“Di fronte al caos provocato dalla cattiva delibera Gasperini del 2012, Roma rinuncia a cercare una giusta regolamentazione e si chiude nel parossismo di un'intolleranza cieca ed ottusa. La delibera del I Municipio è indicata come “sperimentale”: il progetto dichiarato di coloro che ne sono promotori è quello di arrivare in breve tempo ad estendere tale proibizione a tutto il territorio abitato di Roma Capitale, parchi compresi”
La travagliata situazione dell’arte di strada a Roma, piombata nel disordine e nella negazione del valore e necessità della musica di piazza nella Capitale – come da antichissima tradizione – nel racconto/ documento di Daniele Mutino, pianista concertista e moderno cantastorie
Ogni tanto uscivano articoli sulla cronaca romana in cui Gasperini pubblicizzava la delibera che sarebbe presto stata fatta, e puntualmente le cose che diceva non corrispondevano per nulla agli accordi che stavamo prendendo nella trattativa, ma seguivano il filo coerente di quella prima bozza di delibera del 2009 per noi inaccettabile, riprendendone le soluzioni assurde e parlando dell’arte di strada sempre e solo come di un problema di ordine pubblico. Allora chiedevamo spiegazioni in merito a Gasperini il quale ogni volta ci diceva sorridendo che i giornalisti avevano costruito l’articolo riprendendo vecchie interviste e travisandole, ma che non dovevamo preoccuparci – “…la stampa è fatta così e non può essere censurata” – ma ci dava la sua parola d’onore che quel che era scritto sui giornali non aveva niente a che vedere con il nuovo percorso di condivisione che stavamo costruendo insieme.
Ad un certo punto però uscì, sempre sul solito quotidiano nazionale, un articolo che plaudeva all’Assessore alla Cultura Gasperini perché avrebbe finalmente fatto finire la movida degli artisti di strada che rovinano la vivibilità del centro storico; illustrava quindi come prossima alla votazione in Consiglio comunale la nuova delibera sull’arte di strada ed elencava tutte quelle misure che erano comparse anche nella prima stesura e che noi avevamo contestato: multe pesantissime, divieto per tutti gli strumenti a percussione e a fiato, e per tutti i tipi di amplificazioni, orari ridottissimi e meccanismi di turnazione assolutamente penalizzanti per chi vive di questo mestiere, istituzione di un albo e, a prescindere da qualsiasi regolamento, il riconoscimento a residenti e commercianti del diritto di mandarci via, chiamando la polizia municipale, ogni qualvolta si fossero sentiti disturbati dal nostro lavoro. Il fatto che ci mise in allerta era che però, stavolta, insieme a queste misure repressive erano citate anche alcune delle misure meno importanti proposte da noi, con tanto di virgolettati attribuiti proprio a Gasperini, il quale diceva anche che il regolamento di questa delibera era stato scritto, punto per punto, “a quattro mani” con gli artisti di strada, che poi evidentemente avremmo dovuto essere proprio noi! Non sembrava proprio essere questo un articolo datato a prima della trattativa…
Fummo presi d’assalto dai nostri colleghi romani, specie quelli non iscritti al Coo.R.A.S. che ci accusavano in pratica di avere venduto l’anima al diavolo.
Comunicammo quindi alla F.N.A.S. il nostro proposito di uscire dalla trattativa e di organizzare subito a Roma una grande manifestazione-spettacolo nazionale per protestare contro il progetto di Gasperini, ma la F.N.A.S. fece una cosa incredibile di cui difficilmente potrò perdonarli; per farci cambiare idea e salvare la trattativa coinvolse due importanti personalità dell’A.G.I.S. (Associazione Generale Italiana per lo Spettacolo) legate al mondo del circo che si proposero personalmente come garanti sull’onestà intellettuale di Gasperini.
Fu organizzato dalla F.N.A.S. un incontro all’Assessorato in cui queste due persone fecero da mediatori in un confronto tra noi e Gasperini al quale prese parte addirittura il Direttore della F.N.A.S. Alessio Michelotti, arrivato appositamente a Roma dal nord Italia. Alessio Michelotti, al tempo, rappresentava più di chiunque altro la F.N.A.S. in quanto aveva una carica di direttore permanente, non soggetta ad elezioni, che sopravanzava anche la carica di presidente, che era invece eletta periodicamente dagli iscritti.
