Il 9 febbraio 1869 nasceva a Chiavenna il poeta Giovanni Bertacchi. Il cantore delle Alpi era nato da Teresa Morelli di Bette e da Giuseppe, di una famiglia giunta all’inizio dell’Ottocento a Chiavenna da Tremezzo, dov’era emigrata nel secolo precedente da Lezza di Ponte Lambro. Dopo gli studi elementari, Giovanni Bertacchi frequentò a Como il liceo presso il collegio Gallio e si laureò in lettere all’Accademia scientifico-letteraria di Milano, la futura Università statale. Insegnò al Parini e al Manzoni, prima di essere chiamato “per chiara fama di poeta”, senza concorso, alla cattedra di letteratura italiana presso l’Università di Padova, dove insegnerà per vent’anni, ritirandosi volontariamente per non dover firmare il richiesto giuramento al Fascismo.
Noto come forbito oratore, fu ripetutamente richiesto al Teatro alla Scala e nei più noti teatri di Milano e d’Italia, tanto che molti suoi discorsi furono dati alle stampe. Fu critico letterario, pubblicando vari studi, ma qui si vuole ricordare la sua produzione poetica per una decina di raccolte, di cui la più nota è Il canzoniere delle Alpi, che ebbe molte edizioni, fino a superare le ventimila copie. Si impose così come il cantore delle Alpi, dando voce per la prima volta nella poesia italiana alla vita degli alpigiani e ai loro valori.
Per ricordare il 150° anniversario della nascita, avvenuta nella casa che oggi si affaccia sulla piazza del municipio a lui intitolata, dove ha sede la filiale della Banca popolare di Sondrio, il Centro di studi storici valchiavennaschi è capofila di un comitato costituito per l’occasione. L’evento di apertura dell’anno bertacchiano si terrà venerdì 4 gennaio nel salone del palazzo Pestalozzi-Luna in via Carlo Pedretti 2 a Chiavenna, e con inizio alle ore 17. In quella sede Guido Scaramellini, presidente del Centro di studi storici valchiavennaschi e autore di tre edizioni delle Poesie dialettali di Bertacchi, parlerà del poeta e leggerà alcune sue poesie sul Natale in lingua e in dialetto chiavennasco, a cominciare da “Un momént de nostalgìa”, lo struggente ricordo, mentre era “esule” a Padova, dei natali della fanciullezza passata tra i suoi monti.
Cristian Copes