandi città arrivano anche in Valtellina portando i primi supermercati a Talamona, a Castione, a Rogolo.
E velocemente anche noi valtellinesi modifichiamo rapidamente le nostre abitudini, abbandonando il rito quotidiano della spesa nella bottega vicina a casa e accettando con piacere il divertimento della spesa settimanale all’interno di una grande area dove si trova di tutto, dove i prezzi sono un po’ più bassi, dove è possibile scegliere tra una notevole quantità di referenze merceologiche. Ci abituiamo velocemente a muoverci fra gli scaffali colorati spingendo un carrello e riempiendolo di prodotti alimentari non accorgendoci che questo nuovo sistema di vendita nasconde la necessità consumistica di proporre prodotti nuovi, di cui noi, forse, non sempre abbiamo bisogno.
Dimentichiamo velocemente la nostra sportina in paglia o in finta pelle, il lungo bancone di legno dietro il quale ci sono il sorriso e i discorsi di un nostro vicino di casa pronto a servirci. Dimentichiamo in fretta il piacere di aspettare tranquilli il nostro turno chiacchierando del più e del meno con altri clienti. Dimentichiamo il gusto di poter assaggiare quel formaggio offerto dal negoziante “me l'hanno appena portato, è del Giuseppe; lo conosci? Proprio buono, vuoi assaggiarlo?"
Preferiamo il piacere di poter toccare i prodotti confezionati da inutili carte e plastiche, sceglierli tra tanti altri di marche diverse, metterli nel carrello quasi con un senso di libertà per poi trovarci in lunghe code alla cassa, riempire i sacchetti di plastica e poi in fila verso il parcheggio per tornare a casa... perché per raggiungere il supermercato è necessario avere una vettura.
Anche le amministrazioni comunali si adeguano ai nuovi modelli commerciali, approvano nuove aree commerciali, permettono nuovi insediamenti in cambio di oneri di urbanizzazione e soprattutto di posti di lavoro. Scelte corrette, dettate anche da una evoluzione commerciale che non si poteva fermare.
La conseguenza però è ovviamente la lenta chiusura dei piccoli negozi. Ma a fronte di un numero elevato di negozi che abbassano le saracinesche, altri, con investimenti cospicui, tentano la sopravvivenza aumentano le superfici, riorganizzando il negozio con il self service, con piccoli carrelli, associandosi a importanti gruppi di acquisto specializzati che permettono un abbassamento dei prezzi.
Puntando sulla qualità, sulla cortesia, riescono a creare un equilibrio sostenibile economicamente tra supermercati e negozi di vicinato. La consegna a domicilio, la vendita a credito, sono poi altri servizi che il piccolo negozio, pur affrontando costi di gestione maggiori non sempre compensati dai prezzi leggermente più alti rispetto ai supermercati, riesce ad offrire al consumatore svolgendo e completando una precisa funzione sociale spesso non sempre opportunamente considerata dai cittadini e dagli amministratori.
Oggi questi negozi di vicinato ancora presenti sul territorio resistono pur producendo redditi molto bassi. L’impegno di chi lavora, quasi sempre componenti della stessa famiglia, non è sempre ricompensato da un reddito adeguato. Si sopravvive, dicono. Spesso si continua perché è difficile chiudere, perché non ci sono alternative di lavoro, perché mancano pochi anni alla pensione.
Una resistenza quasi eroica, che però riesce ancora a generare un riferimento preciso dal punto di vista sociale nel contesto commerciale del paese. Gli anziani, le casalinghe che non hanno auto, i bambini, tutte le persone che non hanno la possibilità di recarsi nei supermercati dislocati lungo la statale 38 riescono così ancora a trovare nel proprio paese un negozio.
Il coronavirus ha dimostrato che questa funzione sociale è strategica nelle emergenze. In questi giorni non si guardano i venti centesimi di differenza, non si guardano le quantità di referenze, si ordina un kg di spaghetti, le uova, la farina, due scatole di tonno anche se non è della marca preferita. Si guarda il sevizio, la possibilità di ordinare la spesa al telefono, di riceverla sul portone di casa e si dice “per fortuna abbiamo ancora un negozio vicino a casa”.
Appare evidente che nel futuro la funzione sociale del negozio di vicinato sarà sempre più importante e quindi dovrà essere sostenuta dagli amministratori locali con interventi specifici che permettano di mantenere la situazione attuale e magari promuovano l’apertura di nuovi esercizi attraverso scelte coraggiose, come l’esenzione dal pagamento delle tasse sui rifiuti e dell’IMU, l’utilizzazione come fornitori delle mense scolastiche, la creazione di iniziative che possano convincere i cittadini a sostenerli, la promozione a livello regionale e nazionale di iniziative che consentano una contabilità semplificata e una riduzione delle imposte statali.
Ma naturalmente la speranza è che tutti i consumatori che hanno usufruito dei servizi del negozio di paese durante questa emergenza continuino ad avvalersene anche dopo, anche quando tutto sarà finito. Sarà il contributo per un ringraziamento ma anche un contributo per far sì che quel negozio possa continuare ad esistere sul territorio.
Renato Ciaponi
(dal Blog Il gusto del gusto, 25 marzo 2020)