Alla fine cademmo nel tranello come polli, tanto “ce la intortarono” che ci sentimmo ancora una volta rassicurati dalle parole di Gasperini e di tutti gli altri, compresi i “cugini” della F.N.A.S. Oltre ogni evidenza decidemmo di fidarci ancora ed andare avanti nella trattativa, ormai prossima alla conclusione, e, ripeto, prendemmo questa decisione ancora una volta mettendoci la faccia, facendoci di fatto noi garanti sulla parola d’onore di Gasperini e degli altri, davanti agli occhi di tutti gli artisti di strada romani. Ma i fatti ci diedero torto.
Nel momento in cui si stava facendo la trattativa con Gasperini, questo software non era ancora stato mai presentato ed era proprio Roma la città candidata a farlo esordire. Gasperini era molto interessato ad esso, e, anche nell’articolo di giornale di cui abbiamo detto, ne parlava ampiamente come una possibilità concreta.
Anche noi del Coo.R.A.S. ne avevamo discusso, ma gli artisti su questa possibilità si erano decisamente spaccati, con polemiche roventi, e avevamo deciso di mantenere una posizione interlocutoria, dichiarandoci né favorevoli né contrari. Comunque, con Gasperini e con la F.N.A.S., nella persona di Luigi Russo, rimanemmo in parola che si sarebbe potuto pensare ad adottare un software solo in seguito ad una sperimentazione di almeno due interi anni, da fare il primo anno su un’unica singola piazza, e, solo se questa sperimentazione andava bene, da replicare poi per un altro anno, sempre come sperimentazione, su varie piazze critiche del centro storico, prima di essere eventualmente adottato in forma stabile; ma concordammo che questa sperimentazione sarebbe potuta partire solo ed unicamente a condizione che le regole di gestione e funzionamento delle prenotazioni nel software fossero state studiate e determinate insieme a noi artisti romani, e, dopo i due anni di sperimentazione, fosse stato dato a noi artisti romani anche il diritto di bocciare il progetto o modificarlo (prolungandone quindi i tempi di sperimentazione).
Per noi “faceva giurisprudenza” il precedente della delibera del 2000, quindi, per qualsiasi intervento legislativo sull’arte di strada, il modello a cui le amministrazioni e la stessa F.N.A.S. dovevano fare riferimento era quello di confrontarsi approfonditamente con i coordinamenti di artisti di strada locali; e questo valeva anche per il software! Ritenevamo che gli artisti, in quanto agiscono quotidianamente sul territorio, ne conoscono meglio di chiunque le problematicità e le dinamiche, e quindi avrebbero dovuto essere al centro sia della progettazione software, sia sulla decisione riguardo all’opportunità o meno di adottarlo. Certo, il confronto meticoloso con una realtà eterogenea e tendenzialmente anarchica come quella degli artisti di strada, e le due lunghe ed incerte fasi di sperimentazioni previste, avrebbe determinato tempi sicuramente lunghi, ma questo rientrava nella prospettiva di uno strumento che doveva essere concepito non per essere al servizio di un business o dell’agone politico, ma del bene comune. Ora, il software poi creato dalla F.N.A.S. per Milano, che si chiama “Strada aperta”, è stato realizzato inizialmente senza alcun confronto con gli artisti di strada milanesi, per essere considerato dalla F.N.A.S. già operativo dopo solo sei mesi di sperimentazione. I rischi di questo tipo di approccio sono molto grandi e di impatto devastante sull’arte di strada.
Qualsiasi meccanismo di prenotazione via web, se non viene accuratamente concepito e strutturato sulla base di una profonda conoscenza della realtà lavorativa specifica del territorio e delle diverse modalità di lavoro adottate dagli artisti di strada nella loro eterogeneità, di fatto fornisce in modo troppo semplice e generico i permessi per lavorare, ed è quindi molto attrattivo per gli artisti improvvisati, rispetto ai quali non può essere correttamente selettivo: le piazze del centro storico vengono quindi invase da artisti discutibili, karaoke spesso sgraziati, stonati, con volumi altissimi, gente che, senza nessuna abilità o senza una profonda motivazione artistica, si traveste da Paperino, Topolino, da Puffo, o si mette a fare il mago sfoggiando i trucchi appena comprati in cartoleria. Una marea di artisti improvvisati e fastidiosi che, attratti dalla possibilità di esibirsi occasionalmente davanti a tanta gente sugli scenari prestigiosi del centro storico, tolgono spazio a quegli artisti che fanno la strada come scelta di vita, facendo così crollare il livello della proposta spettacolare, spezzando il legame di fiducia e stima tra artista di strada e territorio, fondamentale per chi trova il proprio pane nell’arte di strada.
