Farfalle. Nere. Migliaia e migliaia di farfalle nere. 15.000 per la precisione. Una congerie di lepidotteri per ogni dove. Un assemblaggio surreale. Pareti e soffitti occupati senza soluzione di continuità. Un'invasione. Una visione di alienità. Partorite dalle tenebre? Segno di un'imminente apocalisse? Un inconcepibile messaggio…
Black Cloud-Nuvola Nera è l'installazione (di dimensioni ambientali) del messicano Carlos Amorales nell'ambito della mostra “L'ora dannata” ospitata dalla Fondazione Adolfo Pini in quel di Milano. «Carlos Amorales si interessa al linguaggio, alle immagini e alle loro varianti e, più in generale, ai sistemi della comunicazione, al loro costante rinnovamento, alle loro potenzialità e alle loro insidie; ai meccanismi che consentono ad alcune narrazioni di emergere, a scapito di altre; e, per estensione, alla questione delle rappresentazioni dominanti, della manipolazione della comunicazione e del pensiero stesso. Nella sua pratica confluiscono arte visiva, musica, animazione e poesia, tutte coniugate, con grande rigore formale, nel nome di una consapevolezza rispetto al presente e alle sue tensioni». Davvero impressionante è la buia sequela di farfalle, metafora del nulla, nientificanti. Eppure dalla loro fissità spira un alito di vita. Gelido, ma spira.
Fra le altre installazioni altrettanto inquietante è Protesta fantasma: sagome umane che parrebbero proteggersi da ciò che vedono – da noi che trascorriamo di fronte a loro? S'instaura uno stranito gioco di soggettività/identità... – da un'invisibile e pur tangibile minaccia, evocando un triste potenziale di violenza, come quello che affligge il Paese d'origine di Amorales in cui gli scomparsi e mai ritrovati sono decine di migliaia (non risolta tragedia nazionale) [e le farfalle nere inesorabilmente, a loro volta, richiamano gli sventurati desaparecidos].
Eppure in tutto questo cupo tourbillon-bailamme giace il bello: è la potenza estetica dell'arte, che si declina in etica. Ergo, coscienza ancora in grado di sporgere denuncia contro i mali che affliggono questo torturato mondo.
Magnifica anche la grigia “foresta” che si estende di traverso, sul tavolo di una stanza, popolata di sperse figure (The Cursed Village, pittura acrilica spray su cartoncino, su lamiera galvanizzata e magneti Neodymium, dimensioni variabili, 150 x 480 x 85 cm). Una sorta di smarrimento fisico-simbolico.
L'effetto creato da Amorales è decisamente spaesante – e ciò giova al pensiero – gli esiti altamente suggestivi, ulteriormente accresciuti dal magnifico contrasto, in tutta la location, fra i significati e i concetti esplicitati dai lavori di arte contemporanea e la raffinata cornice “borghese” che li ospita e contiene.
Interessantissima anche la serie di ocarine, ognuna delle quali con la forma di un segno, e i libri-spartito che contengono inusitate melodie, arcano e affascinante linguaggio.
Amorales ricalca la «necessità di identificare l'origine dei nostri fantasmi, di riconoscerne la portata, la matrice, la valenza ideologica». E si esce dalla Fondazione Pini carichi di domande: spirali e spirali di idee che ti si posano dentro. Un po' come farfalle nere. Che però spiccheranno, prima o poi, il volo verso una nuova luce.
Alberto Figliolia
L'ora dannata, Carlos Amorales. A cura di Gabi Scardi. Fino all'8 luglio 2019. Fondazione Adolfo Pini, corso Garibaldi 2, Milano (M2, Lanza).
Info: tel. 02 874502 / 02 8052211, e-mail eventi@fondazionepini.it, sito Internet www.fondazionepini.it.
Orari: 10-13/15-17, ingresso libero.