Che il futurismo sia sorto a Milano, non è privo di significato. La metropoli lombarda era pur sempre la città più viva d'Italia. (Carlo Carrà)
Quante anime per questo pittore! Quante vite ha vissuto ed esperienze attraversato Carlo Carrà... divisionista, futurista (e del futurismo, prima di staccarsene, fu anche importantissimo teorico), “primitivista”, metafisico (coinvolto in primis dall'esempio di Giorgio De Chirico e Alberto Savinio), classicista a suo modo e naturalista, fino ad approdare all'essenza esistenziale, al nudo e segreto cuore delle cose.
È stata una parabola artistica incredibile e lunga e feconda quella di Carlo Carrà (1881-1966), dalla provincia alessandrina alla metropoli meneghina, seguendo e precedendo movimenti, creando impulsi con formidabili intuizioni.
La mostra milanese dedicata a Carrà, in corso al Palazzo Reale, e promossa e prodotta dal Comune di Milano Cultura in collaborazione con Palazzo Reale e Civita, è quanto mai esaustiva (130 opere dalle più importanti collezioni italiane e straniere), con un percorso assai ben tracciato che consente di cogliere le molteplici sfaccettature di un artista sempre in cerca. Un pittore gigantesco per impatto sul proprio tempo e, nonostante la sua irripetibilità, per gli influssi esercitati. Scintillante o meditativo, mai avulso neppure quando s'appartava, monumentale e contemplativo, in colloquio con la Natura, ieratico alla fine dei suoi giorni (e sempre creativo) nella conquista della purezza, Carrà continua a emozionare il nostro intelletto.
In un breve lasso di tempo si può trascorrere dalla cubofuturista Composizione con la testa, proveniente dallo State Pushkin Museum of Fine Arts di Mosca (1915, collage, tempera e cartoncino, 40,6 x 30,2 cm), a La Musa metafisica, patrimonio della Pinacoteca di Brera (1917, olio su tela, 90 x 66 cm), nel cui “astratto” contesto compie tuttavia un'impetuosa irruzione la Storia per il tramite della cartina che raffigura l'Istria e la vicina Trieste (e la metafisica Musa, senza volto, è bardata da tennista... che le sorti – la Grande Guerra docet – siano anonime e imperscrutabili?). Già un notevole scarto ispirativo si registra con I nuotatori (o Bagnanti, 1932, olio su tela, 63,5 x 108,5 cm) e con Il Cinqualino (1939, olio su tela, 25 x 30 cm): sorprende nel primo quadro la dinamica fissità della scena, una sorta di statico movimento, con quel verde delle acque marine quasi irreale, estivo, allucinato; un giorno che non è giorno... Cinqualino è invece un dipinto quieto, sereno, atarassico si direbbe, una distaccata empatia... Artista ossimorico parrebbe talora Carlo Carrà, capace di “bisticci” e miracolose ricombinazioni. E quanta distanza dalle opere sopra citate separa, per esempio, lo scintillante e fantasmagorico Luci notturne (1911, tempera su carta, 35 x 30 cm) e il frenetico, seppur crepuscolare, Stazione di Milano (1910-11, olio su tela, 80 x 90 cm), ma questo era Carrà: artista in perpetuo divenire. Immergiamoci allora in quest'opera multiforme, compiamo il viaggio insieme coi Ricordi d'infanzia (1916, olio su tela, 30 x 40 cm) – tanto più nostalgico quanto più si pensi alla coeva tragedia del conflitto che devastava le plaghe d'Europa –, con lo sberleffo della Composizione grafica buuu (1914, inchiostro su carta, 31 x 20,9 cm) e con Cineamore II e III (1914, inchiostro su carta, 27,2 x 36,3 cm) – ché i mezzi usati dal Carrà variavano con somma maestria –, con la stranita delicata Vigilia di Pasqua (1937, olio su tela, 129 x 85 cm), con il Gentiluomo ubriaco (1916, olio su tela, 60 x 45 cm), con il malinconico Pioggia al mare (1929, olio su cartone, 50 x 60 cm), con il meraviglioso classicheggiante Atleti in riposo (pugilatori, 1935, olio su tela, 119 x 171 cm), con La libecciata (donne al mare, 1956, olio su tela, 101 x 122 cm) – magnifica simmetrica composizione di eros panico – e con le nature morte, le riprese bibliche o mitologiche, i paesaggi, gli studi, i nudi, gli autoritratti, con il plasticissimo Partita di calcio (giocatori, 1934, olio su tela, 100 x 69 cm) – l'irruzione del tema sportivo nella pittura (non più ingessata), un calco antico se vogliamo... –, con la citazione colta e delicatissima de Il ritorno dai campi (1937, olio su tela, 100 x 129 cm), con lo struggente infine, e pur sospeso fra eros e thanatos, La casa dell'amore (1922, olio su tela, 90 x 70 cm).
La chiusa a quel gran maestro della storia dell'arte che fu Roberto Longhi: «Cominciava allora la nuova pittura italiana di cui Carrà fu subito un protagonista. Vedetelo mentre dipinge e quasi sferza la sua tela, con le due smorfie di ogni pittore vero. Sulle labbra, quella della fatica materiale che l'opera sempre richiede all'operaio; sulla fronte, il cipiglio, invece, mentale, mentre s'inflette sulla memoria della propria poesia che sempre duole ripassando per gli occhi».
Alberto Figliolia
Carlo Carrà. Una vita appassionata, a cura di Maria Cristina Bandera. Fino al 3 febbraio 2019. Palazzo Reale, Piazza Duomo, Milano.
Orari: lun 14,30-19,30; mar, mer, ven e dom 9,30-19,30; gio e sab 9,30-22,30. La biglietteria chiude un'ora prima.
Info: tel. 199151121 e, dall'estero, 02 89096942; e-mail mostracarra@civita.it; siti Internet www.mostracarlocarra.it e www.palazzorealemilano.it.
Catalogo, in abbinamento con il cd musicale, prodotto da Concerto Classics, Nel salotto di Casella: la musica da camera di Alfredo Casella, collezionista di Carlo Carrà: Marsilio Editori.