Per quattro settimane, tra novembre e dicembre 2019, il professore di filosofia morale e politica Alexander Ruiz Silva della Università Pedagogica Nazionale, Colombia, ha condiviso problemi e prospettive della educazione alla pace e della cittadinanza, con gli studenti, matricole e dottorandi, del Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi Roma Tre. Nel linguaggio accademico si è trattato di un Progetto di visiting in entrata, promosso nell’ambito della internazionalizzazione dei sistemi di istruzione superiore. Un obiettivo di grande rilevanza se lo scambio avviene in e da Paesi considerati ad alta vulnerabilità per le condizioni sociali ed economiche che attraversano, per il rischio del naufragio della sostenibilità ambientale, pensiamo all’Amazzonia, per la persistenza della riproduzione delle baraccopoli, per la guerra invincibile e per l’elevato numero delle esecuzioni extragiudiziali. Nella società colombiana, la violenza e la morte su larga scala fanno parte della vita quotidiana, sono elementi strutturali del paesaggio fisico, sociale, storico e culturale (Cfr. in Sicurezza Internazionale, 03/01/2020). Secondo le statistiche del Registro Único de Víctima (2018), negli ultimi cinquanta anni la guerra ha prodotto 8.650.000 vittime, circa un milione di omicidi e 170 sparizioni forzate.
La cittadinanza è una condizione politica che consente di partecipare alla definizione del proprio destino, come dire qualcosa che è accettato o/e esercitato. Accettare passivamente la cittadinanza significa essere consapevoli del fatto che facciamo parte di un ordine sociale governato da regole di convivenza che proteggono e con cui ci identifichiamo. Accettando la cittadinanza diventiamo parte di una idea di città socialmente e storicamente articolata. L’accettazione della cittadinanza implica una comprensione condivisa di costumi, valori, tradizioni, forme di interazione e scambio simbolico del luogo in cui abitiamo. Su questo concetto, si fonda la civiltà. Essere titolari di diritti, vivere in un regime che si dichiara democratico, rispettare in generale le regole e le leggi della Costituzione nazionale, essere maggiorenni e votare alle elezioni, sono condizioni formali di accettazione della cittadinanza, ma non ne garantiscono l’esercizio attivo. Essere un cittadino attivo, d’altra parte, significa esercitare la responsabilità politica, cioè partecipare a progetti collettivi nella speranza di raggiungere un ordine sociale equo ed inclusivo.
Si riconoscono due modi complementari di esercitare la cittadinanza: uno difensivo e uno proattivo. La cittadinanza è esercitata in modo difensivo, ad esempio, quando partecipiamo pacificamente alla rivendicazione o alla richiesta dei nostri diritti davanti a istanze legalmente costituite. La cittadinanza è esercitata in modo proattivo quando decidiamo di partecipare attivamente alle azioni di riforma politica o normativa per eliminare le ingiustizie e estendere le condizioni dell’uguaglianza sociale. I modi difensivi e proattivi di esercitare la cittadinanza spesso s’intersecano fino a diventare indistinguibili. È questo il caso di alcune azioni di difesa pubblica dei diritti umani fondamentali, come alla casa, al lavoro, all’istruzione, che diventano segnali che rappresentano la meta del benessere comune. La richiesta di un giovane davanti ad un giudice della Repubblica affinché lo Stato protegga il suo diritto all’istruzione, contro la decisione delle direttive della sua scuola di espellerlo ingiustamente, è un buon esempio di difesa e di azione proattiva nell’esercizio della cittadinanza a scuola. È di difesa perché rivendica la protezione di un diritto tutelato dalla Costituzione, ed è proattivo perché produce un messaggio per le istituzioni e per la società inteso a far decidere e ad agire in conformità alle norme costituzionali.
Esercitare la cittadinanza a scuola significa che studenti, genitori, dirigenti, insegnanti e lavoratori, partecipano attivamente alla ordinamento della vita sociale nel contesto scolastico, rispettando l’ordine legale e regolamentare che protegge e guida le interazioni. Pensiamo ai diritti umani, alla Costituzione nazionale, ma anche al manuale di coesistenza e alle norme che sono costruite a scuola e in classe. Meccanismi e procedure sono funzionali alla difesa e alla promozione dei diversi quadri normativi vigenti. Pensiamo ai meccanismi che tutelano costituzionalmente tutti i cittadini e alle procedure per la mediazione e la risoluzione dei conflitti. L’esercizio della cittadinanza e la partecipazione alle iniziative di pace richiedono una scuola impegnata alla formazione politica degli studenti distinta in due livelli di sviluppo pedagogico della cittadinanza: l’educazione civica e l’educazione politica alla cittadinanza.
