Ho scritto l’ennesimo appello alle istituzioni dell’Unione europea, chiedendo un intervento immediato che conduca in salvo i migranti che attualmente si trovano a bordo delle navi Sea Watch 3 e Sea Eye. Nel messaggio, scritto con le parole della civiltà e anche con quelle della poesia, mi chiedo se l’Unione europea esista ancora o se stia diventando un’entità incorporea, incapace di concretezza nelle azioni a salvaguardia della Carta dei diritti fondamentali. Un sogno tanto bello quanto volubile, instabile e fuggitivo, come nel mito greco.
Se leggiamo le parole di chi per primo tracciò il progetto di un continente in pace e unito, non riconosciamo l’Unione europea del nostro tempo, che preferisce gli scontrini alla vita di chi fugge da crisi umanitarie.
Esiste l’Unione europea, mentre migliaia di migranti muoiono nel deserto, nei covi dei trafficanti, sul mercato degli organi, nelle carceri di nazioni senza diritti umani? Esiste, mentre i pochi difensori dei diritti umani che chiedono giustizia e accoglienza vengono ripetutamente insultati, minacciati, sottoposti a persecuzione giudiziaria e gli scrittori civili sono sottoposti a una stretta censura da parte delle istituzioni e dei media, che ormai ne sono emanazioni?
Sulle due navi le condizioni dei migranti, fra cui numerosi bambini, si deteriorano, mentre ogni porto si dichiara “chiuso”, nonostante la Convenzione di Ginevra del 1951 e le altre leggi vigenti nell’Unione prevedano il diritto inalienabile all’accoglienza.
Concludo l’appello invitando l’Unione ad alzarsi in piedi e riscoprire di avere un’anima e dunque a intervenire prima per salvare i migranti sulle due navi, poi per fermare lo scandalo dei porti chiusi, visto che interviene con determinazione (allora esiste!) quando si tratta di deficit.
Roberto Malini