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Steve McCurry. Animals 
Con Alberto Figliolia, al Mudec Photo di Milano fino al 31 marzo
26 Febbraio 2019
 

Immagini drammatiche come quella dei cammelli in disperata caotica stasi/fuga nel deserto kuwaitiano, autentico paradigma dell’inferno sulla Terra: le nuvole nere, pesanti, di fumo e le cruente crudeli fiamme dei pozzi di petrolio incendiati durante la Guerra del Golfo nel 1991. O ancora – sempre il petrolio a dominare pauroso – lo scatto che ritrae l’uccello migratore le cui piume sono cosparse di tenebroso liquido durante la catastrofe ecologica.

Era una scena apocalittica: credo che neanche il più fantasioso regista di Hollywood concepirebbe un simile scenario. Il giorno si confondeva con la notte, il fumo, i boati spaventosi; noi procedevamo con lentezza, su una jeep militare, attraverso campi minati, attenti a seguire le tracce dei mezzi che ci avevano preceduto. E incontravamo la devastazione, l’inferno in terra; a tratti era impossibile respirare e il fumo era così denso da avvolgere tutto e rendere la visibilità pressoché nulla. Intorno a noi carcasse di macchine, esseri umani poco distanti travolti dal fuoco, animali allo sbando in cerca di acqua; incontravamo cavalli, mucche, i leoni dello zoo distrutto di Kuwait City, tutti indistintamente disorientati e affamati, e poi i cammelli... Ricordo che a un certo punto mi apparve una famiglia di cammelli che procedeva in fila indiana, ma era impossibile fotografarli. Tutto era avvolto da un fumo denso e nero, i cammelli stessi erano neri, tutto era un unico lago di petrolio, il cielo e la terra, tutto si confondeva. Poi ecco una nuova esplosione a illuminare l’orizzonte e i cammelli che si stagliavano su di esso. Ho cominciato a scattare e li ho seguiti per circa un’ora, saltando giù dalla jeep. E solo dopo, quando sono stato sicuro di avere lo scatto giusto, mi sono reso conto che avevo lasciato la pista e mi trovavo in pieno campo minato. Sì, credo che sia stata una delle esperienze più dure e incredibili della mia intera vita professionale.

Ma anche immagini serene, se non liete: come quella dell’elefantino dagli occhi chiusi adagiato su un masso; il piccolo pachiderma con la fronte pare appoggiarsi al dorso di un ragazzo (l’amico umano) che legge (Thailandia, 2010). O quella del giovane indiano (o è un’indiana?) intento a succhiare davanti a una porta scrostata un ghiacciolo arancione mentre sulla nuca gli si avvolge placido un ratto bianco (in un’altra immagine invece un bambino ha al collo un serpente, forse un cobra).

Animals di Steve McCurry è una mostra strepitosa, ça va sans dire... un’esplosione di colori, sentimenti e sensazioni, una nobile dichiarazione di intenti senz’alcun formalismo né retorica. Come sempre questo maestro della fotografia contemporanea sa raccontare il mondo catturandone l’essenza: che sia in contesti naturali o avvenga nei paesaggi urbani, durante tremendi distruttivi conflitti o in situazioni più serene, nei luoghi più disparati, la convivenza fra umani e animali viene esplorata con sensibilità estetica ed etica (poiché i due termini “si confondono”). È un giro per il globo, quello di McCurry, a cercare/trovare questa comunanza fra l’homo sapiens sapiens e i suoi compagni di viaggio: ora nella pace domestica ora, pure, nel dramma feroce (anche se celato talvolta da “tranquillizzanti” apparenze).

A ospitare fino al 31 marzo Animals (curatela di Biba Giachetti) è il MUDEC PHOTO, il nuovo spazio espositivo del Museo delle Culture dedicato alla fotografia d’autore. «McCurry ci guida in un viaggio globale alla scoperta della contiguità tra noi e il mondo animale mettendo in luce legami emotivi, oltre che le conseguenze del coinvolgimento dell’uomo nell’ambiente naturale. Animals ci invita a riflettere sul fatto che non siamo soli in questo mondo, in mezzo a tutte le creature viventi attorno a noi. Ma soprattutto lascia ai visitatori un messaggio: ossia che, sebbene esseri umani e animali condividano la medesima terra, solo noi umani abbiamo il potere necessario per difendere e salvare il pianeta».

Ci si perde nelle fotografie di McCurry... nell’avvenenza dell’adolescente etiope dalla semi-veste viola, emblema quasi della giovinezza atavica del mondo, con un gallo sotto il braccio sinistro; nella figura del cane, un’ombra fisica ai piedi di una bianca porta, in equilibrio precario ai bordi di una strada alluvionata; nel pastore con una gamba sola, esempio di massima forza e coraggio, sconosciuto eroe nelle lande battute dai venti, che conduce il suo gregge al povero brucare quotidiano; nel falconiere mongolo che si staglia su un meraviglioso ancestrale panorama. E siamo anche noi spettatori in quegli occhi, con i sentimenti che ne trapelano, nelle lontananze di quelle strade, in un flusso di empatia, dolorosa o gioiosa.

Mai ringrazieremo abbastanza questo fotografo viaggiatore dagli occhi luminosi e il cuore aperto.

 

Alberto Figliolia

 

 

Animals di Steve McCurry. Fino al 31 marzo. MUDEC PHOTO, via Tortona 56, Milano.

Orari: lun 14:30-19:30; mar, mer, ven e dom 9:30-19:30; gio e sab 9:30-22:30. Il servizio di biglietteria e l’accesso alla mostra terminano un’ora prima della chiusura.

Info e prenotazioni: tel. +39 02 54917; Internet ticket24ore.it e mudec.it.


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