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Gianfranco Cercone. “Sir – Cenerentola a Mumbai” di Rohena Gera
24 Giugno 2019
 

Si può raccontare una favola con uno stile realistico?

Potrebbe sembrare una contraddizione in termini. Ma se è vero che le favole presentano, in certi momenti, una visione idealizzata, o edulcorata, della realtà, è anche vero che ogni favola affronta anche l'aspetto negativo, tenebroso, della vita; e che dietro le fantastiche mostruosità delle favole si possono riconoscere le brutture, gli orrori, della vita reale.

Il film di una regista indiana: Rohena Gera (si tratta di una coproduzione indo-francese) evoca, almeno nel sottotitolo italiano, il nome di una favola. Il film si intitola: “Sir”, ma il distributore italiano ha aggiunto: “Cenerentola a Mumbai”.

Eppure ci presenta un quadro di vita realistico: una ragazza, proveniente da un villaggio indiano, lavora come domestica presso il lussuoso appartamento, nella metropoli di Mumbai, in cui abita il ragazzo di una famiglia che si è arricchita nel ramo dell'edilizia. E lei, mentre serve in casa con tutta l'umiltà e la dedizione che in quella società è richiesta a una domestica – insieme alla capacità di sopportare in silenzio i rimproveri anche i più ingiusti e i più aspri – coltiva il sogno di diventare un giorno una stilista di moda (lei infatti avrebbe voluto studiare, ma la sua famiglia l'aveva costretta a sposarsi in giovanissima età. Poi è rimasta vedova. E ora, nel poco tempo libero che le lascia il lavoro di domestica, tenta come può di apprendere l'arte di confezionare degli abiti.)

Già da queste informazioni, si può arguire come il caso della protagonista serva all'autrice del film per una descrizione, una denuncia, di spirito realistico, di alcuni mali della società indiana: la discriminazione delle donne, almeno nelle zone più arretrate dell'India, a cui ancora può non essere consentito proseguire gli studi se pure lo desiderano; e che, se restano vedove, non potendo più sposarsi, restano sprovviste di ogni mezzo di sussistenza, e sono costrette a dipendere totalmente dalle loro famiglie di origine.

E poi la persistente divisione della società in caste, per la quale una domestica non potrà mai essere trattata alla pari della famiglia presso cui è a servizio, ed è ridotta per esempio a consumare i pasti seduta sul pavimento.

Tuttavia, a contrasto con tali elementi realistici, c'è effettivamente nel film un elemento fiabesco, magari di una quelle fiabe che racconta il cinema di Bollywood. Ed è la figura del padrone di casa; che, malgrado sia descritto nelle sue comuni abitudini quotidiane e non sia dissimulata la sua depressione perché un suo progetto di matrimonio è andato in fumo, appare come un tale concentrato di virtù da evocare a prima vista la figura di un “principe azzurro”: giovane e bello, sensibile, premuroso, mai meno che gentile nei confronti della domestica, crede anche nel diritto di ogni donna di realizzarsi anche nel lavoro, e favorisce come può le aspirazioni della ragazza a entrare nel campo della moda.

E lo stesso innamoramento reciproco che gradualmente si stabilisce tra loro, sembrerebbe rientrare nella logica ottimistica di una favola, per la quale l'amore dovrebbe annientare d'un tratto tutti gli ostacoli frapposti dalle convenzioni sociali.

Ma è la stessa lenta gradualità con cui si fa strada l'amore a essere invece realistica; come se il sentimento si imponesse – attraverso attenzioni senza calcolo, o lampi di autentica comunicazione – si imponesse a due persone che ritengono, magari per ragioni sociali, di non essere fatte l'una per l'altra. E quando l'amore finalmente sboccerà, l'ipotetico “principe azzurro” si rivelerà forse meno intrepido di come lo avevamo immaginato.

Insomma: se la favola racchiude le aspirazioni alla giustizia e alla felicità, serve al film per suggerire quanto la realtà sia tanto più aspra e drammatica.

Va detto che gran parte della riuscita del film la si deve al personaggio della domestica, molto ben interpretato da Tillotama Shome: un personaggio di cui siamo messi in condizioni di condividere le alternanze di determinazione e scoraggiamento, di cedimento alle illusioni e di amarezza, così come ogni suo minimo stato d'animo.

Da vedere.

 

Gianfranco Cercone

(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 22 giugno 2019
»»
QUI la scheda audio)


 
 
 
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