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Gianfranco Cercone. “Peterloo” di Mike Leigh
01 Aprile 2019
 

C'è una questione che si ripropone soprattutto al cospetto di film esplicitamente politici, circa il modo di raccontare chi ha ragione e chi ha torto. Senza negare a un film il diritto di attribuire la patente della ragione o del torto, io credo però che si dovrebbe richiedere all'autore lo sforzo di indagare le ragioni del torto; e cioè le considerazioni intime per cui chi ai nostri occhi pensa e agisce indubbiamente male, in cuor suo ritiene di agire bene, o almeno nel modo più opportuno. È così che un autore dovrebbe onorare quella missione conoscitiva, di approfondimento della realtà, che è propria dell'arte.

Mike Leigh, un eccellente regista inglese, nel suo film intitolato Peterloo – portato in questi giorni nelle sale italiane da un distributore indipendente di film di qualità, la Academy Two (dopo essere stato presentato al Festival di Venezia) – Mike Leigh racconta un episodio della storia inglese dove lo spettatore, almeno se di principi democratici e liberali, non dovrebbe avere esitazioni nel riconoscere chi ha ragione e chi ha torto.

Una folla di contadini, di operai, di donne del popolo, riunita in una piazza della cittadina di St. Peter's Field, in una giornata del 1819, soltanto per ascoltare e applaudire un comizio in cui rivendicava anche per la classe popolare il diritto, ancora negato, di eleggere un proprio rappresentante alla Camera dei Comuni (dunque, al Parlamento inglese), ebbene quella folla viene assalita e massacrata dall'esercito, dalla cavalleria reale.

L'episodio passa alla Storia con il nome di Peterloo, coniato, a quanto apprendiamo, da un corrispondente per un quotidiano di Londra in riferimento, sarcastico, alla vittoria dell'esercito inglese nella battaglia di Waterloo, che si era combattuta qualche anno prima.

L'episodio è raccontato da un lato dal punto di vista degli operai, dei contadini, dei disoccupati e delle loro famiglie; dall'altro, dal punto di vista di quei giudici che hanno dato l'ordine all'esercito di intervenire con la violenza.

Tali giudizi appaiono razzisti nei confronti della plebe, invasati di fanatismo religioso, per il quale il popolo è un demone da combattere in nome di Dio e della Legge indissolubilmente uniti tra loro; oppure soltanto cinici, disposti a obbedire agli interessi dei proprietari delle fabbriche e dei latifondi, spaventati dalla rivolta popolare sulla quale aleggiava lo spettro della Rivoluzione Francese. Tali giudici sono contrapposti a una folla di gente del popolo umile, allegra, tutta o quasi tutta pacifica.

Ora, pur condividendo i principi che hanno suggerito a Mike Leigh una simile raffigurazione, si deve ammettere che è un po' sbrigativa, da vignetta o da manifesto di propaganda.

Va detto però che alcuni ritratti di figure secondarie – come, ad esempio, un funzionario di polizia infiltrato tra le fila degli operai, che, a sentire i loro discorsi per lui sediziosi, è palesemente scandalizzato, come intimamente offeso – sono più misteriosi, disegnati con maestria.

E l'ingresso dei soldati a cavallo che affondano le sciabole tra la folla, senza però che si percepisca il suono della loro azione, sopraffatto dal clamore del comizio, e che per questo in un primo tempo paiono quasi inoffensivi, mentre progressivamente è svelato l'orrore dei corpi martoriati, è una sequenza spettacolare realizzata con maestria.

È un film che ha il merito di rievocare un episodio poco conosciuto e oscuro della Storia inglese.

Forse si tratta di un film minore di Mike Leigh, ma è comunque interessante.

 

Gianfranco Cercone

(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 30 marzo 2019
»»
QUI la scheda audio)


 
 
 
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