L'8 e 9 dicembre scorso ad Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti, si è svolto un importante incontro sul fenomeno delle migrazioni contemporanee alla luce del dialogo interreligioso. La location è stata scelta perché, oltre ad essere il più grande Emirato, risulta la seconda destinazione più sicura dopo la Finlandia, secondo il Travel & Tourism Competitiveness Report 2017 (cfr. pag. 35) pubblicato dal World Economic Forum. Il documento tiene conto di 136 Paesi e valuta secondo i parametri della sicurezza e dell'infrastruttura dedita al trasporto aereo. Inoltre, come altri ex protettorati britannici, nel Paese è conosciuta in maniera fluente la lingua inglese; questi elementi la rendono un centro privilegiato nella Penisola Araba per conferenze internazionali su diversi temi quali sostenibilità, ingegneria, medicina e, in questo caso, migrazioni e religioni.
Il fine dell'incontro è stato quello di sviluppare ed ampliare il dialogo tra le comunità religiose europee e quelle del MENA (Middle East and North Africa) ed affrontare il tema delle migrazioni, argomento sempre più di attualità in un'Europa dove le politiche di accoglienza stanno lentamente facendo spazio a scenari di nuovi o vecchi razzismi e alla crescente intolleranza verso i migranti.
Così, in un clima di pace e collaborazione, una trentina di figure di spicco delle più diffuse religioni in Europa, Africa e Penisola Araba si sono riunite per discutere su diversi aspetti del fenomeno migratorio. Un focus specifico è stato inoltre dedicato al Mar Mediterraneo, ultimo scoglio da affrontare prima di giungere sulle sponde dell'Europa, dopo un viaggio che può durare anche diversi anni, a seconda del luogo di provenienza.
I principali promotori del seminario sono stati il Forum for Promoting Peace in Muslim Societies e l'organizzazione Religions for Peace, entrambe organizzazioni nate con il fine di favorire la convivenza pacifica tra le diverse popolazioni utilizzando gli strumenti spirituali propri delle religioni, volendo così puntare sulla valorizzazione della diversità delle fedi piuttosto che sulla messa in secondo piano delle stesse. Inoltre, il Forum for Promoting Peace in Muslim Societies si occupa di riunire le guide religiose presenti nel mondo islamico al fine di conciliare il credo e la pratica religiosa con le sfide della modernità. Religions for Peace, invece, opera in più di 90 nazioni fin dagli anni '60 ed ha collaborato per la buona riuscita dell'evento anche con il Consiglio Europeo delle Guide Religiose (ECRL).
In tal senso, è significativa l'affermazione: «Se la risposta umanitaria ha certamente la priorità immediata, analisi e strategie a lungo termine sono sempre più necessarie» con la quale Sheikh Abdallah Bin Bayyah, presidente del Forum for Promoting Peace in Muslim Societies e William Vendley, segretario generale di Religions for Peace segnano l'inizio dei lavori.1
I relatori sottolineano come l'accoglienza immediata per chi ha difficoltà o è in pericolo di vita dovrebbe essere una priorità ma, in un secondo momento, gli stati europei ed africani dovrebbero congiuntamente attuare strategie di lungo periodo per affrontare le migrazioni, tenendo sempre presente l'obiettivo di salvare il maggior numero di vite possibili e considerando, allo stesso tempo, che le migrazioni sono sempre esistite e sono un fenomeno mai completamente arrestabile.
Durante l'incontro infatti è emersa la necessità di un intervento dei principali leader religiosi del Nord Africa, Medio Oriente ed Europa, in quanto molti episodi di razzismo nei confronti dei migranti nascono proprio dalla non conoscenza di religioni e tradizioni diverse, contestualmente alla strumentalizzazione politica del tema delle migrazioni. Inoltre, sono stati prese in esame le cause degli ipotetici prossimi scenari migratori, allo scopo di supportare con consigli e strategie le autorità dei singoli stati, organizzazioni internazionali e guide religiose impegnate nel difficile compito di promuovere la pace ed il dialogo interreligioso.
Tra i partecipanti al convegno si segnalano l’imam Yahya Pallavicini, presidente della COREIS (La Comunità Religiosa Islamica Italiana), il vescovo di Borg Atle Sommerfeldt (Norvegia), Aref Ali Nayed, presidente di Kalam Research and Media (Libia), Sheikh Rafea Taha Al-anni, Mufti dell’Iraq, padre Fadi Daou, presidente Adyan Foundation (Libano) e Mark Owens, segretario generale del Consiglio Europeo delle Guide Religiose, RfP (Regno Unito).
La conferenza s'inserisce all'interno di un contesto di altri eventi riguardanti le religioni e le migrazioni tenutisi nel mese di dicembre, mese molto attivo per la cooperazione ed il dialogo; infatti ha avuto luogo, sempre ad Abu Dhabi, il seminario sui rapporti Unione Europea-MENA (5-7 dicembre) dove l'imam italiano Yahya Pallavicini è intervenuto trattando di migrazioni, religioni e crisi umanitarie. Scopo dell'incontro è stato portare avanti i principi della “Dichiarazione di Marrakesh” del 2016 sui diritti delle minoranze religiose nei Paesi a maggioranza islamica, dove è stata ancora una volta sottolineata l'urgenza di garantire luoghi di culto in tutti i Paesi in modo da promuovere maggiori iniziative per la pace e la cooperazione, nonché prevenire episodi di incomprensione e storici equivoci tra musulmani ed Occidente, dove spesso, a causa di alcuni gesti isolati, viene accusata e colpevolizzata un'intera comunità. Per questo infatti è necessario che le principali religioni si alleino costruendo un ponte per evitare sia episodi di discriminazione che dimostrazioni di violenza in nome di un Dio che non assomiglia a quello delle Sacre Scritture.
Infine, l'11 dicembre a Marrakech (Marocco) si è svolta la Conferenza intergovernativa per l'adozione del Global Compact per una migrazione sicura, ordinata e regolare.
Lo scopo della Conferenza è stato quello di adottare formalmente il Global Compact for Migration, come concordato dagli Stati membri delle Nazioni Unite il 13 luglio 2018.
Il Global Compact for Migration è il primo accordo globale dell'ONU che tratti di un approccio comune alle migrazioni internazionali. Pur essendo non giuridicamente vincolante, si fonda sui valori della sovranità popolare, della non discriminazione e del rispetto dei diritti umani. I suoi obiettivi riguardano principalmente la riduzione dei rischi e la vulnerabilità dei migranti e l'incentivo ad attuare politiche per migliorare la condizione delle persone nei Paesi di origine.2 Infine, l'accordo ha l'intento di indurre la comunità internazionale a riflettere sui benefici complessivi delle migrazioni e creare condizioni favorevoli che consentano ai migranti di arricchire le nostre società grazie al capitale umano, economico e sociale di cui sono portatori, facilitando così il loro contributo allo sviluppo sostenibile a livello locale, regionale, nazionale e globale.
Enrico Bernardini
1 Fonte: Januaforum, 10/12/2018.
2 Fonte: www.un.org
Sitografia
SIR Servizio di Informazione Religiosa
Januaforum
Religions for Peace – Sezione italiana
Nazioni Unite – sito istituzionale
Travel & Tourism Competitiveness Report 2017, World Economic Forum