Custode di dune è il secondo libro di Lucia Boni che ho il piacere di leggere, dopo Lembi e le sette chiese. Entrambi i testi hanno una singolare, accattivante, spontanea eleganza.
Custode di dune si presenta come una raccolta di pensieri che nella stesura prendono forma di dialogo. Un dialogo per due voci in tre scene e quattro movimenti… che si intrecciano ai molteplici, inesauribili fili del reale e del fantastico.
In ogni pagina si coglie un sottile e fuggevole alone di mistero e non tanto relativo al dialogo o non-racconto quanto all’indecifrabilità del destino che circonda uomini e cose presenti sulla scena.
Personaggi umani e non (il vento, le onde, le dune, i massi, le luce e l’ombra) rendono viva “una scrittura che cerca di sé mentre si svolge”, scrive Angelo Andreotti nella prefazione, dal titolo emblematico, “La trama nascosta”. Una scrittura di cui sfugge l’essenza della propria origine, ma non della necessità a voler essere “racconto” o semplicemente un “dire” quale oggetto destinato a soddisfare una domanda che il “dire” stesso produce e simultaneamente genera il desiderio di esprimersi tramite la scrittura.
È nella scrittura che il logos si espande, si dialettizza in parole ed immagini disseminando orme, tracce, emozioni e figurazioni; scrittura viva che attende di essere letta e ascoltata da un’umanità spesso ignara della necessità di comunicare anche nell’ascolto dell’altro.
La Boni scrive: … penso che non sempre si possa formulare in forma di “storia” la realtà complessa che ci invade, narro percezioni, respiri, palpiti, brividi, soffi…
e ancora: … Quelle che, per semplificare, chiamiamo parole, sono leggerissime, trasparenti percezioni, ma appoggiate stabilmente, esprimono energia, hanno la portata possente di un largo fiume che avanza, certo del suo destino.
Sulla realtà frantumata dalle azioni degli uomini le parole, create dallo spirito, assumono la portata possente di molteplici, indefiniti infiniti che trascinano verso l’altrove per dare senso alla nostra vita e a quella degli altri.
E continua: … Il significato di tutto quello che mi sta attorno, non mi arriva dall’esterno, ma l’ho dentro…
La scrittura della Boni, in altri termini, nasce dallo “sguardo interiore” che nello svolgersi delle cose, in un clima di sospensione tra ragione e immaginazione (alito chiaro), protende verso l’orizzonte liquido pur restando immobile come una statua, a difendere le dune di sabbia (l’indicibile… l’invisibile…), diviene poesia o Custode di dune. Poesia volta a coinvolgere quel lettore bramoso di entrare nel labirinto delle meraviglie per conoscere la via della libertà.
Parole leggerissime, liberate dai “lacci” della razionalità e dalle convenzioni sociali espresse in prosa distesa sulla piana modulazione.
Parole simbolo della realtà come un gioco di specchi in cui è obbligata la nostra esistenza, e dove spesso cause ed effetti (oggetto e immagine riflessa) si scambiano il ruolo, che ci costringe a rimandare sempre a qualcos’altro, a tentare di esprimere la presenza di qualcosa di assente o che è impossibile percepire, qualcosa la cui esistenza o conoscibilità dipendono, in qualche modo, dal simbolo stesso, che è, in sostanza, la nostra unica porzione di verità.
Lucia Boni percepisce il modo di vivere come continua indagine sui processi dell’essere e dell’esserci, tanto che la sua poetica risulta intrisa di conoscenza, esperienza ed interpretazione strettamente connesse all’uomo e alla natura.
Ciò che colpisce, in Custode di dune, è il tono di serenità metafisica che si può cogliere anche in quel … raccogliere l’istante dell’ombra e l’espandere nella luce… (Il finale e il dopo ) …che, mentre abbraccia e riscatta il consumarsi del tempo, veicola un messaggio o forse… un invito ad aprire spazi alla fantasia, all’immaginazione e alla creatività.
Giuseppina Rando
Lucia Boni, Custode di dune
Campanotto Editore, 2018, pp. 96, € 10,00