Altra possibile criticità di un software concepito così dall’alto, senza radicamento sul territorio, è che il gestore, in questo caso la F.N.A.S., non riuscendo a soddisfare l’intera esorbitante quantità di richieste di prenotazione, può cadere nella tentazione di far lavorare con più facilità i propri iscritti, o addirittura di prevedere che si possa accedere attivamente alla piattaforma web solo previa iscrizione alla propria associazione, cosa che finirebbe per trasformare il gestore in una sorta di lobby privata, che in poco tempo sarebbe in grado di aumentare in modo esponenziale i propri iscritti, con la possibilità di trarne non solo un vantaggio economico, ma anche il relativo peso politico. Questo peso politico, se associato alla devastazione provocata dal software, vorrebbe dire la fine dell’arte di strada come noi l’abbiamo conosciuta e la sogniamo: bella, utile, nobile, rispettosamente libera.
Alessio Michelotti conosceva bene la nostra posizione ma questo non gli impedì, nel 2013, di organizzare proprio a Roma, all’AGIS, un convegno dedicato proprio alla promozione di Strada Aperta, alla cui vigilia ci scrisse una lettera in cui affermava che noi non potremo mai essere rappresentativi di coloro che hanno diritto a fare spettacolo nelle strade e nelle piazze di Roma, in quanto questo diritto non appartiene solo ai professionisti, ma a tutti, alle scuole di musica e teatro, ai dilettanti, e anche alle casalinghe... Bello! Giusto! Ma a quanto pare solo la sua F.N.A.S. poteva essere rappresentativa sempre e comunque. D’altra parte, tutte le volte che, nei convegni e nelle riviste di F.N.A.S. e Terzo Studio, era stata ricostruita la storia recente dell’arte di strada, puntualmente si era dimenticato o minimizzato il ruolo giocato dalla delibera romana del 2000, mentre era stato ben valorizzato il loro operato, in modo da potersi spacciare monopolisticamente come le uniche realtà associative di riferimento per l’arte di strada in Italia. Noi sappiamo che ogni ricostruzione storica di un'identità, ne definisce valori e riferimenti, e dimenticare che a Roma, in seguito alle pressioni della gente comune, un movimento di artisti di strada legati ad un territorio ha scritto la prima delibera sull'arte di strada in una grande città italiana, non può essere una semplice svista o distrazione: oltre all'evidente intento monopolistico, quel che si nasconde è il valore delle istanze della gente comune, come veri garanti di un diritto che non è tanto degli artisti ad esibirsi, quanto di tutti a vivere gratuitamente l'arte e la musica come libera espressione nei luoghi d'incontro.
L’epilogo è stato terribile. Nell’aprile 2012 veniva votata in Campidoglio la nuova delibera sull’arte di strada, in cui Gasperini, mancando in modo clamoroso alla parola d’onore dataci, manteneva tutte le pessime promesse fatte ai giornali, aggravandole con un inasprimento delle sanzioni previste, aggiunto da lui in extremis, il giorno stesso in cui si votava, come misura punitiva nei confronti delle nostre vibranti proteste in piazza del Campidoglio. Da quel giorno il Coo.R.A.S. viene messo in naftalina, in quanto come strumento associativo non era più adatto alla nuova fase di manifestazioni e lotte che si apriva. C’era infatti la necessità di tornare ad una realtà di movimento, e così, nel Teatro Valle Occupato, nasce spontaneamente Strada Libera Tutti che, scegliendo la via della contrapposizione frontale contro la giunta Alemanno, raccoglie le adesioni di quasi tutti gli artisti di strada romani e di molte altre persone che hanno a cuore la questione. Strada Libera Tutti occupa più volte le piazze del centro storico con manifestazioni-spettacolo, vince un ricorso al T.A.R. contro la delibera Gasperini, riuscendo ad ottenere la cancellazione dell’articolo indecente che vietava l’uso nelle strade e nelle piazze di Roma di tutti gli strumenti a fiato e a percussione e d’ogni tipo di amplificazione, anche se non riesce a bloccarne gli altri aspetti negativi.
