Non è la prima questa raccolta di poesie, Il fardello del tempo, di Giuseppe Ciri, che è stato insegnante e Preside di Liceo ed ha già pubblicato prosa e numerosi scritti di carattere filosofico e pedagogico.
È un passo più lento ma costante quello che avanza, qualche volta richiede una sosta, non ha più la celerità della giovinezza, ma intanto l’occhio si posa intorno dovunque e scopre le piccole meraviglie che la Natura ci dà, e sente la vita minuscola che brulica nell’erba, tra le siepi, tra i rami, la respira e la vive, ed è la scoperta di mondi, tanti e preziosi. È solo, il passo che avanza, -alla maniera di Petrarca- ma non in fuga per pene d’amore, bensì dal rumore della folla dove ci si può sentire smarriti, alla ricerca di silenzio per il pensiero e per l’anima. L’ombra e le luci dell’alba, o quelle dei tramonti che scolpiscono le vette nere dei monti sul cielo – quando ormai dormono come nel verso di Alcmane – sono preferite alla luce piena del giorno ed alle ore dell’afa che spossa e induce all’inedia.
L’eco dei lirici greci e di Orazio gli è nell’orecchio e nel sangue, i rimandi ai poeti italiani compaiono nel mezzo di un verso o di una poesia – Petrarca, Foscolo, Carducci, Ungaretti, Saba – come preziosamente incastonati in un linguaggio personale, musicale, controllato.
Fresche sono le immagini che recuperano i ricordi, sempre presenti e cari, che riportano a quell’età luminosa della leggerezza e degli amori. Appaiono velate da una nostalgia lieve che accompagna la consapevolezza del tempo che scorre, che sembra più veloce perché l’arco è più corto, ed anche il fantasticare viaggi lontani rimane solo a livello di desiderio.
Il fardello del tempo è tale perché è tanto quello attraversato e lasciato alle spalle, non suggerisce la qualità di ciò che è trascorso, -è un privilegio comunque avere a lungo vissuto ed amato-. Tra domande senza risposta finisce tuttavia per comparire la fiducia nell’abbandono a quell’oltre sconosciuto che verrà.
Rimangono a consolare, di fronte al pensiero del tempo che ruba la vita – pensiero che frequente ritorna – quelle immagini lievi di fiori e di tutte le creature che vivono nell’erba, nelle siepi, tra le foglie; le voci e i richiami della Natura ed i profumi. Con l’attenzione e lo stupore per tutto ciò che è fragile, umile, vitale e bellissimo. Come sanno fare i poeti.
È da questi tanti mondi scoperti nel mondo che emana la bellezza, quella che continuerà sempre a dare forza alla vita, se la sappiamo riconoscere.
Marisa Cecchetti
Giuseppe Ciri, Il fardello del tempo. Poesie
Marco del Bucchia Editore, 2019, pp. 156, € 16,00