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Marisa Cecchetti. “La morte di Murat Idrissi” di Tommy Wieringa
04 Dicembre 2018
 

Tommy Wieringa

La morte di Murat Idrissi

Traduzione dall’Olandese di Elisabetta Svaluto Moreolo

Iperborea, 2018, pp. 126, € 15,00

 

Ilham e Thouraya sono due giovani marocchine ormai cittadine olandesi grazie ai loro genitori che sono riusciti ad arrivare in Europa. Tornano da una vacanza in Marocco. Sul ponte di coperta, nell’attraversare lo stretto di Gibilterra, un ultimo sguardo al Rif, ma senza apparente nostalgia perché ciò che hanno visto non corrisponde al loro mondo: a Rabat “tutto si moltiplicava sotto quel sole furibondo. Mosche, cani, persone; batteri nella carne appesa fuori nei vicoli. Pezzi bluastri di trippa di bovino, carcasse scuoiate di montone, i coglioni ancora attaccati… Il marciume, gli storpi, le loro ferite, la sporcizia. Quella era ovunque, era lo stato naturale di ogni cosa”.

Disorientate e lontane da casa hanno trovato a Rabat una guida in Saleh, un giovane che le coinvolge, quasi con una forma di ricatto morale, in una impresa al di là di ogni loro immaginazione.

Solo il pensiero che loro stesse avrebbero potuto trovarsi in situazioni invivibili come quelle con cui vengono a contatto, le fa tremare: “ai margini del cerchio grigio di cenere sacchi di immondizia fumavano lentamente…Le catapecchie erano costruite con materiale deperibile, legno, plastica –facile preda di tempeste. Le lamiere dei tetti erano tenute ferme da pneumatici, blocchi di pietra, tajine rotte e televisori”. In quelle condizioni di vita e senza la speranza di un lavoro, la madre di un ragazzo, Murat, minaccia di uccidersi se loro non accettano di trasportare suo figlio in Europa. A pagamento.

Problemi etici, legali, problemi di sicurezza, ed allo stesso tempo coinvolgimento emotivo, insieme alla abilità persuasiva di Saleh, creano una tempesta di dubbio. Sono Marocchine o Olandesi? Se loro possono vivere una vita dignitosa è grazie ai loro parenti che hanno affrontato la fuga. A Rabat le hanno osservate con curiosità, come straniere, a Rotterdam sono sempre più emarginate, per l’obbedienza alla cultura imposta dalla famiglia.

Alla fine anche Ilham accetta, la più tormentata delle due.

Riescono a superare i controlli e Murat attraversa lo stretto nel bagagliaio della macchina, coperto di valigie. All’arrivo ad Algeciras Saleh scompare e loro rimangono col ragazzo morto asfissiato in bauliera.

L’attraversamento della Spagna è un’odissea macabra e surreale, nella disperazione, nel senso di colpa, ed allo stesso tempo alla ricerca di un luogo dove sbarazzarsi del corpo. La Meseta è desolazione e fuoco, il calore esterno rende ancora più irrespirabile e nauseabonda l’aria dell’abitacolo.

Wieringa non concede sconti, racconta con realismo una delle innumerevoli morti di tanti disperati che cercano l’Europa. La vita o la morte, cinquanta e cinquanta di possibilità, ma ne vale sempre la pena, secondo loro.

Abbiamo incontrato altri disperati che attraversavano un deserto di sabbia nell’illusione di una vita migliore nel suo romanzo Questi sono i nomi (Iperborea 2014). Segno di un’attenzione costante di Wieringa per il dolore del mondo, anche quello di cui non si parla, anche quello dei morti che rimangono lungo le strade dell’esodo. Nessuno ne sa più niente e non hanno nome. Come se non fossero mai esistiti. Come quel centro di tortura marocchino che “ufficialmente non esisteva. E siccome non esisteva, non poteva neanche essere un luogo di tortura. Un grido che nessuno sente non si è mai levato”. Nemmeno quello di Murat, nascosto dai rumori della nave nella traversata.

 

Marisa Cecchetti


 
 
 
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