Innanzitutto, la non chiarezza, la natura contraddittoria di molti articoli, che consegna nuovamente all'arbitrio delle forze dell'ordine la scelta se farti esibire o meno. Poi la parte estremamente penalizzante riguardante orari, turni, divieti; in particolare l'obbligo a doversi iscrivere annualmente ad un registro, indicando la scelta di un unico posto in cui esibirsi per tutto l'anno. Ovviamente l'iscrizione non fornisce alcun diritto, non mette al riparo dal fatto di potere essere comunque cacciati in qualsiasi momento senza particolari motivazioni, e soprattutto, obbligando a scegliere un unico luogo in cui esibirsi, cancella il carattere itinerante dell'arte di strada, fondamentale anche per ridurne l'impatto negativo sul territorio. Diciamolo chiaramente: per risolvere il problema del disturbo legato a comportamenti scorretti da parte di qualche artista irrispettoso, non era certo necessario creare da zero una nuova delibera, sarebbe bastato applicare fino in fondo il regolamento della delibera del 2000, magari aggiornandola in qualche sua parte, o, in alternativa, fare semplicemente riferimento alla legislazione ordinaria in tema di disturbo della quiete pubblica.
Di fatto, come prevedibile, grazie alla delibera di Gasperini la situazione dell’arte di strada nel centro storico della capitale è sprofondata in una dimensione di caos sempre maggiore che ha inasprito molto l’intolleranza degli artisti tra di loro, e dei residenti e commercianti nei confronti degli artisti. I vigili stessi si sono mostrati molto critici nei confronti di questa delibera il cui astruso regolamento è stato realizzato senza domandare nemmeno a loro un parere.
In campagna elettorale Ignazio Marino prese posizione in modo molto chiaro sulla questione, con una lettera pubblica rivolta a Strada Libera Tutti, davvero molto bella, che ci fece ben sperare. Poi, però, nel corso del suo governo, la delibera del 2012 non è stata più modificata, ed è ancora oggi in vigore. C’è stata, al tempo della giunta Marino, la proposta di nuova delibera scritta dal consigliere comunale Gianluca Peciola di SEL, ma, un po’ per l’opposizione di alcuni consiglieri del I Municipio, e soprattutto per gli esiti negativi a livello nazionale dell’alleanza tra SEL e PD, nulla si è poi concretizzato. La delibera del 2012 non è stata più toccata nemmeno negli anni successivi, con le varie guide commissariali e politiche della città. Recentemente la giunta di Virginia Raggi ha mostrato interesse alla questione, e ha affidato alla Commissione Cultura di Roma Capitale il compito di analizzare una proposta di nuova delibera scritta da noi artisti romani a cappello. In questa nostra proposta è confluito tutto il lavoro fatto nelle trattative precedenti con l’amministrazione capitolina, ma essa è anche e soprattutto frutto di un lungo confronto collettivo tra di noi artisti, non sempre facile da portare avanti. Sempre negli uffici della Commissione Cultura di Roma Capitale si trova anche un altro documento redatto dagli artisti di strada romani, in cui viene analizzata criticamente, punto per punto, tutta la delibera Gasperini in vigore, evidenziandone le incongruenze e le devastanti criticità e chiedendone un’immediata invalidazione.
Dall’agosto 2018 però, è entrata in vigore una delibera locale del I Municipio con cui si proibisce qualsiasi tipo di emissione sonora musicale in molte delle più belle piazze del centro storico di Roma, a qualsiasi ora ed in qualsiasi modalità. Di fronte al caos provocato dalla cattiva delibera del 2012, Roma rinuncia a cercare una giusta regolamentazione e si chiude nel parossismo di un'intolleranza cieca ed ottusa. La delibera del I Municipio è indicata come “sperimentale”: il progetto dichiarato di coloro che ne sono promotori è quello di arrivare in breve tempo ad estendere tale proibizione a tutto il territorio abitato di Roma Capitale, parchi compresi. Prima firmataria ne è la consigliera radicale ecologista Nathalie Naim che, insieme ad alcune associazioni di residenti poco rappresentative ma molto influenti, sta conducendo una vera e propria battaglia politica contro la musica nei luoghi pubblici, nell’idea, dichiarata espressamente, che qualsiasi tipo di musica nei luoghi pubblici sia di per sé un grave attentato alla salute delle persone, in quanto costituirebbe, secondo loro, la principale fonte di inquinamento acustico della città. Non il rumore delle automobili ma… la musica! Un progetto folle e involutivo di repressione incondizionata della musica nei luoghi dove la gente si incontra, che prende forma proprio nella città che nel mondo ha forse la maggiore tradizione documentata di musica di piazza! Prima ancora delle Farse Atellane, spettacoli musicali arrivati a Roma dalla Campania nel IV secolo avanti Cristo, ci sono infatti le Leggi delle XII tavole, che addirittura due secoli prima, nel VI secolo, puniscono coloro che cantano poemi satirici nei luoghi pubblici, testimoniando come, a quel tempo, questo tipo di espressione musicale e poetica fosse un fenomeno di portata tale da dovere essere preso in considerazione in modo specifico nel redigere una delle prime legislazioni della Storia. Nei secoli, poi, Roma è stata spesso e volentieri soggetto di pittori e disegnatori che, con le loro opere, hanno documentato costantemente la presenza di spettacoli di piazza; non ultimi Victor Turner e Bartolomeo Pinelli, che, nella prima metà del XIX secolo, ci hanno raffigurato una Roma piena di artisti di strada di ogni genere (musicisti itineranti, burattinai, cantastorie, acrobati, danzatori, perfino domatori di orsi e serpenti), e, soprattutto, praticamente invasa dalla musica!
