In queste ultime settimane sembra che al mondo esista un solo problema da risolvere, quello legato al Coronavirus, argomento che pian piano è andato a monopolizzare tutti i dibattiti, condizionando la vita di tanti. È in questi momenti di difficoltà oggettiva che si misurano le persone, come sono, con tutti i punti di forza e le fragilità che appartengono alla natura umana. La paura è antica quanto il genere umano, è un istinto primitivo che ha certamente la sua utilità perché consente di avvertire i pericoli e di riuscire ad assumere comportamenti adeguati in tempi rapidi. Le risposte che dobbiamo fornire devono essere però proporzionate alla situazione che ci si presenta. Se invece questo stato d’animo “degenera” causa malessere e può far agire in maniera sconsiderata. Se poi sono tante le persone che si lasciano trasportare dall’emotività, si innescano problematiche di non facile gestione.
Vorrei citare a proposito della paura quanto disse Paolo Borsellino: “È normale che esista la paura, in ogni uomo, l'importante è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti”. Persi in questo “vortice mediatico” diverse persone, anche nella nostra provincia, invece si sono fatte sopraffare. Tra le misure cautelari sicuramente da seguire, diffuse dagli organi competenti, non mi pare ci fosse riportato che bisogna mettere in atto una corsa sfrenata all’approvvigionamento alimentare o farmacologico. Certamente anche nel nostro tessuto sociale esistono fasce più deboli, persone con patologie croniche che vanno protette e quindi necessitano di particolari attenzioni. Il resto della popolazione però agendo con un comportamento dissennato provoca solo disagi e contribuisce a diffondere il panico. Persone, magari lavoratrici, abituate a recarsi nei vari punti vendita di sera si sono trovate improvvisamente spiazzate, dovendo tornare a casa a mani vuote, dato che gli scaffali dei vari negozi erano stati completamente svuotati. In questi giorni mentre mi trovavo a fare la spesa, con il mio solito cestino, ho visto infatti intorno a me tanti carrelli strapieni e mi sono venute in mente alcune scene di una serie televisiva che hanno riproposto in televisione quando ero ragazzina, dal titolo I sopravvissuti (Survivors). Si tratta di una serie televisiva britannica del 1975 di ambientazione post apocalittica. La trama si basa su uno scenario in cui il mondo intero è stato colpito da una epidemia dovuta ad un virus altamente letale, al quale è scampato solo l'1% dell'intera popolazione.
Ma oggi ci troviamo in questa situazione? Fermiamoci un momento a riflettere prima di agire. Fra un po’ davvero non troveremo più cibo nei vari supermercati, perché il “sistema” è paralizzato. Viviamo in un “villaggio globale”, dove tutto è collegato e interdipendente. L’economia viaggia su scala mondiale, interessa la produzione, gli scambi e gli investimenti internazionali. Se non si lavora, non si produce, non si guadagna e quindi non si mangia.