La settimana scorsa, a proposito dell'ultimo film di Mario Martone: Capri – Revolution, mi è venuto fatto di parlare di un film-saggio, e cioè di un film nel quale il dibattito delle idee prevale sul racconto; o meglio in cui il racconto, mettendo a confronto o in conflitto, personaggi che hanno opposte visioni della realtà, ha per oggetto il dialogo, lo scontro tra quelle visioni.
Il caso vuole che esca in questi giorni in Italia un film francese che sembra un esempio ancora più netto, più evidente, di film-saggio. Il titolo italiano è Il gioco delle coppie; ma il titolo originale è: “Doubles vies” (Doppie vite). Lo ha diretto Olivier Assayas.
Come si conviene a un saggio, il film non ruota intorno a un personaggio o a un fatto, ma a un fenomeno culturale: l'affermazione dell'editoria elettronica a scapito dell'editoria cartacea. E per comprendere se ciò sia un bene o un male, per indagare sulle implicazioni di questo fenomeno, mette a confronto tra loro vari personaggi ognuno a suo modo implicato nell'industria culturale: come un editore, uno scrittore, un'attrice, un'esperta di editoria elettronica.
Ciò che si desume dal confronto delle loro opinioni, è che se la differenza tra un libro elettronico e un libro di carta è in apparenza soltanto quella tra diversi strumenti di lettura, l'affermazione dell'e-book è dovuta a ragioni economiche, e cioè a un risparmio dei costi di produzione e del prezzo di acquisto del libro.
Cosicché il libro – che nell'industria culturale ha sempre avuto un doppio valore, un valore artistico e culturale e un valore commerciale, non sempre coincidenti tra loro – il libro sarebbe ora visto sempre più come una merce, e sempre meno, per esempio, come espressione di verità e di bellezza. Insomma: il mezzo di lettura finirebbe per degradare il contenuto, e cioè il libro stesso.
Ecco, allora, che nel film l'editore prende in seria considerazione la proposta di pubblicare una raccolta di tweet come fosse una raccolta di poesie.
E lo scrittore, di cui è nota la relazione con un'annunciatrice televisiva, inserisce nel suo romanzo una scena erotica particolarmente spinta tra un uomo che somiglia a lui stesso, e una ragazza che adombra quel personaggio televisivo di successo: con l'intento, forse inconfessato anche a se stesso – lui si ritiene un artista rigoroso – di fare scandalo e, grazie allo scandalo, far vendere il suo libro.
Se nel film di Assayas si parla soprattutto di libri, interessa all'autore il riflesso nella vita privata dei personaggi, dei fenomeni culturali e sociali che discute.
Il cinema, e particolarmente la commedia, ha raccontato ripetutamente, fino all'estenuazione, di adulteri e di tradimenti. Il gioco delle coppie riprende questo tema, combinando un senso di cinismo alla raffinatezza culturale dei personaggi. Il racconto sembra suggerire che, nello stesso tempo in cui si degradano l'arte e la cultura, si degradano anche le relazioni umane, prima fra tutte l'amore. (C'è, è vero, un riscatto positivo nel finale del film, che sembra però più un auspicio che una realtà in cui si creda fino in fondo. Ma è anche vero che se perfino i francesi leggono sempre meno libri, i bambini restano grandi lettori.)
Ora, questo intreccio di idee imbastito dal film può non essere condiviso dallo spettatore, o anche respinto in blocco. Ma l'intento di un film-saggio, almeno in questo caso, non è quello di imporre una tesi, ma di indurre alla riflessione.
E il film di Assayas riesce, credo, nell'intento, grazie a una conversazione a più voci, leggera e sottile.
Gianfranco Cercone
(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 5 gennaio 2019
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