A volte, un film – come un romanzo – può racchiudere in sé una specie di saggio, un dibattito di idee. In questo caso, i personaggi incarnano ognuno una diversa visione del mondo, e i conflitti che li contrappongono hanno una funzione dialettica, rappresentano cioè il dialogo, lo scontro, tra quelle diverse, opposte visioni, che proprio contrapponendosi hanno modo di chiarirsi e di svilupparsi.
Mi sembra questo il caso dell'ultimo film di Mario Martone: Capri – Revolution.
Ambientato perlappunto a Capri, ai tempi della prima guerra mondiale, racconta di una comunità di artisti, di intellettuali, provenienti dal Nord dell'Europa, che, riunitisi intorno alla figura carismatica di un giovane pittore, sperimentano una loro, personale rivoluzione: danno vita a una società alternativa, dove non esistono legami di coppia o famiglie tradizionali, si pratica il libero amore, i figli sono allevati in comune, non si mangia la carne, si prende il sole completamente nudi, ci si abbandona a inebrianti danze collettive dalle quali dovrebbe scaturire un'energia positiva, un calore affettivo, erotico, che dovrebbe unire la comunità.
La funzione dell'antitesi, nel racconto, è incarnata da un giovane medico napoletano, che, giunto a Capri in qualità di medico condotto, contravvenendo alle regole della società caprese, che tollera, ma anche isola, quella setta di stravaganti, li frequenta, e si intrattiene a conversare con quel pittore che è il loro leader.
Un uomo di scienza come lui, non può non essere scettico nei confronti del misticismo, dell'irrazionalismo, che permea i loro discorsi e i loro comportamenti. Ma il suo argomento polemico più stringente è questo: mentre infuria per tutta Europa una guerra, mentre l'Italia ha deciso di impegnarsi, di combattere contro gli Imperi centrali, la cui vittoria in Europa comporterebbe una restrizione delle libertà degli altri Stati, non è una forma colpevole di evasione la ricerca della felicità in un piccolo mondo a parte?
Il pittore potrà rispondere che non esiste libertà che non scaturisca da una rivoluzione nell'intimità di ogni individuo, che soltanto un gruppo di individui liberati, contagiando con la forza del proprio esempio altri individui, potrà gradualmente rigenerare la società; e che la guerra, dalla quale il medico attende un rinnovamento dell'Europa, è un effetto di quella logica distruttiva che è proprio la malattia della nostra civiltà.
Ma nel film c'è un'altra antitesi, che è proprio interna alla comunità. La incarna uno psicanalista il quale, ritenendo che le pulsioni distruttive siano una componente ineliminabile della natura umana, che reprimerle del tutto può indurre nevrosi, vorrebbe farle sfogare in dosi omeopatiche attraverso la caccia, o attraverso riti che evocano, soltanto evocano, gli antichi sacrifici umani. Per questi insegnamenti sarà radiato dalla comunità, che però con questa decisione contravverrà ai propri principi liberali, di libera espressione delle idee.
La simpatia dell'autore del film per la comunità emerge comunque attraverso la figura di una giovane allevatrice di capre, che, entrando in contatto con quella specie di hippy ante litteram, troverà la forza per liberarsi dai vincoli di una famiglia patriarcale, dall'oppressione dei fratelli, e imparerà a leggere e a scrivere.
In questo resoconto ho evidenziato la qualità saggistica del film, e cioè come al centro del racconto ci sia uno scontro di idee. Va detto però che ognuna di quelle idee trova nel personaggio che le incarna una raffigurazione del tutto confacente (sebbene un po' convenzionale, come è forse inevitabile quando un personaggio non vale tanto per se stesso, ma appunto per l'idea di cui è emblema, mentre più libera è la raffigurazione della società caprese, del personaggio dell'allevatrice e del paesaggio naturale).
Lo scontro di idee coinvolge perché contrappone diverse ragionevolezze. È cioè tutt'altro che ovvio chi abbia ragione o torto, e lo spettatore è chiamato a formarsi una propria opinione.
Si tratta dunque di un film molto interessante.
Gianfranco Cercone
(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 29 dicembre 2018
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