Il ministro della Salute Livia Turco ha ricordato oggi in commissione Affari sociali che «In Italia, a causa delle norme in vigore, l'uso medico della cannabis, e le ricerche scientifiche sugli effetti terapeutici dei suoi principi attivi, registrano un ritardo rispetto al panorama internazionale». L'attuale legge Fini-Giovanardi ha aggravato la situazione, levando la cannabis dalla tabella delle sostanze che possono essere importate come farmaci. È evidente che la criminalizzazione di una sostanza per i suoi possibili usi ludici ha di fatto creato l'impossibilità per il suo uso terapeutico. Situazione ancora più paradossale per l'Italia, che è il Paese tra gli ultimi per le terapie del dolore.
Per avviare la ricerca scientifica su questa pianta e permettere ai malati di farne uso senza attendere il lungo e difficile procedimento burocratico denunciato dal ministro, una soluzione rapida ed efficace ci sarebbe: legalizzare l'autocoltivazione e la vendita di cannabis naturale per uso medico, come prevede la proposta di legge che ho presentato con altri colleghi, e redatta in collaborazione con l'Aduc (Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori).
La proibizione della cannabis, infatti, vale per tutti i cittadini, incluso chi è gravemente malato e che spesso soffre in maniera insopportabile. Eppure sono numerosi gli studi e le sperimentazioni cliniche -come ricorda lo stesso ministro Turco- che dimostrano alcune importanti proprietà terapeutiche della cannabis. Fra queste vi è l'efficace azione contro il dolore -in particolar modo quello neuropatico-, la nausea, il glaucoma, i disordini neuromotori. Inoltre la cannabis stimola l'appetito, specialmente nei pazienti affetti da Hiv, Aids, e demenza. Secondo studi recenti, la cannabis ha proprietà inibitorie per alcuni tipi di tumori.
Vi è poi una notevole differenza tra l'utilizzo della cannabis in forma naturale e nei farmaci derivati dai suoi estratti. Secondo sperimentazioni cliniche e le testimonianze di pazienti, in questi farmaci c'è il problema del metodo di somministrazione, non in grado di dare all'organismo la quantità sufficiente di cannabinoidi per alleviare efficacemente il dolore. Contrariamente al consumo di cannabis in forma naturale, ad esempio, la cannabis in pillole (Marinol) impiega da 1 a 4 ore per fare effetto. Inoltre, contrariamente alla coltivazione e all'acquisto di cannabis utilizzabile in forma naturale, la forma sintetica è costosissima per l'utente e per il sistema sanitario, ad esclusivo beneficio delle case farmaceutiche che la producono.
La mia proposta di legge prevede che persone affette da alcune gravi patologie, possano accedere sia alla cannabis in forma naturale che ai farmaci derivati da estratti di cannabis, sempre e comunque sotto controllo medico e previa autorizzazione dell'azienda sanitaria locale.
La proposta vuole inoltre stimolare la ricerca e la sperimentazione clinica di questa sostanza, dando la possibilità al ministero della Salute, ai centri di ricerca autorizzati e alle università di accedere a questa sostanza con norme precise e codificate, e non con deroghe particolari.
In attesa che il Governo faccia sua la mia proposta di legge, mi unisco all'appello del ministro perché il Senato approvi rapidamente il Ddl del Governo per l'introduzione dell'uso terapeutico dei derivati sintetici della cannabis.
Donatella Poretti