L’amore non guarda con gli occhi,
ma con la mente.
(William Shakespeare)
Nella ricerca di nuove espressioni artistiche, lo Studio Avart pone l’attenzione sul progetto in divenire “Aforismana. Un pensiero quasi lineare di Barbarah Gugliemana” che è stato presentato ed esposto a Camogli nella sua forma inedita durante l’ultima edizione del Festival della Comunicazione.
Barbarah Guglielmana è autrice di numerosi “Ometti Oliviani parlanti” che affrontano pensieri personali legati alla ricerca dell’io, attraverso ricordi del passato e manifestazioni del presente, e universali che accomunano tutti noi. Tra le varie raffigurazioni parlanti, Barbarah lascia spazio anche all’unione, al rapporto umano, all’amore, svelato sottilmente attraverso parole e figure e mai ricorrendo a forme ostentate e palesate. Più che amore lo definirei sentimento fatto di un insieme di azioni che tendono ad esso. Un amore puro e intimo che si crea prima spiritualmente “dentro” e poi si esterna, che prima sfiora con gli occhi e poi si chiude in un abbraccio. Le due azioni “guardare” e “abbracciare” rientrano in una continua scoperta l’un dell’altro, in una conoscenza che deve essere alimentata giorno dopo giorno perché noi, esseri umani, siamo in continua evoluzione, in continuo cambiamento.
Tra le figure avviene un incontro profondo che entra negli occhi e arriva fino ai muscoli, è talmente potente che non può essere trattenuto, anzi non deve esserlo, e così si fa forte l’esigenza di esprimerlo per se stessi e per gli altri. Gli ometti come le parole racchiudono una simbologia che accresce il significato di ogni Aforismana.
Se guardiamo le figure tracciate con la linea sottile della penna, scopriamo che in questa stilizzazione delle forme due entità scisse in due teste si intrecciano a livello delle braccia e si fondono nelle gambe: sarà l’unione inscindibile che mantiene allo stesso tempo l’unicità e la duplicità, oppure sarà il camminare insieme pur essendo due persone diverse, o ancora sarà la necessità di equilibrarsi e di sostenersi a vicenda? L’immagine schizzata sul foglio bianco resta sempre uguale a se stessa, ciò che la “trasforma” è il vissuto di ognuno di noi che la plasma in mille sfaccettature e visioni.
Rosaria Avagliano
Studio Avart Camogli