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Antichi mestieri e nuove proposte/ Simone G. Angiolini: Animazione turistica? Serve come il pane... 
Intervista di Maria Lanciotti per #MadeinRome
29 Novembre 2018
 

In oltre un decennio di animazione turistica ho appreso anche il lavoro di elettricista, falegname, giardiniere, scenografo, tecnico audio/luci, receptionist, cameriere, venditore e così via... Come dico sempre: fai un mestiere e imparane mille”

 

 

Lontani i tempi in cui il mare si vedeva in cartolina e le vacanze si vivevano al cinema con la commedia turistico-balneare degli anni Cinquanta. Poi l’Italia si dette una sgrullata e puntò al sodo, mirando a realizzare sogni e progetti fino ad allora solo fantasticati. E si partì in quarta per mari e per monti, animati da uno spirito vacanziero nuovo di zecca, forgiato a colpi di pubblicità dalla nascente società dei consumi. Che ebbe presto la meglio e si arrivò sparati al turismo di massa, che tutto prevede e a tutto provvede per una vacanza esente da ogni incombenza, compresa la cura dei propri pargoli. Sorsero così, quasi spontaneamente, i primi Mini Club per la custodia e intrattenimento dei minori, mediante attività ricreative a loro misura. Da questo primo passo, vinta la titubanza e abbattuto ogni senso di colpa, velocemente si passò a organizzare la giornata di grandi e piccini attraverso la figura dell’animatore, che divenne il fulcro di ogni struttura turistica e ricettiva.

Un’attività che potrebbe apparire leggera e ludica, secondo uno stereotipo generalizzato, ma che entrando obiettivamente nel merito presenta invece tutta la valenza di tale professione, fatta di sudore fatica inventiva e tanto savoir faire, il tutto a favore di ospiti d’ogni età e condizione nell’arco di ogni giorno senza mai contare le ore.

Imbattersi in animatori di livello e nel loro staff e potendo osservare da vicino lo svolgersi delle loro molteplici attività, superando imprevisti e difficoltà con abilità di giocolieri e serietà professionale, porta a riconsiderare sotto altra luce un servizio forse non adeguatamente apprezzato per quel che vale e di cui non si potrebbe più fare a meno.

Uno per tutti, Simone G. Angiolini, classe 1988, laureato in Graphic Design & Art Direction presso la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, abilitato in Animazione e Direzione Artistica. Invitato a raccontarsi non si risparmia e offre non solo un tracciato del suo personale vissuto ma anche di tutto un contesto relativo all’occupazione giovanile oggi.

 

Tanto per cominciare, quando e dove muove i primi passi in campo lavorativo?

Iniziai a lavorare come istruttore di Vela, durante gli studi, all'Idroscalo di Milano e saltuariamente alla sede di Dervio sul lago di Como. Però ho sempre avuto una spiccata predisposizione per il palcoscenico.

 

Buona formazione professionale, esperienze lavorative interessanti, propensione all’arte scenica. Un bel bagaglio, ricco di opportunità e di prospettive, che lei mette al servizio dell’animazione turistica. Perché? Tutto vi ha contribuito o qualcosa in particolare ha influito su questa scelta?

Sicuramente il richiamo del palcoscenico è stato determinante. Già ai tempi della scuola media frequentavo corsi di teatro e recitazione che mi hanno consentito di accrescere l’attitudine “attoriale” – tra virgolette perché attore non sono –, e riversarla nell’attività dell’animatore turistico poteva essere un bello slancio e un’iniziale gavetta.

 

Attraverso quali vie si è inserito nel settore, tramite quali contatti?

Premetto che ogni estate, fin da bambino, ho sempre frequentato i villaggi turistici, e arrivato all’età di sedici anni mi fu chiesto dal Capo Villaggio d’allora se fossi interessato a quel lavoro per la prossima stagione. A quel tempo era tutto diverso rispetto all’iter di selezione di oggi, tutto molto più semplice.

 

Certamente, anche se si parla in fondo di tempi recenti. Senza inoltrarci nella selva del mondo del lavoro oggi, appare interessante il fatto che ad affiancare i Centri per l’Impiego figuri anche la CNA – Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa – che annovera tra i programmi di formazione anche uno specifico percorso di animazione turistica. Lei se n’è mai servito?

