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In libreria/ Roberto Malini. “Immergi i piedi in questo fiume di speranza” di Alatishe Kolawole 
La raccolta di poesie che apre la nuova collana di Lavinia Dickinson Editore, “Isole del suono”
Alatishe Kolawole
Alatishe Kolawole 
05 Febbraio 2019
 

È la fede che hai chiamato tre volte

chiedendo tre cose che mettessero il sorriso

sui volti dei senza voce e degli indifesi,

nelle viscere di un paese spietato,

dove le persone migliori non sopravvivono,

se non strisciando e masticando amaro?


Alatishe Kolawole è nato trentadue anni fa a Ijebu-Ode, nello Stato di Ogun, a sud-ovest della Nigeria. È il maggiore di cinque fratelli ed è un uomo di pace in una nazione dove la pace, da tanti anni, non è che un sogno. Una nazione in cui centinaia di persone perdono la vita a causa degli attentati, mentre si registrano ovunque casi di giustizia sommaria, tortura, trattamenti inumani e degradanti, sgomberi forzati di intere comunità. È un uomo che ha fede nel progresso in un Paese dove l’ottantacinque per cento della popolazione vive con meno di due dollari al giorno, l’aria è gravemente inquinata e le falde acquifere, i fiumi, le foreste, le coltivazioni che costituiscono l’unica fonte di sostentamento per milioni di esseri umani sono avvelenate dal petrolio.

Proprio perché uomo di pace e di progresso, il trentaduenne Alatishe Kolawole è un poeta. Ho incontrato la sua poesia alcuni anni fa e mi ha colpito profondamente per la novità che porta con sé: il ritmo tribale amplificato fino alla globalità, il colore blu della malinconia e quello aureo della speranza, espressi contemporaneamente in un inno alla fratellanza umana. A volte Alatishe riscrive le sue poesie affidandosi alla memoria, apportando lievi, ma significative variazioni e rivelando la tradizione orale della cultura yoruba, da cui proviene. È una cultura antica come la civiltà, che si tramanda fino ai nostri giorni grazie alla memoria ancestrale, al ricordo del dialogo infinito fra i vivi, i morti, la terra e il cielo. Un retaggio che nei suoi strati più recenti comprende la tragedia della schiavitù: quasi un milione di esseri umani deportati dalla Nigeria verso le Americhe, dove persero ogni diritto, ma contribuirono, con le loro lotte per la libertà, a nuove, fondamentali conquiste della civiltà, espresse nella musica e nella poesia afroamericane. Nei versi di Alatishe si riscopre questo patrimonio di sapere e progredire, ancora sottovalutato in Occidente, unito a una personale rielaborazione della poesia internazionale antica e moderna.

Grazie a questa cultura viscerale, che non ha tempo né luogo, torna con Alatishe la figura leggendaria del vate, il poeta che guida l’umanità verso uno sviluppo morale, un sapere libero da dogmi, ma pregno di valori che conducono all’idea di una società più unita e costruttiva. Le sue liriche sono sempre testimonianze, in cui affiora inevitabilmente una responsabilità dei versi. Il poeta nigeriano è un nuovo Giasone, che cerca nel mondo eroi e poeti simili a lui, che formino l’equipaggio del cambiamento e si imbarchino sulla “nave dei libri”, alla ricerca di un vello incorporeo, intessuto di quella pura luce che risponda alle ansie, alle paure, ai dubbi del genere umano. Un manto simbolico, necessario alla comunità dei popoli come l’acqua o il pane, che il nostro poeta chiama “sorriso”. Se si vuole uscire dalla babele dell’egoismo, della violenza, della discriminazione, della paura, è necessario farsi toccare ed affratellare dal sorriso della poesia.

Ci sono centinaia di lingue in tutto il mondo,

ma solo un sorriso sa parlare a tutti.

Come nei canti yoruba o nella musica derivata dai canti di lavoro, le diverse tradizioni e culture si integrano in una forma d’arte e scrittura multiculturale, che Alatishe rappresenta e ci propone nell’immagine simbolica di un libro che ha un arcobaleno in copertina. Il libro della Storia di tutti noi esseri umani in forma di poesia, l’opera migliore mai scritta dai poeti, l’oracolo in cui è facile interpretare le linee del futuro. Alatishe scrive i suoi versi in Nigerian Pidgin, un dialetto inglese che, pur non essendo fra le lingue ufficiali, è comunemente usato in Nigeria. È la stessa lingua in cui scrive le sue opere Wole Soyinka, poeta e drammaturgo nigeriano, premio Nobel per la Letteratura 1986. Grazie a una sensibilità linguistica molto sviluppata, però, aiutandosi con i traduttori online, l’autore compone i suoi versi anche in altre lingue, fra cui l’italiano. Ho tradotto le poesie che fanno parte di questa raccolta in stretto contatto con l’autore, modificando alcune espressioni e alcuni termini per facilitarne la comprensione al lettore italiano e realizzando così un piccolo grande libro magico capace di esprimere la missione del poeta Kolawole:

Se tutti noi, quando torniamo a casa,

uniamo i nostri libri alle persone,

tocchiamo i loro volti e le loro vite

e amiamo le nostre famiglie,

inizieremo a trasformare il mondo.

 

Roberto Malini

 

 

Alatishe Kolawole. Immergi i piedi in questo fiume di speranza

Traduzione di Roberto Malini

Lavinia Dickinson Editore, 2019, pp. 56, € 9,90


Foto allegate

La copertina del libro
Veduta aerea di Ijebu-Ode, Nigeria
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