Ad ognuno la sua storia!
Alcuni casi limite, che hanno riempito le pagine dei giornali e che hanno messo in ballo le coscienze dei cittadini, a mio avviso, non avrebbero dovuto avere tale risonanza. Il caso Englaro o quello di DJ Fabo, sono stati dati in pasto a tutti, sia coloro che non avevano rapporti affettivi con il singolo paziente, che quelli che godevano, in quel momento, di ottima salute, che improvvisamente avevano la sensazione che, eventuali nuove norme, non avrebbero più garantito il supporto nutrizionale o l’ossigenoterapia, nel momento del bisogno. Ricorda molto la sensazione che anch’io vivo ancora, nel ricordo di racconti infantili scolastici, molto mal presentati dalla Maestra del tempo, come quelli di Rea Silvia seppellita viva, senza possibilità di respirare. Rea Silvia venne stuprata dallo zio Amulio, fratello minore del marito Numitore di cui usurpò il trono, uccise i figli maschi e costrinse la figlia femmina Rea Silvia, a diventare una Vestale. Quando lo zio seppe della nascita dei due gemelli di Rea Silvia (Romolo e Remo), la fece uccidere, facendola seppellire viva. Altra storia che si ripete!
Gli addetti ai lavori, magistrati, legislatori e medici, non hanno mai minimamente pensato di sospendere i presidi sanitari minimi. È il terrore di non ricevere l’assistenza dovuta, che genera la paura. Ben altra cosa sarebbe se altro tipo di informazione propositiva fosse divulgata: che esistono sistemi pubblici assistenziali, di grandissima efficienza che si occupano non solo di garantire le opportune terapie, comprese le funzioni vitali dei pazienti, ma anche i bisogni dell’intero nucleo familiare, compresa il supporto psicologico; oppure, che gli assessorati regionali della famiglia hanno in corso progetti per la realizzazione di percorsi per la formazione di assistenti familiari, per migliorare l’assistenza ai pazienti.
Anche la posizione dei ministri della chiesa non è univoca. Da una parte, Don Maurizio Patriciello, parroco ai funerali di Nadia Toffa, ha dichiarato: “Ha sofferto le pene dell’inferno, ma mai ha pensato di arrendersi e di chiedere l’eutanasia”, dichiarandolo, come se questo fosse un merito. Ma ogni persona ha una sua storia e questo è ciò che sintetizza il pensiero di Don Vitaliano, parroco di Mercogliano, definito in passato come “prete-contro, ma certo non contro il Vangelo, come Lui Stesso aggiunge”, che dice: “L’argomento in questione è sicuramente delicato, per questo motivo va affrontato con cautela e senza superficialità. Solo con il dialogo, si arriva a soluzioni che non siano manichee, cioè quelle soluzioni che non riducano tutto a buoni da un lato e cattivi dall’altro. Quando la Chiesa affronta questo tipo di battaglie senza stare con la gente, puntualmente le perde. Ce lo insegna l’aborto, la legge sul divorzio e la legge 40, quella sulla procreazione medicalmente assistita. Con i giudizi affrettati si taglia il mondo in due, giusti e sbagliati, per evitarlo bisognerebbe analizzare ogni caso specifico, interpellando il malato, i medici e i parenti. Il diritto alla vita deve essere il punto di partenza, ma deve esserci una legge da applicare con buonsenso, declinata sulla storia di ogni singola persona. Solo così rimaniamo rispettosi delle decisioni individuali di Nadia Toffa da una parte, e dall’altra, quelle di Eluana Englaro e Fabiano Antoniani, e sempre riconoscenti dell’impegno di Luca Coscioni, di cui José Saramago, premio Nobel per la letteratura, scrisse: “Attendevamo da molto tempo che si facesse giorno, eravamo sfiancati dall'attesa, ma ad un tratto il coraggio di un uomo reso muto da una malattia terribile ci ha restituito una nuova forza. Grazie per questo”.
Linda Pasta