No, non sapevo di questa possibilità e non vi sono mai ricorso, ma a quanto pare di capire si tratta della formazione dei giovani in un lavoro a stretto contatto con il pubblico, per poi essere re-inseriti in contesti diversi ma sempre al servizio del cliente, che è l’aspetto più impegnativo nel mestiere dell’animatore. Lavorare con la gente, ovvero essere sempre sorridenti, accondiscendenti e anticipare le loro richieste, non è una dote naturale nella maggior parte dei casi, e questo tipo di formazione aiuta certamente ad acquisire maggiore comunicativa e attitudine a parlare in pubblico.

 

Incuriosisce tra l’altro l’accostamento fra artigianato e animazione turistica, lei come lo spiega?

Se si parla di artigianato inteso come mestiere, ecco che ci s’inoltra in tutti quei settori dell’animazione che necessitano di queste competenze. Non solo l’animatore che deve intrattenere e divertire, il servizio di animazione ad oggi è considerato un’organizzazione: l’animatore è un organizzatore. Prendiamo per esempio la scenografia di spettacoli ed eventi, uno dei settori più importanti all’interno di un villaggio, ecco che lo scenografo deve avere doti precise per poter svolgere quel determinato ruolo e chiaramente viene pagato per fare quello, così come il tecnico suono e luci, il costumista e via dicendo.

 

Quando e dove ha svolto la sua prima occupazione di animatore? Si è trovato subito a suo agio o ha incontrato difficoltà, e nel caso di quale ordine?

Parlando di animazione turistica, ho iniziato nel 2008 in Sardegna, subito dopo aver dato l’esame di maturità. Non è stata una passeggiata all’inizio, l’animazione vista da fuori e poi ritrovarcisi dentro cambia radicalmente il modo di intenderla, in meglio e in peggio. Fortunatamente attorno a me avevo tanti ragazzi e colleghi che mi hanno dato un’energia incredibile per andare avanti, ed è proprio questo il punto di forza di uno staff. Come già detto, uno degli aspetti più impegnativi da affrontare è il contatto con il pubblico; avviare una conversazione con degli estranei penso sia complicato per tutti, e come per tutte le cose richiede allenamento. La difficoltà maggiore sta nella differenza di età, è chiaro che parlare con un coetaneo risulti più agevole ma è padroneggiare un discorso con persone d’età più avanzata che può mandare in panico l’animatore.

 

Quanto conta il carattere della persona nel contattare con immediatezza e affabilità un pubblico eterogeneo – e magari esigente perché “pagante” –, oltre che i componenti della propria squadra, peraltro sempre in fase di rimescolamento?

Ho iniziato questo lavoro anche per cambiare tanti aspetti del mio carattere che non mi piacevano. Se dicessi che dieci anni fa ero una persona timidissima non ci si crederebbe, ma la verità è proprio questa. L’animazione mi ha cambiato radicalmente e ringrazio per questo il mio lavoro. Non è facile; tanti interpretano erroneamente il compito dell’animatore, non lo vedono come una vera occupazione ma un qualche modo per passare l’estate e guadagnarci su. Sbagliato. Chi fa questo ragionamento dura forse una settimana poi preferisce lasciare tutto maledicendo questo mondo. E se il pensiero collettivo è quello che “l’animatore si fa la vacanza” è grazie a chi trasmette un concetto errato dell’animazione.

Qui subentra il ruolo decisivo del responsabile dell’équipe, che io ho intrapreso dal 2012. Proprio questa figura deve riuscire a creare un gruppo coeso e alleggerire i compiti dei suoi animatori per evitare di creare malumori all’interno dello staff.

 

Che cosa comporta per un capo-animazione mettere insieme la squadra e farla viaggiare in sintonia con la propria linea?

Sicuramente risulta più facile rivestire tale ruolo grazie all’esperienza acquisita negli anni precedenti; parti subito in quarta, anche se devi avere sempre mille occhi ed essere ovunque nello stesso momento.

Ogni responsabile ha un modo diverso di gestire l’equipe, io direi per fortuna: chi è più severo e chi meno, chi ama fare spettacoli, chi punta sul diurno, ecc. Un punto però deve essere sempre al primo posto: la coesione tra i ragazzi. Più lo staff è unito e meglio si lavora.

