Si è inaugurata a Siena, fino al 30 settembre, presso il complesso museale Santa Maria della Scala, una grande mostra del maestro Nabuyoshi Araki (Tokyo, 1940). L’esposizione organizzata da Santa Maria della Scala con il sostegno di Opera-Civita, è curata da Filippo Maggia che ha selezionato opere appartenenti a oltre venti serie prodotte dal fotografo giapponese dai primi anni sessanta ad oggi (catalogo Skira).
Araki ha voluto celebrare gli oltre 50 anni di attività (è del 1965 la sua prima mostra) con una selezione di 2.200 opere che ripercorre la sua lunga carriera artistica offrendo un panorama pressoché completo sulla sua sterminata produzione, assai complessa e articolata, ben oltre le immagini di bondage che l’hanno reso celebre in tutto il mondo.
Molte serie – Satchin and his brother Mabo, Sentimental night in Kyoto, August, Tokyo Autumn e altre ancora – vengono presentate per la prima volta in Italia, alcune sono inedite in Europa – come Anniversary of Hokusai’s Death e Gloves – e la raccolta Araki’s Paradise – fotografie che Araki scatta utilizzando la sua casa come palcoscenico – è stata appositamente realizzata per Siena: un Araki dunque originale, riflessivo e emozionante che sembra voler riassumere in questa mostra la sua intera vicenda artistica e umana.
Lungo il percorso espositivo troviamo il racconto dedicato a Satchin and his brother Mabo, due ragazzini vicini a casa di Araki, immagini degli anni sessanta; Subway of Love, fotografie scattate nella metropolitana di Tokyo a cavallo degli anni settanta; ritratti classici di eleganti donne e uomini giapponesi e le composizioni intitolate Araki’s Lovers degli anni ottanta e novanta; una raffinata selezione di bondage; le immagini appartenenti a Tokyo Diary del decennio 2000-2010, diario fotografico che Akari aggiorna quotidianamente dal 1980, e la cronaca del 2017 intitolata Anniversary of Hokusai’s Death, in onore del grande pittore e incisore giapponese Katsushika Hokusai.
Accanto al toccante Sentimental Journey in versione completa (il racconto del viaggio di nozze con la moglie Yoko in 108 fotografie in bianco e nero), viene proposta per la prima volta in Italia l’altrettanto emozionante lavoro intitolato Sentimental night in Kyoto; e poi ancora l’Amant d’Aoũt, dedicata alla modella Komari; le fotografie realizzate in occasione dei 60 anni dalla fine della guerra, The 60th year after the End of the War, e una vetrina di dittici dalla serie Tokyo Nude, architetture simboliche della capitale giapponese accostate a nudi femminili.
Oltre alle Polaroid organizzate in tavoli, scatti che narrano del quotidiano vivere dell’artista a Tokyo, compaiono altre due recenti serie dedicate alla sua città natale: Tokyo Summer Story e Tokyo Autumn, brillante e luminosa la prima – come lo è la calda estate della capitale giapponese, melanconica e intima la seconda, velata di luce crepuscolare.
Con le composizioni floreali, a celebrare la bellezza e la caducità della vita, viene presentata anche la serie Balcony of love, fotografie organizzate sulla terrazza di casa animate dalla presenza del gatto Ciro, insostituibile compagno del fotografo giapponese.
“Sentimental Jurney è un simbolo del mio amore… l’amore è stato il punto di partenza della mia attività di fotografo…” scrive Akari nell’introduzione al volume Sentimental Jurney, una dichiarazione d’intenti più che una confessione: la ragione prima, piena e ultima del suo essere fotografo e della sua pratica fotografica, perché in Araki questi due aspetti sono indissolubili e fanno del fotografo giapponese un artista unico nel panorama internazionale, una figura al limite dell’anacronistico che vive di luce propria in un sistema, quello dell’arte contemporanea, che sempre più assomiglia a un qualsiasi business.
L’amore è per Araki una passione incontestabile e irrefrenabile che la fotografia rende visibile, nel suo caso potremmo addirittura dire tangibile, tanto sono vive a pulsanti le sue immagini, siano esse ritratti di donne, di uomini, composizioni floreali, ambientazioni, racconti oppure vedute urbane di Tokyo o di altre metropoli asiatiche.
Amore per la vita e celebrazione della bellezza, vissuti, anzi, consumati ogni volta come se fosse l’ultima, perché lo stupore che la vita offre quotidianamente all’artista rende possibile l’avventura, la scoperta. Magia che Araki trasforma in opere con la consapevolezza della caducità di ciò che il suo occhio registra, avvertendo la responsabilità di restituire grazia e armonia nel mondo più autentico possibile. Il momento è irripetibile, unico.
Nell’attimo stesso in cui la bellezza raggiunge il suo culmine, già si avverte l’inizio del deperimento. La potenza delle fotografie di Araki si percepisce proprio nella forza che le sue immagini emanano, condensato della sofferenza e della gioiosità che l’artista giapponese incarna ogni volta che lavora, trasformando il set in un palcoscenico ove esistono unicamente lui e il soggetto ritratto, quest’ultimo travolto in un vortice creativo del quale Araki medesimo sembra a volte perdere i riferimenti.
Al di là di ciò che rappresentano, di quanto mostrano, le fotografie di Araki sono un distillato di energia, e solo negli ultimi anni paiono velate di melanconia, come se all’entusiasmo per una nuova esperienza che l’artista ogni volta si propone di affrontare il tempo passato provasse a sovrapporsi, come succede a chi ha visto e vissuto tanto e, soprattutto, molto ha donato agli altri.
Maria Paola Forlani