L’educazione civica consiste principalmente nell’apprendimento della struttura e del funzionamento delle istituzioni e delle procedure della vita politica per l’adempimento dei patti sociali. Non si tratta semplicemente di buone maniere o di istruzione, si richiede un impegno nei confronti della non discriminazione ed un autentico rispetto delle differenze. L’educazione partecipativa dei cittadini incoraggia la riflessione intenzionale su scopi e limiti della sfera politica, contempla lo sviluppo della capacità deliberativa e la preparazione per una partecipazione responsabile ai processi sociali e politici. Se una persona, o gruppi di persone, non possono partecipare alle critiche delle istituzioni sociali, compresa la scuola, e al loro miglioramento, non è possibile parlare adeguatamente dell’educazione alla cittadinanza. La cittadinanza, in senso legale, implica che la persona umana sia portatrice di diritti, mentre in senso politico significa pratica attiva. L’educazione dei cittadini ha bisogno di entrambe le dimensioni, ma è soprattutto la formazione alla partecipazione attiva che costruisce un sistema sociale di pace. La scuola che educa alla pace rinforza la democrazia della società civile, crea le condizioni per un ordine sociale giusto e inclusivo, legittima lo Stato. Lo studio e la discussione sulle complesse relazioni che governano la triade scuola-società-stato mettono in discussione il ruolo della guerra nelle società con democrazie deboli, come la Colombia, e permettono una lettura critica del modello di crescita economica, capitalista e globalizzata su cui si fonda la divisione del Pianeta tra ricchi e poveri.
La prima grande manifestazione nazionale della Colombia e la narrazione del caso della baraccopoli della città di Medellín sono fatti emblematici di cittadinanza attiva. Per una settimana, a partire dal 21 dicembre 2019, tutte le categorie sociali della Colombia sono scese pacificamente in piazza chiedendo al governo, rispetto e sicurezza per i leader sociali, impegno per l’accordo di pace con i guerriglieri delle FARC e misure urgenti, per ridurre gli effetti della disuguaglianza sociale che ha generato l’applicazione della forma peggiore di neoliberismo conosciuta nel Paese. Durante lo sciopero è morto il diciottenne Dilan Cruz, al quale l’Università Pedagogica Nazionale aveva subito offerto un accesso gratuito agli studi (Cfr. in Lifgate, 26/11/2019), poi passato al fratello minore. I giovani conosciuti nella narrazione accademica, abitanti nelle aree marginali della città di Medellín, identificati come criminali di fatto o potenziali, promuovono nuove forme di solidarietà, pace, cittadinanza. Si tratta di un riscatto mondiale rinvenibile nelle comunas o baraccopoli di Medellín, e forse anche nelle favelas del Brasile, nelle villas miseria dell’Argentina, nelle precarie colonie del Messico, nei callampas del Cile, negli smulldogs dell’India o in qualsiasi altro sobborgo marginale del pianeta. Con azioni etiche e politiche di solidarietà, i giovani dei bassifondi, affrontano il dolore e la sofferenza usando il corpo: musica, audiovisivi, danza, graffiti, ecologia (Cfr. su YouToube: Teleantioquia e Rapza. Sono loro che incontrano l’altro, ora attratto e contagiato. Generano esperienze e sensazioni estetiche, affetto condiviso e amore per la vita.
Il monito è giunto. A noi non resta che imparare, ancora una volta, una lezione che ci viene dagli ultimi, diventati primi nell’immaginare una cittadinanza sconfinata.
Sandra Chistolini e Alexander Ruiz Silva
Approfondimenti: S. Chistolini e A. Ruiz Silva, “Intervista sulla educazione alla cittadinanza in Colombia/Sobre la educación ciudadana en Colombia”, in Il Nodo. Per una pedagogia della persona”, anno XXII, n. 48, Nuova Serie, dicembre, pp. 35-43.