Compito decisamente delicato, si deve riuscire in primis a separare la relazione amicizia/lavoro, soprattutto con colleghi ed amici di lunga data, e mantenere un rapporto un po’ distaccato con i singoli allievi per evitare un’eccessiva confidenza che porti a non essere presi seriamente in determinati momenti. Come dire: “hai voluto la bicicletta? Ora pedala!”.

 

Le è capitato di fare animazione internazionale o di lavorare all’estero?

Sì. Ho passato tre stagioni in villaggi internazionali, sempre in Italia. Quindi villaggi dove la maggior parte degli ospiti è di lingua straniera. È un tipo di animazione diversa... la chiamerei più intrattenimento, poiché l’ospite che viene da fuori è meno coinvolto di quello italiano. La “caciara” che si fa in un villaggio nostrano – che io preferisco – è sicuramente più divertente. Oltre al fatto che gli orari di lavoro sono più soft, l’animatore internazionale è specializzato nel suo ruolo e strettamente vi si attiene. Ad esempio, l’animatore fitness non lo vedrai mai fare mini club.

Ovviamente, si parla in inglese sia con gli ospiti che con l’equipe. Due anni fa avevo uno staff composto da italiani, tedeschi, olandesi, polacchi, marocchini, russi, albanesi e spagnoli... Mondi e culture completamente diversi, tenere insieme il gruppo è stata la cosa più complicata in tutti gli anni di animazione svolti.

 

Quanto incide secondo lei la ‘bella presenza’ ai fini di un’assunzione nel campo di cui stiamo trattando? E in generale, includendo le professioniste donne?

Incide tanto... anche se non per tutti i ruoli. Per alcune figure l’agenzia valuta più le caratteristiche tecniche che quelle fisiche. Parliamo di scenografi, costumisti, ecc.

Mentre hostess o animatori di contatto non possono che essere di bella presenza, essendo in stretto rapporto con gli ospiti in struttura. Se poi non sei un ‘belloccio’ ma ti mettono comunque a fare “contatto” significa che la simpatia sovrasta la presenza fisica. Una banalità, tuttavia importante, è anche quella di presentarsi abbronzati. Qualche responsabile, quando arrivano nuovi allievi animatori, li tiene un paio di giorni al mare per abbronzarsi prima di iniziare a lavorare.

Senza cadere nella cattiveria, ma parlando di professioniste donne mi viene in mente una mia ex animatrice, fisicamente ‘imponente’, che voleva fare fitness. Premetto che il fitness lo sapeva fare, con i suoi limiti ma era brava. Provai a sconsigliarla, lei volle farlo a tutti i costi e il risultato fu che all’attività di punta parteciparono solo una dozzina di ospiti. Provando a cambiare persona e mettendone una più snella e di bella presenza, ma che il fitness l’aveva “imparato” in un mese di villeggiatura, gli ospiti partecipanti divennero una cinquantina.

Attenzione, però, non voglio fare di tutta l’erba un fascio. Conosco ragazze bene in carne che riescono a tirarsi dietro tutto il villaggio, probabilmente la mia ex animatrice non era dotata del carisma necessario per attirare gente nella sua attività ma credo sia buona norma valutare anche questo aspetto quando fai il responsabile.

 

Nello svolgimento del suo lavoro, si è mai trovato in circostanze particolari che le hanno creato imbarazzo o difficoltà di gestione nel rapporto con gli ospiti?

Situazioni estreme sono all’ordine del giorno in questo lavoro, capita di tutto. Essendo tutto il giorno a contatto con gli ospiti, l’animatore è punto di riferimento e di sfogo per qualsiasi cosa, che sia inerente al villaggio o alla vita privata. Sono venuto a conoscenza di fatti estremamente privati di alcune persone, raccontati direttamente da loro... come, ad esempio, l’indicazione da parte di un padre di famiglia dell’amante in villaggio, quando nello stesso c’erano moglie e figli; o quando mi venne fatta la richiesta di un posto di lavoro da parte di una giovane mamma, in cambio di prestazioni sessuali. E qui mi fermo, per non dire di tanti altri episodi ancora più pesanti. Chiaramente certe cose ti mettono sempre a disagio ma nel corso degli anni sono riuscito a stemperare questo imbarazzo davanti all’ospite, banalizzando il fatto e quindi spiazzandolo, rendendo tutto più facile da gestire.

 

In qualità di animatore, preferisce lavorare con i ragazzi o con gli adulti? Perché?

