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In libreria/ Marisa Cecchetti. “Ritorno a Manduria” di Dante Pastorelli
15 Aprile 2019
 

Tornare nei luoghi della nostra infanzia da anziani è un atto di amore e di coraggio. D’amore, perché non si può non ascoltare il richiamo delle radici tanto più forte quanto più l’età avanza; di coraggio perché dobbiamo essere pronti a raccogliere i resti sofferenti di ciò che abbiamo lasciato, compresi i sogni: Per decenni hai sepolto quel richiamo./ Ma alle proprie radici primo o poi/ si alza la resa. Resta ferma la consapevolezza crudele che ormai non si può fare più nulla, bisogna accettare quello che è stato, ma è senza dubbio un’emozione forte che vale la pena vivere.

Dante Pastorelli, classe 1939, nato a Manduria ma fiorentino fin dal 1962, che vanta innumerevoli premi letterari, recensioni e giudizi di importanti critici e poeti, con Ritorno a Manduria sperimenta l’emozione del ritorno. E inevitabilmente quella del confronto.

Si procede sul percorso noto, si cercano i segni di allora: Un rettilineo trancia la pianura,/ fragrante brezza ti pervade: arsura/ rinascerà o dolcezza? Il tempo ha corroso, divelto, cambiato, sotterrato: Qui piantasti talee e son scomparse:/ intorno la gramigna è fitta selva; anche gli oleandri avvolti alle colonne/ sono stati divelti. Solo l’acqua e le rocce restano immutate.

Ricercare se stessi è un percorso duro da affrontare, quasi una sfida. Ma in questo caso è anche volontà di alimentare un’illusione: Nel saccheggio del vero dammi almeno/ il brivido beffardo dell’eterno.

L’immagine del paese, con gli amici che giocavano per la strada coi palloni di carta e coi birilli/ le gare in bici e i lazzi ai vecchi brilli; le ragazze che andavano a prendere l’acqua alla fontana, le madri che le osservavano dalla porta, i vecchi a parlare appoggiati al muro, tutto ciò che connotava una comunità ricca di relazioni, questo è stato sostituito da nuovi modelli di vita, ognuno chiuso dietro la propria porta, le strade non più punto di incontro e di vita comune.

Mentre si avanza, il ricordo prende consistenza, diventa reale, materico. Allora balzano incontro figure lontane di gente al lavoro, di raccolti di messi e di uve: le donne nere, curve come falci/ tagliano l’uva un passo dopo l’altro. Tornano con le immagini i profumi portati dal vento, la polvere del grano trebbiato, i canti, le voci come musica. Ed insieme riaffiora il tremore dei primi moti del cuore con i giovanili rossori ed ora la malinconia: Dov’è il canto disteso/ che ti ammaliava alla persiana verde?

Le immagini del passato sono prepotenti, adescano il pensiero e lusingano la memoria, rinnovano riti ben noti ed attesi: Giorno di San Gregorio: “Alzati, è fiera!”/ Rosa ammazzava il gallo pel ragù; o i quotidiani gesti del lavoro, sempre uguali: Bucce in terra/ e vespe prepotenti per la sete,/ prima del sole, annuncio d’afa squallida.

Ciò che è appartenuto alla nostra infanzia lontana, anche se la abbiamo vissuta in tempi difficili, tende ad assumere una dimensione di magia, perché collocato in un momento in cui tutto era possibile, la vita ci si proiettava davanti infinita, piena di progetti e varianti realizzabili. E tutto appariva grande, unico, eterno. L’esperienza drammatica della guerra vissuta da piccolo, e magari rinforzata più tardi dai racconti degli adulti, qui acquista un alone epico, oltre ad essere testimonianza storica; tuttavia allora ha fatto svanire la fanciullezza ed ha messo in luce troppo presto la precarietà dell’esistenza.

È un obiettivo arduo quello di riallacciare i due tempi della vita, soprattutto doloroso, ma in questa raccolta Pastorelli se lo propone, ora che il tuo audace avvenire ormai s’affossa ed il presente è un lento disgregarsi.

Ritorno a Manduria regala una musica ininterrotta, calibrata su un endecasillabo raffinato, che svela qua e là, con la stessa delicatezza, rimandi letterari importanti ma non ostentati.

Senza dubbio c’è un valore simbolico forte, perché quel paesaggio che il tempo ha trasformato, che conserva immutati i ricordi, è parallelo alla vita che scorre e si consuma. Però, nonostante la nostalgia indiscutibile, ora matura e pronta è l’anima. Del resto aleatoria è ogni esistenza. Anche le impronte lasciate dal fanciullo nel fango furono cancellate dal carro la mattina dopo. La vita è un percorso a termine pieno di dolore e di bellezza, ne rimangono a simbolo i fichidindia dolci e pungenti, scarlatti cuori doloranti di spine.

 

Marisa Cecchetti

 

 

Dante Pastorelli, Ritorno a Manduria

Edizioni Helicon, 2019, pp. 98, € 12,00


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