A conti fatti, all’indomani del voto per il rinnovo del parlamento europeo e degli enti amministrativi è possibile una valutazione oggettiva del risultato elettorale coi suoi riflessi sul nostro Paese e a livello locale. Innanzi tutto va precisato che si è trattato di una consultazione europea e non nazionale e quindi il largo successo riportato dagli schieramenti euroscettici in Italia va diluito nei rapporti di forza che verranno stabiliti nel nuovo europarlamento, dove i partiti europeisti mantengono una salda maggioranza seppure con una diversa ripartizione fra di loro, mentre populisti e sovranisti sono dispersi in gruppi poco affini l’uno con l’altro. Le tre grandi famiglie tradizionali della scena politica (democratici, socialisti e liberali) avranno con ogni probabilità il compito di governare assieme, nell’interesse degli elettori degli stati appartenenti all’Ue.
Il temuto avanzamento dei nazionalisti non c’è stato e i cosiddetti sovranisti sono andati bene, oltre che in Italia, solo in Francia (ma la Le Pen ha conquistato a Strasburgo lo stesso numero di seggi di Macron), Gran Bretagna – però con un piede fuori dall’Ue –, Polonia e Ungheria, tuttavia restano minoritari nell’europarlamento. Come diceva il compianto Totò, principe della risata, è la somma che fa il totale e, se la matematica non è un’opinione, i seggi europei a disposizione di chi vorrebbe svuotare l’Europa dal di dentro sono piuttosto esigui se rapportati a quelli dei convinti europeisti (si parla all’incirca di soli 150 a fronte di quasi 500).
Fatta questa doverosa precisazione, occorre ribadire come sia giunta l’ora che i partiti favorevoli all’integrazione smettano una volta per tutte di ragionare in termini di interessi nazionali perché devono finalmente prevalere le ragioni europee, le sole in grado di offrire una risposta adeguata a questioni destinate a restare insolubili all’interno delle proprie frontiere, e si fa riferimento all’epocale problema dei flussi migratori, alle ricorrenti crisi economiche e occupazionali, al terrorismo internazionale, ai cambiamenti ambientali, alla gestione dei sempre più evoluti processi tecnologici. Se Trump parla di America first, ovvero Usa innanzi tutto, perché non replicare con un’Europa first e puntare senza indugi agli Stati Uniti d’Europa? Lo richiedono d’altronde le organizzazioni imprenditoriali e sindacali, alle prese con la concorrenza delle potenze mondiali, cui si aggiungono ora i Paesi emergenti sul piano demografico, economico e tecnologico. Lo domandano i giovani che hanno un’apertura mentale sconosciuta ai loro predecessori e che, forgiati dall’esperienza Erasmus, considerano i confini un residuato del passato. Per non parlare della stessa Chiesa cristiana, che nell’Europa vede la giusta dimensione in grado di garantire, come avvenuto da settant’anni in qua, pace e stabilità.
L’Italia deve quindi fare la sua parte e non può rimanere emarginata ed accontentarsi di un ruolo marginale affidato ad un solo commissario europeo, come si va profilando. E va riacquisita la fiducia di tante persone che, in una consultazione piuttosto partecipata negli altri Paesi, non ha visto il nostro brillare sotto questo profilo, malgrado la concomitanza con le amministrative. Infatti il 26 maggio si è votato pure per gli enti locali, le istituzioni più vicine ai sentimenti ed alle aspettative popolari. E il federalismo europeo, che si basa sul concetto di unità nella diversità, si caratterizza proprio per il rispetto delle autonomie territoriali nell’ambito dell’unione degli stati per quanto concerne il potere esecutivo, la politica estera e di difesa, e quella economica.
La Valtellina è zona di frontiera che conosce consolidati rapporti di buon vicinato con gli svizzeri e la provincia di Sondrio è inserita nel cuore della macroregione alpina che ha nello sviluppo economico e delle infrastrutture sovranazionali, oltre alla tutela ambientale, i suoi cardini di riferimento. I federalisti europei valtellinesi e valchiavennaschi salutano cordialmente l’avvento di nuovi amministratori e la conferma di quelli già in carica, con l’augurio di incrementare ulteriormente i rapporti sviluppati con loro negli ultimi anni, in particolar modo coi comuni d’Europa presenti in provincia.
Giuseppe Enrico Brivio e Guido Monti
presidente e segretario della sezione “Ezio Vedovelli” del Movimento federalista europeo
e del Comitato provinciale per l’Europa di Sondrio