Una domanda che mi mette in difficoltà, non avendo una riposta precisa; sia i ragazzi che gli adulti presentano i loro pro e contro. Se da un lato il ragazzo senza tanti problemi pensa più a divertirsi, dall’altro gestire un adulto – magari più grande di te – può risultare difficile sull’atto del rispetto; molti non amano farsi “comandare” da chi è più giovane, seppure di poco. L’età preferibile penso comunque si ritrovi nel range tra i venti e i trent’anni.

 

Il suo è un lavoro stagionale o per tutto l’anno? Integra con altri lavori questa sua attività? In ogni caso non sarà un lavoro per la vita, limitato com’è ad una precisa fascia d’età: passerà ad altre mansioni rimanendo nello stesso ambito o pensa d’investire le sue risorse in altra direzione?

Ho provato a fare questo mestiere per tutto l’anno ma non ci sono riuscito. Dal mio punto di vista devi staccare la spina per qualche tempo, per non impazzire. È un lavoro logorante per il fisico e soprattutto mentalmente. Ecco perché ho cercato d’integrare l’animatore turistico con la figura del formatore che gestisce le risorse future, partendo dalla selezione al reclutamento fino alla vera e propria formazione teorica e pratica. Ho iniziato negli stage di animazione formativa in giro per l’Italia, arrivando ad insegnare negli istituti superiori di secondo grado attraverso l’alternanza scuola/lavoro. Purtroppo questo è un settore molto complicato e le agenzie ci marciano spesso con i ragazzi.

Non ho mai smesso tra l’altro di fare quello per cui ho studiato… seppure marginalmente mi sono sempre applicato su diversi programmi di editing grafico e video, talvolta su ordinazione di amici o clienti effettivi.

Da quest’anno, 2018, ho deciso di mollare e smettere definitivamente con l’animazione, dopo ben undici stagioni... Perché è vero, questo lavoro si può fare solo fino ad una certa età. Ora è arrivato il momento di capire cosa fare della mia vita, se proseguire nel mondo del turismo oppure cambiare completamente settore... Sto ancora decidendo!

 

Noti personaggi del mondo dello spettacolo hanno iniziato a confrontarsi con il pubblico facendo animazione nei villaggi turistici: ha mai pensato a una simile possibile svolta?

Se non ci ho mai pensato, dice? Eccome! C’è solo un problemino. Ad oggi è diventato quasi impossibile farsi largo in un mondo del genere. Ciò che si dice in giro, ossia che devi conoscere qualcuno che conti all’interno, è verissimo! Fino a 5/10 anni fa era più facile... Sono un po’ in ritardo con i tempi. Anche se fossi bravo quanto Fiorello, la percentuale di riuscita sarebbe attualmente irrisoria. Non per essere pessimista, solo realista. Non mi abbatto certo, sono sempre in prima linea per qualsiasi opportunità si dovesse presentare.

 

Quanto le ha insegnato questo mestiere, a fronte di quanto lei vi ha investito in termini di competenze, dedizione ed energie?

Tanto, oserei dire troppo. Sia in termini umani che lavorativi. Ho imparato a conoscere le persone, ad anticiparle il più delle volte, a rispettarle e a gestirle. Una delle cose per cui sono grato a questo mestiere è proprio questa.

Per quanto riguarda il lavoro, come dico sempre: fai un mestiere ma imparane mille. In oltre un decennio di animazione turistica ho appreso anche il lavoro di elettricista, falegname, giardiniere, scenografo, tecnico audio/luci, receptionist, cameriere, venditore e cosi via... Sempre fiero di aver svolto il mio lavoro di animazione!

 

Se avesse un figlio/a che volesse intraprendere la sua stessa attività, sarebbe favorevole o contrario?

Assolutamente favorevole. Per come l’ho approcciato io, serve come il pane. Non è solo un lavoro, ma un vero e proprio percorso di crescita. E poi, anch’io sono “figlio d’arte”: i miei genitori hanno collaborato a suo tempo con villaggi turistici, non era il genere d’intrattenimento di oggi ma davano comunque una mano, spesso alla pari. Mio padre ha poi collaborato all’interno di strutture ricettive come accompagnatore turistico e intrattenitore.

 

Maria Lanciotti

(in #MadeinRome, 5 novembre 2018)

 

 

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