Il territorio della Locride è costellato da paesi arroccati sui monti, spesso costruiti da profughi per sfuggire alle incursioni turche, con case poste l’una sull’altra tra viuzze e sottopassaggi, detti gafi, come quelli di Grotteria. Tra questi è Stilo, una delle località più interessanti per storia e arte che vanti la Calabria. La città di Tommaso Campanella e di quel gioiello d’arte bizantina, che è la Cattolica, capolavoro della Calabria meridionale: «Finalmente, alle nove del mattino, entrammo in una delle città più straordinarie d’Italia, protetta da nord a sud, baciata dal riverbero dei raggi del sole, circondata da tutti i lati da masse di rocce nude, appollaiata all’altezza dei nidi delle aquile, inesauribile miniera di ricchezza e di ricordi…». Così scriveva di Stilo il 27 giugno del 1812 lo scrittore francese Astolphe de Custine nel corso del suo viaggio in Calabria. La Cattolica, tesoro di Stilo, è divisa all’interno in nove spazi uguali da quattro colonne, lo spazio quadrato centrale e quelli angolari sono coperti da cupole su dei cilindri di diametro uguale, la cupola mediana è leggermente più alta ed ha un diametro maggiore. La costruzione è a croce greca inserita in una base quadrata, con tre absidi rivolte a oriente (quella centrale, il bema, conteneva l'altare vero e proprio, quella a nord, il prothesis, accoglieva il rito preparatorio del pane e del vino, quella a sud, il diakonikon custodiva gli arredi sacri e serviva per la vestizione dei sacerdoti prima della liturgia) e sovrastata da 5 cupolette cilindriche (tipo di costruzione frequente in Georgia, Anatolia e Peloponneso). Sopra l'abside di sinistra è posta una campana (di manifattura locale) del 1577, risalente all'epoca in cui la chiesa fu convertita al rito latino, che raffigura a rilievo una Madonna con Bambino e, limitata da croci, un'iscrizione: «Verbum Caro Factum Est Anno Domini MCLXXVII Mater Misericordiæ». La Cattolica fu adibita probabilmente anche a oratorio musulmano dato che vi si trovano alcune iscrizioni in lingua araba che lodano Dio: una corrisponde alla shahada, ovvero alla professione di fede: «La Ila ha Illa Alla h wahdahu ovvero: “Non c'è Dio all'infuori di Dio solo”, che presumibilmente vuol dire: “Non vi è Dio all'infuori del Dio unico”», mentre un'altra recita: «Lilla hi al Hamdu, ovvero: “A Dio la lode”».
Marcello Serra, poeta e scrittore, ricorda in un suo volume il valore simbolico della costruzione: «Questo tempio bizantino continua a trasmetterci il messaggio di quella seconda stagione in cui la Calabria accolse nuovamente i Greci, non più guidati dall’oracolo di Delfo, né sostenuti da una volontà di conquista e di potenza, ma dalla fede ascetica degli eremiti e dei monaci basiliani, che avrebbero lasciato con la loro presenza ed il loro esempio una durevole tradizione spirituale in questo popolo assetato di Dio e di giustizia» (Sud Italia chiama Europa, p. 289).
Bastano queste espressioni per capire la bellezza e la portata storica di questo tempietto che, abbarbicato al monte Consolino, domina dall’alto l’abitato di Stilo.
La Cattolica fu costruita nella terra santa del Basilianismo e del Bizantinismo.
Durante il VII secolo, a causa dei continui attacchi arabi, e per sfuggire alle persecuzioni messe in atto a seguito dell’editto del 726 dall’imperatore bizantino Leone III Isaurico, con il quale si ordinava la distruzione delle immagini sacre e delle icone in tutte le province dell'Impero, i monaci della Cappadocia, in particolare, emigrarono, e seguendo la rotta dei Bizantini diretti in Italia, giunsero, attraverso il canale di Otranto, sulle coste pugliesi, lucane e calabresi e trovarono rifugio nelle foreste e sulle pendici delle colline, nelle grotte, che divennero luoghi di preghiera.
Fiorirono laure, eremi, cenobi e monasteri, riccamente istoriati, che come ha precisato Emilio Barillaro, …saranno altrettante fucine di studio e di sapere, e fecondi focolari d’arte, popolati di amanuensi, calligrafi e miniatori, i quali genereranno i primi germi del risveglio artistico, facendo della Calabria la legittima depositaria della tradizione classica in Occidente, l’intermediaria tra il mondo ellenico e la fervida età in cui gli umanisti avrebbero riscoperto e restaurato quella civiltà classica che dalle rive dell’Ilisso si era irradiata a quelle del Tevere. (Terra di Calabria, Annuario di vita regionale, Vol. V, 1968, Pellegrini, Cosenza, p. 30).
I monaci si fecero promotori di iniziative sociali e culturali notevoli, come le attività agricole e l’insegnamento delle arti calligrafiche (famosi sono i codici manoscritti realizzati negli scriptoria dei monasteri calabresi), musicali e pittoriche (Rocco A. Gioffrè – Emilio Roccabruna).
Dalle mani dei monaci, fervidi di fede, scrive uno studioso, sbocceranno le belle e suggestive acheropite, icone non fatte da mano d'uomo circonfuse d’azzurro e d’oro, le ricche icone di santi jeraticamente estatici, le pale d’altare, le miniature dai più vivaci colori, nonché affreschi e dipinti che abbelliranno tempietti monastici e istituzioni abbaziali.
Viaggiare nella Locride è dialogare dal vivo con la storia, con la natura, con la religione di un popolo, intrisa di culture di un tempo antico profondamente suggestivo; un’immersione in un mondo fatto di mistero, di misticismo, di profonda spiritualità, di forti contrasti, dal fascino inconfondibile. Un mondo da visitare, da conoscere, da conservare. Un mondo che chiede di essere riscoperto, supportato e valorizzato per la sua cultura millenaria, per la sua storia e i suoi monumenti, per il suo patrimonio inestimabile di bellezza e di valori che legano il passato e il presente della nostra storia.
Anna Lanzetta