Un luogo comune, anche cinematografico, vuole che chi si rivolta contro uno stato di cose ingiusto, sia per ciò stesso un puro, un eroe perfettamente giusto.
Ma a una riflessione appena un po' attenta ci si rende conto che tale cliché è poco verosimile. E non soltanto perché in ogni uomo convivono aspetti positivi e negativi; ma anche perché chi ha a lungo sopportato delle ingiustizie, chi magari è cresciuto, è stato educato in un ambiente che ha conculcato i suoi diritti, ne sarà stato quasi fatalmente intaccato, incattivito, esasperato tanto da perdere il proprio equilibrio.
Ora, uno dei meriti del film della regista macedone Teona Strugar Mitevska – il film si intitola: Dio è donna e si chiama Petrunya - è di lasciare almeno intravedere i residui torbidi, i detriti, che una rivolta anche giusta può trascinare con sé.
La protagonista della vicenda è una giovane donna che abita in un paese della Macedonia, la quale, laureata in Storia, superata la soglia dei trent'anni, è ancora disoccupata. Poltrisce nella casa dei genitori perché, in quel paese, a cercare un lavoro adeguato ai suoi studi, ha ormai rinunciato. Inoltre non ha nemmeno un ragazzo, perché è un po' grassa, e perché la cultura religiosa dei suoi genitori, fedeli alla Chiesa Ortodossa, ha inibito la sua sessualità.
Si riscuote dal suo torpore, quando la madre la spedisce quasi a forza al colloquio di lavoro con il dirigente di una fabbrica: con la raccomandazione che dovrà dichiararsi più giovane, mostrarsi il più possibile graziosa e accondiscendente, cercare insomma di piacergli in tutti i sensi, per ottenere un lavoro di segretaria. Ma la sua scarsa avvenenza la esporrà a un'ennesima umiliazione.
Come si vede, Petrunya avrebbe più di una ragione per ribellarsi: la disoccupazione intellettuale; la repressione religiosa; il machilismo ancora imperante.
Ma per un individuo solitario come lei, che non sa o non vuole aggregarsi ad altri individui ugualmente frustrati, la ribellione non può che esprimersi attraverso un gesto soltanto simbolico, che nel suo caso però avrà successo, perché scuoterà tutta una comunità.
Nel corso di una cerimonia religiosa, nella quale un sacerdote della Chiesa ortodossa lancia dall'alto di un ponte una croce, mentre una schiera di giovani atleti, tutti maschi, è pronta a raccoglierla (perché si dice che chi la conquisterà godrà di un anno di prosperità), Petrunya quasi per un caso riesce a impadronirsi di quella croce: anche se, secondo la tradizione, dovrebbe essere raccolta da un uomo.
Questo spunto, che è soltanto la premessa del racconto, consente all'autrice del film, di sondare la mentalità degli abitanti del paese: alcuni noncuranti, perché la Macedonia ha problemi più gravi, come, viene detto, i criminali al potere; altri invece scandalizzati fino al fanatismo, disposti anche al linciaggio contro una donna che ha violato le regole della religione. E se nel commissariato ci sono poliziotti che usano il buonsenso – quello che a loro appare tale – e cercano di far ragionare Petrunya, per indurla a restituire la croce, altri invece non le risparmiano le più truci minacce. E comunque la trattengono in quel commissariato, anche se il fatto di detenere la croce non costituisce un reato.
Tutte le figure che circondano Petrunya sono costruite secondo un registro satirico, perché danno corpo per la maggior parte a una mentalità retrograda, e sono stereotipi, figure a una dimensione.
Più complesso è il personaggio di Petrunya, che conosce un percorso evolutivo. L'atto di appropriarsi della croce, compiuto quasi per un automatismo, libera la sua aggressività, tanto che prende a calci la madre; l'odio per la religione, tanto che a momenti maltratta quella croce, la spinge a piedi nudi sotto una sedia; ma alla fine la riappacifica con se stessa, la fa sfogare e poi la calma. E se non troverà un lavoro, forse, finalmente, troverà l'amore.
Il film, ispirato a un caso realmente accaduto, è stato presentato con successo al Festival di Berlino e ha ricevuto il Premio Lux del Parlamento Europeo.
Interessante.
Gianfranco Cercone
(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 14 dicembre 2019
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