Firenze – Da ieri rimbalza un po' ovunque la notizia che il decreto crescita introduce incentivi economici per i sexy shop nei piccoli comuni.
Come è nata la storia già me lo immagino: direttore di una testata online che chiede ai redattori di cercare “IL” titolo, “LA” notizia fra le pieghe delle 318 pagine del testo del decreto definitivamente approvato dal Senato. Uno di loro ha davanti il testo della legge e, sullo schermo del pc, la homepage del giornale online dove accanto alle notizie dell'ultim'ora scorrono video acchiappaclic di gattini, gossip e culi. Guarda un po' l'uno un po' l'altro e poi l'illuminazione: “ma scusa, i sexy shop non sono mica esclusi dagli 'esercizi commerciali di cui all’articolo 4, comma 1, lettere d) ed e), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114'! Eccola la notizia! “Incentivi ai sexy shop”. Pruriginosa abbastanza da acchiappare i clic dei naviganti, se ho fortuna mi ribatte pure qualche agenzia!”
Fortuna ne ha avuta. Se ne sono occupati siti giornalistici, testate cartacee e trasmissioni televisive. Il giornalista Del Debbio ieri sera l'ha persino chiesto direttamente a Matteo Salvini che ha risposto di non saperne nulla. Lì per lì ho storto un po' la bocca, poi oggi ho cercato di capirci qualcosa di più.
Il decreto crescita nella nuova versione definitivamente approvata ieri in sede di conversione concede contributi economici a piccoli esercizi commerciali nei comuni con meno di 20.000 abitanti che vogliano ampliarsi oppure che, chiusi da almeno sei mesi, intendano riaprire. Sono esclusi solo i “compro oro” ed esercizi commerciali che hanno installato le macchinette “per il gioco lecito” (slot machine).
Non mi pare un bel modo di fare giornalismo, e da lettrice e cittadina mi sento anche un po' offesa. Non è una falsità ma il giornalista (forse), e i suoi colleghi che a ruota si sono limitati a riproporre la “notizia”, mi trattano come preda da clic approssimativi e populisti (il populismo nella sua accezione peggiore che si ritorce contro i populisti in un triplo carpiato della deriva della serietà).
Sono brava anche io a dire cose così, non serve mica essere giornalisti. Ad esempio, ecco la mia, NOTIZIA: “Incentivi anche ai negozi di cannabis light”. Già perché anche i negozi di cannabis light, ad oggi pienamente leciti, rientrano fra quelli che possono accedere agli incentivi.
Colpisce invece l'esclusione dei “compro oro”. Cosa hanno che non va? Perché gli altri sì e loro no? Quale finto moralismo si cela dietro questa ipocrita scelta? E a proposito di ipocrisia, anche l'esclusione degli esercizi commerciali che hanno slot machine installate, ne è notevole esercizio. Sul “gioco lecito” (così come su alcolici e sigarette) lo Stato guadagna importi ingenti sulle spalle di quei soggetti che, a parole, intende proteggere. Il gioco è lecito, i soldi che lo Stato ci ricava pure – pecunia, si sa, non olet – ma guai a dare incentivi a chi quelle macchinette installa.
Emmanuela Bertucci, legale, consulente Aduc