Certo la musica di piazza, per esprimersi correttamente, deve essere protetta da un’adeguata regolamentazione, ma non può essere considerata come causa di malattia, perché è piuttosto uno strumento di cura! Per contrastare il patologico progetto repressivo insito nella delibera del I Municipio, gli artisti di strada romani, nel settembre 2018, hanno rimesso in piedi il movimento Strada Libera Tutti, sollecitando il sostegno dell’opinione pubblica ed organizzando un nuovo ricorso al T.A.R., nientedimeno che con il sostegno della F.N.A.S.! Un fatto decisamente positivo avvenuto in questi ultimi anni, riguardo all’arte di strada in Italia, è infatti il rinnovamento radicale della F.N.A.S. che nel 2015, per la prima volta, viene finalmente posta sotto la guida di un artista di strada, che oltretutto lavora molto anche a cappello: il musicista Beppe Boron. Tutto nasce dal ricorso legale effettuato da un altro artista di strada, il fiorentino Walter Conti, che denuncia alcune irregolarità avvenute durante le elezioni del comitato direttivo della F.N.A.S., e con grande convinzione porta in tribunale la questione, vincendo il ricorso e determinando nuove elezioni, in cui viene eletto presidente Beppe Boron. Per tutta risposta Alessio Michelotti e Terzo Studio escono dalla Federazione e fondano per conto loro un nuovo organismo associativo, dimostrando – come si era abbondantemente già capito – di non avere alcuna intenzione di confrontarsi paritariamente con gli artisti di strada. La nuova F.N.A.S. di Beppe Boron mette subito mano al software di Milano, e, in collaborazione con gli artisti di strada milanesi, ne ridefinisce struttura e meccanismo; ma anche in altre città italiane, Roma compresa, si dimostra molto attiva nella tutela del libero esercizio dell’arte di strada e della tradizione del cappello.
Resta l’amarezza per il fallimento nella trattativa con Gasperini, perché tutti i problemi attuali e degli ultimi anni vissuti dagli artisti di strada a Roma sono derivati da quella delibera: siamo stati troppo ingenui e superficiali. Non posso pensare che nella delibera del 2012 ci sono addirittura delle parti di testo scritte di persona da me e dagli altri del Coo.R.A.S.! Per proporre una qualsiasi delibera i legislatori devono confrontarsi con i rappresentanti delle categorie sociali coinvolte, che, nel caso della delibera sull'arte di strada, eravamo evidentemente anche noi; prendendo parte agli incontri con Gasperini, firmando le presenze, non ci siamo resi conto che di fatto abbiamo legittimato giuridicamente la sua nefasta delibera. A Gasperini non interessavano né le nostre proposte né la nostra visione, interessava solo la firma delle nostre presenze per poter affermare che la sua delibera era stata correttamente scritta attraverso il confronto con i rappresentanti degli artisti di strada. Nella sentenza del T.A.R. relativa al nostro ricorso c'è scritto che le altre contestazioni da noi sollecitate non sono ammissibili in quanto, come risulta ufficialmente dalle nostre firme di presenza, noi abbiamo preso parte alla scrittura della delibera e non possiamo quindi contestarla nel suo complesso. Noi portavoce del Coo.R.A.S. ci siamo presentati ingenuamente davanti a Gasperini con un'idea di bene comune: andavamo a quegli incontri confidando di poter contribuire ad una corretta regolarizzazione dell'arte di strada, nell'idea che da essa potesse svilupparsi una città più umana, in cui negli spazi pubblici fosse possibile per tutti condividere serenamente e gratuitamente il divertimento e l’arte. Di fronte però avevamo un politico di professione, oltretutto in una fase di ascesa della propria carriera, quindi anche rampante... Nel suo giudizio Gasperini sa che noi artisti di strada non siamo lì per un business ma per un sogno e, dal momento che questo sogno è – come tutti i sogni portati avanti con costanza nella vita – ormai legato