Confermato, è arrivata la primavera. E non occorre consultare il calendario. Qui nel bosco ai Castelli Romani è tutto un brulicare di vita nuova, è tutto uno sfrecciare di merli, un tubare di tortore ‒ “resisti, resisti, resisti!” ‒ e sui tappeti di violette e margherite svolazzano api e qualche farfalla, e chissà che non arrivi pure qualche rondine a risistemare il vecchio nido. Le talpe sembrano ancora dormire, mentre gli istrici sfondano recinzioni consunte, scavano e banchettano con radici e bulbi lasciando in pegno qualche aculeo. Ugo, giovane tartaruga maschio ha messo fuori la testa ma ancora si crogiola mezzo rintanato, e i gatti si contorcono nell’erba nella beatitudine dell’ora calda, incuranti di rincorrere qualche lucertolina ancora infreddolita.
Ma la primavera è altro che questo e tanto d’altro, la primavera è vita che ricomincia, è scompiglio dei sensi, è stordimento dell’animo che assiste ogni volta al mirabile ripetersi delle stagioni e perfettamente sa che, male male che vada, ad ogni primavera tutto rifiorisce, nell’esplosione di fragranze e colori. E che in questa primavera 2020 sbocci prepotente la speranza, e attecchisca e si diffonda ovunque e in chiunque, a sorreggere e moltiplicare lo sforzo comune per un nuovo approdo che ci riporti, dopo tanta allucinante oscurità, a rivedere la nuova alba che illumini ogni passo futuro. E che gli indumenti di protezione servano per rasare il prato nel profumo dell’erba nuova.
Maria Lanciotti
Banco del Mutuo Soccorso, “Canto di primavera”, 1979
(Fonte: Musixmatch)