Tra gli speroni rocciosi dei monti “Stella” e “Consolino” è incastonato Pazzano, un paese con case accatastate, stretti vicoli detti “magnani” e ripide scale esterne. Con i suoi 529 abitanti è il paese più piccolo della Vallata dello Stilaro, «(...) questo è Pazzano: paese di pietra e paese di ferro. Sta nell'aria e si respira il ferro: sgorga e si rovescia dalla bocca delle miniere, rossastro, sottilissimo, dilagante in flutti di polvere» (Matilde Serao, agosto 1883). Giuseppe Coniglio nella poesia “Pazzanu” dice: «Pazzanu è ncassaratu nta ddu timpi / a menza costa tra a muntagna e u mari / duva na vota nc'eranu i minieri i carcaruoti e l'armacatari...». Nel periodo borbonico, Pazzano fu importante per essere il principale centro minerario di estrazione del ferro di tutto il Mezzogiorno. Le vallate dello Stilaro e dell’Allaro, avvolte da ripide montagne, coperte da boschi impenetrabili, ricche di sorgenti e di grotte, costituirono il rifugio più adeguato per gli asceti. A partire dal settimo secolo, si popolarono di eremi, laure e cenobi, divenendo la culla della cultura bizantina in Calabria.
Nel territorio di Pazzano, a 650 m di altezza, sul versante orientale del monte Cocumella, oggi monte Stella, un luogo aspro e selvaggio, le cui rocce sono costituite da calcari del Giurassico, si apre una grotta naturale al cui interno si trova la “Madonna della Stella”, una statua di marmo bianco del 1562 di probabile fattura gaginesca. È questo il tesoro di Pazzano: il Monastero di Monte Stella. La discesa, per accedervi, lungo i 62 scalini scavati nella pietra, è una descensio ad inferos, un’immersione nelle viscere della terra, attraverso u rimitiedu, un anfratto lungo e stretto, privo di luce, dove regna una persistente penombra.
Sin dall'inizio alla statua furono attribuiti poteri taumaturgici. All’interno della grotta, oltre alla statua di Santa Maria della Stella, si possono osservare sulle pareti frammenti di antichi affreschi bizantini: la Trinità, l’arcangelo Michele, l’adorazione dei pastori, la Pietà; di particolare interesse è il frammento di un affresco di arte bizantina (IX-XI sec.) raffigurante Santa Maria Egiziaca che riceve l'eucarestia dal monaco Zosimo. Si ritiene che sia il più antico affresco bizantino dell’Italia meridionale e può essere considerato come indizio di una possibile esperienza di eremitismo femminile. Un poeta anonimo dell'Ottocento, citato in Mario Squillace, L'Eremo di S. Maria della Stella, così dice: «Saldo t'innanzi e come sempre care / mi sono le tue falde e le tue cime / non ti posso mirare senza sognare / non ti posso mirar senza far rime». E un canto popolare, citato in Giovanni Musolino, Santi eremiti italogreci: grotte e chiese rupestri in Calabria così recita: «Accui nci cerca grazzia nci nda duna / cu avi u cori offisu nci lu sana / E io, Madonna mia nda ciercu una / nchianati ‘n paradisu st’arma sana».
Da eremo della Chiesa bizantina diventò col passare degli anni santuario della Chiesa cattolica; le vecchie icone bizantine furono abbandonate, e non sono state mai più ritrovate. Vari miti e leggende sono sorti intorno alla statua della Madonna come quello che racconta che un tempo il monte fosse un vulcano, che in esso vivesse il diavolo, successivamente scacciato dalla Madonna. Giuseppe Coniglio, conosciuto come “U poeta” (Pazzano, 1922 - Catanzaro, 2006), autore di diverse opere in dialetto pazzanito ha scritto di Pazzano. Nel 1973 ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie Calabria contadina, nel 1984 la seconda Quattru chjacchjari e dui arrisi, e l’ultima nel 1996 A terra mia in cui è compresa la poesia “A stida”: «Lu forestieru ca Pazzanu pungia / e guarda all'intrasattu supa u munti / vida na Cruci chi nci vena nfrunti, / para co cielu cu da terra jungia. / E sempa dà i vrazza spalancati / cuomu c'abbrazza ntuornu nzo chi vida / de virdi munti a di tierri bruscjati: / chida esta a Santa Cruci della Stida… E dà, nta fundità della caverna / regna la paci santa e l'armonia: / a du luci tremanti e na lanterna / vigila e prega a Vergini Maria!». E ancora Luigi Consolo: «sopra il monte scese rilucente / l'astro di fiamma nella notte chiara / di un immortale tremito di stelle. / Quando tra i cerri e i frassini del monte / la solitaria porpora del sole / tinse le rocce pendule dell'antro, / s'effuse un inno di commosso amore / che lungo i freschi rivolti correnti / discese a valle, dilagò da monte / a monte, diventò battito insonne / da mare amre: sul dolore umano / ora la dolce Vergine Maria / nella quiete del profondo speco / le bianchi mani alla preghiera giunge / soavemente: e l'odono i mortali, / curvi nell'ombra della fosca sera».
Il 15 agosto di ogni anno si effettua un pellegrinaggio alla grotta santuario della Madonna della stella. La festa celebra l'Assunzione della Madonna che ricorda la Dormitio Virginis bizantina. Scoprire la Locride, terra antichissima di suoni, di profumi e di miti è un’esperienza che non si dimentica tra mille emozioni. Passo dopo passo, tra suggestioni e scoperte se ne apprezza l’origine millenaria che si perde in un tempo infinito ma viva e presente con il suo carico di bellezza ancestrale. Viaggiando, si ritorna sulle orme della storia dove ognuno può leggere in ogni roccia un passato che commuove, che pone interrogativi e che diventa a ogni passo una meravigliosa scoperta.
Anna Lanzetta