indissolubilmente ad un bisogno, ci giudica sotto il segno di una mancanza di integrazione nel sistema, e decide che socialmente non contiamo nulla. Non ci considera interlocutori degni, ci irride prendendosi gioco di noi, ci manca di rispetto e di parola. Gasperini, quelli della vecchia F.N.A.S., gli pseudo giornalisti della cronaca locale, alcuni commercianti e alcuni residenti del centro storico di Roma (comunque una minoranza), hanno dimostrato di considerarci come dei poveracci, gente da poco, miserabili. C'è da dire anche però che tantissima gente della strada, e tra essi anche residenti, commercianti, giornalisti, politici, dimostrano ogni giorno di riconoscere il nostro valore riempiendo i nostri cappelli, non solo di soldi, ma anche di sorrisi e complimenti accorati, dandoci di che vivere in ogni senso. Sono loro la nostra forza. Il punto della mia amarezza però non è questo: è che, pur essendo persone navigate nella vita della strada, durante la trattativa del 2012 non abbiamo saputo riconoscere nei nostri interlocutori il disprezzo che avevano per noi, siamo caduti nel tranello dei sorrisi e delle belle parole, ci siamo crogiolati nel sogno di far bene, abbiamo peccato in superficialità e vanità, a danno non solo nostro, ma di tutti. Ecco l'amarezza.
Se vogliamo riflettere anche in modo più distaccato e, per quanto possibile, oggettivo, cercando di partire da un punto di onestà intellettuale, si deve prendere in considerazione anche la complessità delle cose: la comprensione reale degli incontri umani in generale, e quindi anche di questo incontro negativo tra noi e Gasperini, non si può mai esaurire nella visione in bianco e nero di una dicotomia radicale, che si esaurisca in un’opposizione irriducibile di valori ed identità.
Per la comprensione del nostro fallimento non basta sbandierare la nostra ingenuità e il nostro idealismo, contrapponendoli alla ferocia delle belve della politica: in parte questo è vero, ma non è tutto, e c’è sempre un’autocritica da fare. In realtà, se ci si pensa, non è che noi artisti di strada non abbiamo fatto errori nel corso della trattativa, esprimendo, in taluni momenti, anche valori discutibili, per esempio nell’irascibilità interna al nostro movimento, che ci ha spesso reso divisi sulle rivendicazioni e sui percorsi da adottare, portandoci ad esasperare spesso i toni nel confronto interno, e procurando, in noi delegati che incontravano Gasperini, una fragilità, una perdita di energie e quindi di “presenza”, un disordine che è purtroppo emerso in alcuni momenti delicati della trattativa, e che ha avuto sicuramente un suo peso nel fallimento della stessa.
Io sono convinto che lo stesso Gasperini, insieme ai collaboratori che lo hanno supportato, non abbiano avuto sempre una percezione chiara di quale dovesse essere la soluzione del confronto, e sicuramente saranno stati portati a scegliere la loro inqualificabile condotta anche ravvisando in noi i sintomi di quella fragilità di cui ho appena detto, in particolare quando ad un certo momento cruciale si è verificato uno scollamento tra noi e la F.N.A.S.; ed è chiaro che per persone che ragionano come loro, la caoticità equivale ad inaffidabilità.
D'altra parte, se pensiamo bene a quel che abbiamo fatto, poi, dobbiamo rammentare che tutto il percorso della trattativa con Gasperini procedeva nel tentativo di non radicalizzare ma umanizzare le nostre diversità reciproche; noi abbiamo veramente cercato un punto reale d’incontro con questa figura, sebbene si fosse estremamente distanti finanche nelle identità politiche personali: è stata questa quasi una sfida ai paradossi della politica, un atto di speranza.
E il fatto che tutto questo sia miseramente fallito non significa che non fosse la cosa giusta da fare.
(fine)
(Tratto da Storia di un cantastorie a cura di Maria Lanciotti, II edizione aggiornata dicembre 2018 – Edizioni Controluce)