Un concerto di un duo insolito e di difficile classificazione? Sì, però immagino già come andrà a finire: un paio di ballads, due pezzi mossi, qualche traccia folk riverniciata, e, immancabili, le solite canzoni italiane truccate con abile cosmesi in chiave jazzistica. Tutto scontato, nulla di nuovo, finale in gloria con pubblico osannante magari su brani di De Andrè o similia.
Questo, in sintesi, mi aspettavo dal concerto di venerdì all’Auditorium S.Antonio di Morbegno. D’altronde a questo spesso mi è capitato di assistere, soprattutto quando i musicisti paiono in evidente carenza di ispirazione o hanno troppi impegni per inventarsi anche sortite in duo o trio senza avere un repertorio definito.
Invece sono stato smentito, piacevolmente smentito, clamorosamente smentito. Roy Paci e Carmine Ioanna hanno suonato per la maggior parte del tempo improvvisando su brandelli di melodie, riprese e rivoltate, destrutturate e scarnificate, ma tutte rigorosamente farina del loro sacco. Paci ha privilegiato il flicorno rispetto alla tromba, scegliendo un suono scuro e caldo che ben contrastava con le impennate e le scorribande sulla tastiera di Ioanna. Un vero talento quest’ultimo, che dal vivo conquista e convince molto più che su disco, come d’altronde è normale che sia.
Il pubblico, non numerosissimo come il concerto avrebbe meritato, ha pian piano risposta con sempre più partecipazione fino a strappare due bis con Paci visibilmente compiaciuto e incredulo che un pugno di umani abbiano preferito il suo concerto al Festival di Sanremo. Ho ascoltato finalmente un Roy Paci senza rete, al di fuori di progetti più o meno riusciti ma comunque di molto più facile lettura, come un vero trombettista jazz che accetta il rischio e si mette in gioco.
Ioanna ha riempito l’Auditorium di suoni inauditi sia in veste di accompagnatore che di improvvisatore. Leggere che attualmente sta suonando nel nuovo spettacolo del Cirque du Soleil in giro per l’America Latina è conferma della poliedricità e della caratura del musicista, doti che chiunque fosse presente venerdì sera ha ampiamente sperimentato.
Finale con Paci che canta Malarazza, composizione di autore anonimo siciliano riportata alla luce da Dario Fo e, soprattutto, da Domenico Modugno con un testo che da solo meriterebbe uno studio attento e accurato. Qui Paci imbraccia la tromba e si esibisce in un assolo scoppiettante. Il secondo bis, richiesto a gran voce, è una versione di Over the Rainbow con Ioanna al pianoforte e il flicorno di Paci in primo piano.
Grazie ad Ambria Jazz per la proposta inusuale e grazie all’amica che ha insistito per trascinarmi al concerto contro le mie prevenzioni e la mia pigrizia. Grazie infine a Marina Magri, autrice delle belle fotografie.
Roberto Dell’Ava