Genova – Le autorità non avvisano più, prima di avventarsi su un campo di emergenza, in cui sono rifugiate famiglie indigenti, per sgomberarlo e distruggerlo con le ruspe. La disumanità vince e le cittadinanze, in attesa del Santo Natale, applaudono gli sgherri armati e i cingolati distruttivi che annientano vite umane e mettono famiglie indigenti in mezzo alla strada, mentre la temperatura scende e minaccia la vita stessa dei bambini, delle donne, degli innocenti che si ritrovano, spesso di primo mattino, senza un riparo sulla testa né un’idea di futuro.
Roma, a Ponte di via delle Valli le forze dell’ordine e l’Ama hanno sgomberato un insediamento rom lungo la tangenziale est. Milano (la città in cui la qualità della vita, secondo Il Sole 24 Ore, è la migliore d’Italia: non quella di tutti!), a Sesto San Giovanni, sgombero in viale Casiraghi, dove in un’azienda abbandonata, senza nuocere ad alcuno, numerosi rom avevano costruito le loro baracchine e tende, con materassi, piatti, pentole e fornelli. Cacciati via, senza alternative sociali (a cosa servono allora i servizi sociali? A giustificare la violenza istituzionale?). Un altro campo è sotto sgombero a Navacchio, frazione del comune di Cascina, in provincia di Pisa. L’appello di Munira Halilovic, madre di cinque bambini, non è servito a nulla. Il Comune le ha offerto tremila euro per andarsene e trovare una soluzione abitativa da sola, senza alcun sostegno. La gente del posto, anziché protestare contro un’atrocità vera e propria, afferma di sentirsi sollevata e plaude alle istituzioni locali che hanno usato il pugno di ferro con la famigliola indigente ed emarginata. E con l’intera comunità, fatta di altre famigliole nelle stesse condizioni di quella di Munira.
Oggi a Genova, uno dei comuni meno umani con i poveri, le baracche e le tende in salita Cappuccini di Campi sono state annientate dalle ruspe di Amiu e della Città di Genova. Alcune famiglie, per evitare il contatto con le forze dell’ordine, temendo denunce, fogli di via e sottrazione di minori, se ne sono andate all’alba, in un gelo insopportabile, verso nessuna meta. Le altre hanno ottenuto sette giorni in albergo e poi via, in mezzo alla strada senza alcuna prospettiva, neanche per i sette bimbi, già provati da malnutrizione, freddo e povertà.
Questo è Natale? Hanno senso i sorrisi della gente che vuole sentirsi buona, in pace con la propria coscienza? E le luminarie, brillanti come stelle nelle notti di ghiaccio? E gli auguri, le messe, le canzoncine gioiose che salutano il bambinello e la sua famiglia, una famiglia che era povera e perseguitata come quele sgomberate nella penisola? No. Il rumore delle ruspe, le voci secche degli uomini in divisa coprono ogni altro suono. Ha ragione don Farinella. Niente Natale, niente messe, niente falso calore umano, quest’anno, per i buoni.
Roberto Malini