Nel 1978, il presidente Jimmy Carter, non passato alla storia come appassionato particolarmente sofisticato di jazz, ospitò un festival jazz alla Casa Bianca. La maggior parte del programma era ragionevolmente mainstream, pur se ampiamente variabile nello stile – Sonny Rollins, Stan Getz, Clark Terry, Chick Corea – ma includeva anche Taylor, che doveva essere stato costretto a inserire la sua musica nei cinque minuti a sua disposizione. La musica suonata dal pianista era tutt'altro che semplice, e il presidente era visibilmente agitato.
Dopo che l'ultima nota svanì nell'aria, Jimmy Carter avanzò a grandi passi sul prato e si precipitò verso Cecil Taylor; gli uomini dei servizi segreti si affrettarono a tenere il passo, ha ricordato il promotore George Wein, che aveva organizzato lo spettacolo. Il presidente prese le due mani del pianista nelle sue, guardandole con stupore e meraviglia. “Non ho mai visto nessuno suonare il pianoforte in quel modo”.
Carter chiese se il pianista classico Vladimir Horowitz avesse mai ascoltato Taylor. Lo stesso Taylor rispose che ne dubitava molto. “Lui dovrebbe ascoltarti. Come hai imparato a farlo?” chiese il presidente Carter. “Diavolo, lo faccio da 35 anni”, rispose Taylor.
Roberto Dell’Ava