Francesco Bigazzi
Guerra in Cecenia
Diario del rapimento di Mauro Galligani
Mauro Pagliai Editore, 2019, pp. 336, €16,00
Ci sono guerre che si dimenticano troppo presto, territori dove la guerra non è mai finita, altri dove ci si deve adeguare alla volontà di un vincitore, altrove esistono divisioni e lacerazioni profonde all’interno degli stessi confini.
La prima guerra cecena scoppiò nel 1994, quando le truppe russe entrarono in territorio ceceno, dopo che la Cecenia si era dichiarata indipendente a seguito della dissoluzione dell’unione Sovietica del 1991. Provocò la morte di circa 100.000 persone e si concluse nel 1996 con un accordo che prevedeva il ritiro delle truppe russe. Tuttavia il controllo dei separatisti sul territorio fu molto debole e ciò permise il ritorno virulento di capi clan discendenti di vecchi potentati, a cui si aggiunsero bande paramilitari di nazionalisti o di estremisti islamici, che crearono una situazione di anarchia. Le bande armate guadagnarono intorno a 200 milioni di dollari facendo dei rapimenti e delle razzie la loro attività principale: si parla di 1.300 rapimenti in soli tre anni. Questo mise in enorme difficoltà le autorità di Groznyi, che dichiararono lo stato di emergenza nazionale.
«Non è azzardato riconoscere», scrive il giornalista e saggista Francesco Bigazzi nella prefazione al suo diario, «che i rapimenti siano stati l’arma letale della guerra in Cecenia. Pratica odiosa che solo le menti separatiste più illuminate hanno cercato di arginare. L’immagine internazionale della neonata Repubblica Cecena di Ichkeria è stata offuscata dalla pratica del rapimento come arma politica».
In questo contesto si inserisce il rapimento di Mauro Galligani, importante fotogiornalista che con Bigazzi e la guida/interprete Andrej Mironov, ha viaggiato in terre dimenticate, o in posti “caldi” come Cernobyl o la Cecenia.
Il 23 febbraio 1997, procedendo per le strade di Groznyi, ormai ridotta a città fantasma e cumulo di macerie, la Niva su cui viaggiano viene improvvisamente sorpassata da una Ziguli bianca che sbarra loro la strada, da cui scendono con velocità estrema tre uomini con il volto coperto da calzamaglie nere armati di kalasnikov, sparano colpi in alto ed alle ruote. Dopo un tentativo strenuo di difesa dei nostri tre e dell’autista, Mauro viene scaraventato nella neve mista a fango e trascinato verso la Ziguli, spinto a forza verso i sedili posteriori prima che l’auto parta a tutto gas.
Il diario di Bigazzi inizia il 22 febbraio, giorno della commemorazione dell’anniversario della deportazione del popolo ceceno nell’Asia Orientale ordinata da Stalin nel ’44 -deportazione che per i ceceni ha acquistato il significato di genocidio- e termina con la liberazione di Galligani, domenica 13 aprile 1997. Sono stati mesi di paura e di trattative, in una situazione in cui non era scontata la fiducia negli interlocutori, né era facile individuarne le linee e gli schieramenti.
Si è fatto a lungo il nome di Adriano Sofri, già arrivato in Cecenia nel ’96 per un reportage giornalistico, occasione in cui aveva fatto amicizia con un uomo dalla personalità controversa, sospettato di avere legami con la malavita locale, Salavdi Abdurzakov. Dopo pochi mesi Sofri era stato chiamato a Groznyi per trattare la liberazione di tre volontari di una ONG.
Ma in occasione del rapimento di Galligani lui si trova in prigione, riconosciuto come mandante dell’omicidio di Luigi Calabresi e condannato a 22 anni di carcere. Si invia a Groznyi una collaboratrice della ONG insieme a Fausto Biloslavo, al posto di Sofri. Tuttavia la soluzione ora si rivela molto più complessa, sia per l’assenza di Sofri stesso, sia per la guerra dichiarata a Salavdi da influenti Comandanti sul campo.
Galligani è stato liberato ed ha avuto fortuna: del resto nel dicembre del 1999 Salavdi è arrestato con l’accusa di essere “organizzatore di rapimenti” e nello stesso tempo “intermediario per la liberazione delle persone rapite”, tra l’altro “specializzato nel rapimento e nel rilascio, dopo il pagamento del riscatto, di giornalisti stranieri e russi”.
Bigazzi completa il diario, che si chiude con la liberazione di Galligani, con una grande quantità di informazioni e documenti che fanno luce sulla storia passata e su quello che accadde due anni dopo la liberazione del fotoreporter.
I rapporti con la Russia rimanevano tesi, soprattutto per il timore che la situazione cecena provocasse un effetto domino capace di portare alla secessione altre repubbliche all’interno della federazione. In questa situazione si susseguirono sanguinosi attentati pro o contro la Cecenia insieme a incidenti sul confine russo ceceno.
I separatisti ceceni furono accusati di attentati dinamitardi a Mosca e a Volgodonsk, le autorità russe chiesero l’estradizione dei responsabili ed il giorno successivo le forze di terra russe iniziarono l’invasione della Cecenia: l’offensiva, durata due anni, via terra e nei cieli, (1999-2000) provocò un’ondata di profughi ed un numero altissimo di morti, finché il presidente Putin ottenne il controllo diretto del territorio ceceno nel maggio del 2000, ed il mese successivo prese vita un governo filo russo. Sappiamo tuttavia che i separatisti ceceni hanno continuato le loro azioni di disturbo con atti terroristici per tanti anni ancora.
Marisa Cecchetti